In occasione della Giornata internazionale della felicità il 20 marzo 2015, Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, ha pubblicato una selezione di indicatori soggettivi sul benessere delle persone in Europa. Questi dati relativi alle valutazioni soggettive e alle percezioni di ognuno sono stati raccolti per la prima volta in modo comparabile nelle statistiche ufficiali europee. L’analisi si riferisce al 2013 e pone una domanda all’apparenza molto semplice: “Quanto sono soddisfatti della propria vita i cittadini dell’Unione Europea?”

Secondo la ricerca Eurostat, la soddisfazione di vita rappresenta come un intervistato valuta o percepisce la sua vita presa nel suo insieme. Il termine “vita” è qui inteso come insieme di tutti i settori dell’esistenza di una persona. La variabile si riferisce, quindi, all’opinione/sensazione di ogni individuo sul grado di soddisfazione rispetto alla propria vita. La ricerca si focalizza su come le persone si sentono “in questi giorni” piuttosto che specificare un periodo di tempo più o meno lungo. L’intento, naturalmente, non è quello di ottenere l’attuale stato emotivo dell’intervistato, ma di ricevere un giudizio che rispecchi il loro livello di soddisfazione, concepita come il grado in cui un individuo giudica la qualità complessiva della sua vita favorevolmente, una valutazione cognitiva e globale della qualità dell’esistenza nel suo complesso.

Il rapporto Eurostat ha misurato il livello di soddisfazione nella vita con undici indicatori su una scala che va da 0 a 10. Zero corrisponde a per nulla soddisfatto e 10 al massimo. È bene specificare, riguardo alla metodologia adottata, che il rapporto non è qualitativo ma rappresenta una selezione di indicatori sul benessere dell’UE, basati sulla valutazione e sulle percezioni del campione. Dai risultati ottenuti emerge che la media europea di soddisfazione è di 7,1. I Paesi che guidano la classifica sono Danimarca, Finlandia, Svezia e Svizzera, con un livello di soddisfazione pari a 8. I cittadini di Bulgaria e Grecia sono i meno soddisfatti d’Europa. E gli italiani? Gli abitanti del Belpaese risultano meno soddisfatti della media degli europei. L’Italia è solo ventiduesima nella classifica del benessere stilata dall’Ue. L’indice nazionale, fermo a quota 6,7, risulta inferiore alla media europea e ai dati fatti registrare da tutti gli altri grandi Paesi Ue. Tedeschi e britannici, infatti, hanno una media di soddisfazione pari a 7,3, i francesi 7 e gli spagnoli 6,9.

Source: Eurostat
Source: Eurostat

Di tutti gli indicatori socio-demografici, la disoccupazione è quella che ha il maggior impatto negativo. Il grado di soddisfazione di chi non ha un impiego risulta addirittura di 2 punti più basso rispetto a chi è nella fase di istruzione o formazione. E se è facile pensare che a un reddito crescente corrisponda un livello di soddisfazione crescente, il dato che più spicca è il forte impatto che ha l’istruzione. Questa, infatti, non è percepita solo come uno strumento che permette alle persone di ottenere posti di lavoro soddisfacenti e meglio pagati. Molti vedono l’istruzione come un valore in sé. Non deve sorprendere, quindi, se i livelli di istruzione più elevati si sono rivelati essere positivamente correlati con il benessere soggettivo. Un dato su tutti resta, però, quello legato alla salute: i più soddisfatti risultano essere proprio coloro che alla voce del benessere fisico e mentale danno un voto tra 7,9 e 10 punti. Le relazioni personali, inoltre, svolgono un ruolo primario nella soddisfazione nella vita, che corrisponde solitamente a due importanti voci: avere qualcuno con cui discutere di questioni personali e ottenere aiuto dagli altri quando necessario. La percentuale di persone che ha un basso livello di soddisfazione nella vita raddoppia quando queste non possono contare sugli amici o sulla famiglia (44,8% vs 19,0%).

Al di là dei dati, la soddisfazione dovrebbe essere declinata come una entità multidimensionale in cui una serie di variabili giocano con un peso specifico diverso, oggettivo o soggettivo che sia, ma devono comunque essere considerate simultaneamente: la qualità dell’ambiente, allo stato attuale e in previsione futura; lo stato di salute, sia fisico sia mentale; il benessere materiale, nelle sue molteplici dimensioni di consumo, reddito e ricchezza; l’istruzione e la formazione; il livello di educazione, inteso come grado di conoscenza e di comprensione del mondo in cui si vive; il lavoro e la conciliazione dei tempi di vita; le relazioni sociali e le connessioni interpersonali; la sicurezza economica e fisica; il benessere soggettivo; il paesaggio e il patrimonio culturale; la ricerca e l’innovazione; la qualità dei servizi; il grado di coinvolgimento nella vita politica e il rapporto con le istituzioni.

Il benessere soggettivo non può prescindere dalla sensazione che la vita abbia un senso e uno scopo. Senso della vita che spesso si intreccia con la ricerca della felicità. Una felicità che non sia solo temporanea e solitaria, un lusso per pochi, ma che sia uno stillicidio continuo che batta con impeto e coraggio. E forse è proprio questo che la nostra Italia ha perso, il coraggio di combattere per la felicità.

“A me risulta che la ricerca del senso è una sorta di partita a scacchi, molto dura e solitaria, e che non la si vince alzandosi dalla scacchiera e andando di là a preparare il pranzo per tutti. È ovvio che occuparsi degli altri fa bene, ed è un gesto così dannatamente giusto, e anche inevitabile, necessario: ma non mi è mai venuto da pensare che potesse c’entrare davvero con il senso della vita. Temo che il senso della vita sia estorcere la felicità a se stessi, tutto il resto è una forma di lusso dell’animo, o di miseria, dipende dai casi. Peraltro, è anche possibile che mi sbagli. È giusto un pensiero istintivo – un certo modo di vedere il mondo.”
Alessandro Baricco

[Cover source: customersatisfaction-survey.co.uk]