Giugno 2011, diagnosi di un tumore al sistema linfatico. Dicembre 2011, auto-trapianto del midollo osseo. Maggio 2012, idoneità sportiva. Maggio 2013, vittoria della Finale Scudetto e titolo di MVP della gara.

La battaglia, la speranza, la vittoria. E poi la vita di ogni giorno, quella accanto alla moglie Alessia e alla loro splendida bambina, Carolina. Quella vita per cui Jack Sintini ha lottato con forza, disciplina, serenità, amore.

Oggi è tra le fila del club più titolato d’Italia, è fondatore dell’Associazione Giacomo Sintini a sostegno della ricerca medica contro leucemie, linfomi e mielomi, è un figlio, un marito, un padre.

Jack è un eroe e nell’attribuirgli questo sostantivo, mi appello alla sfumatura etimologica del termine: dall’arcaico ϝηρως (veros),indicante l’uomo valoroso e forte, al latino vir, avente lo stesso significato. Non mi appello a superpoteri, mi appello al coraggio.

E anche l’umiltà è una forza e lui ne ha tanta da definirsi sempre e ripetutamente “solo un uomo”. E con questa forza che lo caratterizza, Jack Sintini racconta il suo passato, il suo presente e i suoi desideri futuri. Racconta quello per cui ringrazia ogni giorno.

Sono passati esattamente tre anni dal giorno della paralizzante diagnosi del tumore al sistema linfatico. Quanto e come ha plasmato questa battaglia il Jack Sintini di oggi?

Direi moltissimo. In bene. Ho avuto una seconda possibilità laddove moltissime persone la sognano e purtroppo non riescono ad averla. Sono stato fortunato a salvarmi. Ho visto cose e ho sofferto momenti che non potrò mai dimenticare. Non posso far finta di niente e se mi limitassi ad essere semplicemente il Giacomo Sintini di prima sprecherei quella seconda chance di cui parlavo. Siamo molto più disillusi in casa, ma anche più consapevoli. Apprezziamo molto di più le fortune della vita e minimizziamo con più facilità i problemi meno importanti. Siamo fiduciosi dell’amore che proviamo l’uno per l’altro e siamo molto più pronti ad affrontare le difficoltà che verranno. Anche in campo, nel mio lavoro, sono molto più lucido e sereno. Esperienze difficili come quella che ho dovuto affrontare fanno crescere moltissimo.

Quale è stato il ruolo dello sport nella tua lotta?

Essere uno sportivo mi ha aiutato moltissimo ad affrontare il cancro. Per prima cosa mi ha fatto accettare la mia difficoltà con più tranquillità, lo sport aiuta a conoscere i propri limiti e a saper accettare la sconfitta quando capita, senza abbattersi troppo. Mi ha aiutato anche nel fare gioco di squadra con medici, infermieri e parenti, tutte persone che avevano a cuore il mio stesso traguardo: guarire. Mi ha aiutato ad essere competitivo anche contro un avversario così subdolo e crudele. Inoltre, dal punto di vista fisico, sicuramente l’essere stato da molti anni un atleta professionista con cura della salute, alimentazione ecc. mi ha permesso di affrontare i pesanti cicli di chemio-terapia con maggiore resistenza.

Ci sono dei principi che segui sia fuori che dentro il campo?

Certo, la lealtà e l’altruismo per me sono fondamentali.

Con l’Associazione Giacomo Sintini e il tuo libro, Forza e Coraggio, pubblicato a gennaio, hai sensibilizzato il mondo del volley e non solo, riguardo questo male. Quale pensi sia, oltre la scienza, la miglior medicina?

Grazie. E’ proprio ciò che mi sta a cuore maggiormente. Oltre alla medicina, che è fondamentale, credo che aiuti moltissimo un atteggiamento il più positivo possibile. Mi spiego: In una situazione come quella del cancro ci sono moltissimi fattori che sono al di fuori del nostro controllo, su di loro non possiamo influire purtroppo. Ma ce ne sono tanti altri che possiamo condizionare con il nostro atteggiamento, la nostra volontà e la nostra disciplina. Ovviamente serve una grande dose di fortuna. Ho purtroppo visto tante persone con grande ottimismo e forza d’animo non farcela alla fine, ma sicuramente quello è il modo migliore di lottare. L’avversario è fortissimo e non ha bisogno di nessun vantaggio o regalo da parte nostra. Forse non possiamo sempre vincere ma rendergli la vita sempre più difficile sì. È per questo che dobbiamo continuare a migliorarci, sostenendo la ricerca ma anche condividendo le nostre esperienze di battaglia. Più informazioni abbiamo e più possiamo diventare competitivi.

Come vedi te e la tua splendida famiglia nel futuro?

La vedo cresciuta. Spero. Felice e forte. Vogliamo una vita semplice e tranquilla a Perugia. Vogliamo continuare ad essere d’aiuto con la nostra associazione. E io spero di rimanere per tutta la vita nel mondo dello sport.

Sei stato l’eroe di te stesso, prima di esserlo per coloro che hanno seguito la tua storia. Cosa senti di dire alle persone che combattono le loro personali e diverse battaglie?

Grazie di cuore, ma io non sono un eroe, sono una persona normalissima. Comunque grazie davvero. A queste persone direi: non abbattetevi, perché siete più forti di quello che pensate. Fatevi aiutare da chi vi ama e vi sta vicino. Collaborate con le persone vicino a voi e tenete sempre la testa alta, un giorno alla volta, con forza e tanto coraggio. Anche se adesso vi sembra impossibile, non perdete mai la speranza, i bei momenti torneranno, possono tornare. Vi voglio bene e vi abbraccio.

Noi ringraziamo lui.