L’Italia è cultura, storia e tradizione. Ogni angolo di questo lembo di terra che si erge nel Mediterraneo offre la possibilità di viaggiare nel tempo, attraversando da Nord a Sud epoche diverse e luoghi sempre nuovi, assaporando e gustando i mille sapori che ogni regione offre. A detta dei turisti che ogni anno scelgono il Bel Paese come meta delle proprie vacanze, in Italia ci si sente a casa indipendentemente dalle proprie origini, dalla vicinanza culturale o territoriale, perché le radici di questa terra continuano a catturare anche a distanza di anni chiunque arrivi a metterci piede. Eppure sembra proprio che queste radici culturali stiano impiegando le ultime forze rimaste, perché il celebre Made in Italy rischia l’estinzione entro una generazione, frantumando l’autenticità che caratterizza l’Italia dei borghi, della manifattura. L’Italia della manodopera e delle tradizioni antiche, quelle più sacre che rimangono ricchezza e tesoro delle menti più anziane. I giovani? A malapena conoscono la terra che calpestano quotidianamente, allontanandosi sempre più dagli aspetti autentici del proprio Paese.
Quei mestieri che gli italiani non vogliono più fare
Si tratta di un vero e proprio allarme, che sentiamo provenire da anni dalle bocche di piccoli e grandi imprenditori, che di fronte all’imminente ricambio generazionale in corso da qui ai prossimi dieci anni, non riescono a trovare nuove leve che ne raccolgano l’eredità. Mancano quelle figure desiderose di perpetuare nel tempo quei mestieri che da sempre caratterizzano il panorama italiano e senza i quali si perderebbe sicuramente una parte consistente della cultura nostrana, che rimarrebbe così soltanto un ricordo. Manca la manodopera e tutte quelle figure professionali in grado di trasformare un’idea in un prodotto finito sono praticamente impossibili da trovare. Falegnami, panettieri, pasticcieri o sarti. Impieghi antichi, offerti in questo momento dalle aziende italiane che non riescono però a trovare persone disponibili o capaci di occuparli. I giovani se ne allontanano propensi verso un diverso panorama lavorativo, lasciando al mondo dell’artigianato, dell’agricoltura o del design pratico figure professionali ormai anziane, che non trovano più eredi che li sostituiscano. O meglio, non vi sono più eredi italiani in grado di occupare posti vacanti, rimasti scoperti perché necessitano di un lavoro manuale. Ed è così che il Made in Italy perde lentamente il suo valore, potenziato e reso ancora possibile grazie al lavoro degli immigrati. E non si tratta solo di un luogo comune o di una maniera comoda che permetta di scaricare la colpa addosso a chi invece, accetta di occupare i mestieri di fatica. È la realtà visibile e tangibile prestando maggiore attenzione alle figure che ogni giorno ci accolgono nei diversi locali cittadini e soprattutto turistici. Un particolare della realtà italiana che non può che avere due diverse sfaccettature: da una parte la disponibilità della manodopera da parte degli immigrati salvaguardia per un periodo il Made in Italy, che continua quindi a sopravvivere grazie alla necessità di queste persone di lavorare. Un bene per turismo ed economia. Eppure la mancanza di giovani in questi ambiti lavorativi e la non voglia di preservarli intimorisce e non poco.
Il Made in Italy sopravvive grazie agli immigrati?
È così che recandosi nelle officine dei maestri vetrai a Murano, alla ricerca delle antiche tradizioni dell’isola, orgoglio di Venezia e dell’Italia per i suoi prodotti raffinati, ci ritroviamo faccia a faccia con un giovane immigrato. La pelle scura e la sua parlata, dal divertente accento veneto, raccontano il suo bisogno di lavorare, di sopravvivere e la grande possibilità che l’isola gli ha offerto: quella di imparare un mestiere artigianale molto apprezzato, direttamente dalle mani e dalla maestria dei vecchi vetrai di Murano. Nell’officina c’è lui, da circa tre anni a lavorare la sabbia silicea davanti al forno bollente, a faticare, imparando un’arte che fa parte del grande panorama culturale italiano. Ora appartiene anche a lui, perché non c’è nessuno che voglia farlo. Nessuno che voglia prendere tra le mani l’asta di ferro per creare, per rendere reali le proprie idee.
Ma quello dell’isola di Murano è solo un esempio. Secondo la Coldiretti gli stessi distretti produttivi di eccellenza del Made in Italy possono sopravvivere solo grazie al lavoro degli immigrati, dalle stalle del nord dove si munge il latte per il Parmigiano Reggiano alla raccolta delle mele della Val di Non, dal pomodoro del meridione alle grandi uve del Piemonte. I prodotti dell’agricoltura italiana passano nelle mani dei lavoratori stranieri che rappresentano circa il 25 per cento del numero totale di giornate di occupazione del settore.
Un paese che dimentica le sue radici non ha futuro
L’Italia senza manifattura non ha futuro, proprio perché il lavoro manuale è da sempre una delle vecchie glorie di questo Paese. Nelle officine dei maestri vetrai di Murano le mani servono, così come in tutti gli stabilimenti presenti sul territorio. Servono competenze, abilità e voglia di mantenere vive quelle attività importanti non solo dal punto di vista economico, ma perché parti integranti di un panorama culturale. È necessario coltivare il talento e forse è proprio tornando sui propri passi, coltivando quelli che sono gli antichi mestieri che sarà possibile uscire dalla crisi economica che imperversa. O almeno, rimarrà l’autenticità di un paese che ha cercato nel proprio passato, in casa propria, il modo per rinnovarsi e guardare verso il futuro.
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