Arrivare a un autore attraverso le sue parole è la dimostrazione di come il contatto tra pubblico, musica e artista sia avvenuto in maniera del tutto naturale. Sarà la loro contestualizzazione, la scelta minuziosa o il ritmo che le accompagna a far sì che le parole di alcune canzoni tocchino note profonde nell’animo di chi le ascolta. A Jacopo Ratini si arriva proprio così, in maniera diretta, dimostrazione di come il suo obiettivo di coinvolgere le persone sia uno più che riuscito. Cantautore romano, classe 1982, Jacopo non è un volto nuovo del panorama italiano. Lo abbiamo visto nel Febbraio 2010 al Festival di Sanremo nella categoria nuove proposte e nelle Blind Auditions di The Voice. Il suo ultimo singolo, “Il Colore delle idee” è stato pubblicato a gennaio su Repubblica.it. Il suo è un percorso artistico in continua crescita che si colora di mille sfumature, toccando quelli che sono i vari settori dell’arte, dalla musica alla scrittura. Quello che si nasconde dietro le parole e le sue passioni lo ha raccontato direttamente lui in questa intervista per Il Giornale Digitale.

Il tuo ultimo singolo si intitola “Il colore delle idee”. Cosa sono per te le idee?

Le idee sono la possibilità di cambiare, in piccolo o in grande, la nostra storia, la nostra vita, il nostro quotidiano. Sono degli strumenti che abbiamo per dire “esisto anche io“, “ci sono“, perché in fin dei conti noi siamo quello che produciamo, quello che facciamo, quello che diciamo, siamo quello che costruiamo. Le idee racchiudono quindi tutte queste cose, essendo le nostre produzioni. Sono la possibilità di lasciare il segno nel nostro passaggio, nel nostro viaggio.

Com’è nata questa canzone? A cosa ti sei ispirato?

La canzone nasce da un disagio che esiste e che io in primis avverto nel mondo artistico, quello di voler vivere di arte e soprattutto riuscire a rimanere a galla. Si tratta di un disagio che io sento e che tutti noi giovani siamo costretti a vivere, a subire (perché in fondo non ce la siamo scelta noi questa sorta di futuro). La canzone racconta quello che è secondo il mio punto di vista lo scontento di questo paese, però fondamentalmente io ci tengo quasi sempre a lanciare dei messaggi positivi e quindi sia nel ritornello che nella parte finale della canzone ci sono dei messaggi forti e chiari di speranza. Si tratta di un incentivo rivolto a tutti quanti a credere nelle proprie idee, a darsi da fare per realizzare anche le piccole cose che possono però dare soddisfazioni, che possono cambiare qualcosa di noi. Ricordiamoci che abbiamo anche un’altra arma a nostro vantaggio: il sorriso. La possibilità di sorridere ci permette infatti di esorcizzare il momento di disagio che tutti noi stiamo vivendo.

Com’è essere artisti in Italia oggi? Quali sono gli ostacoli e le difficoltà che incontri ogni giorno?

Vivere della propria arte oggi, almeno che non si tratti di un personaggio affermato, è quasi impossibile. Si alternano periodi pieni di impegni a periodi in cui bisogna crearsi da sé le opportunità. Anche se si hanno delle occasioni importanti, si rischia sempre di essere una figura emergente, perché in fondo ti vogliono un po’ come emergente. Sfondano in pochi, soprattutto chi riesce un po’ a fregare il sistema, a costruirsi delle realtà artistiche parallele. Da quando ho fatto Sanremo (perché io faccio coincidere con quella data l’incipit del mio percorso artistico) sono cambiate molte cose. Io per esempio sono partito come cantautore, ma faccio anche l’organizzatore di eventi, mi occupo anche della scrittura, delle fiabe. Mi sono reinventato per necessità, perché altrimenti avrei dovuto scegliere di fare un altro lavoro.

Come e quando ti sei avvicinato a questo mondo?

Io ho sempre ascoltato musica, mi è sempre piaciuto cantare. La prima canzone l’ho scritta a 15, 16 anni. C’era una chitarra in casa, l’ho presa e cominciata a suonare, sentendo la necessità di raccontare qualcosa, imprimendo la parole su delle musiche inedite. Ho sempre avuto questa facilità nell’inventarmi delle melodie. Mi sono messo a lavorare sui testi e ho scoperto altre cose, ho cercato di migliorare, di approfondire, di studiare, anche quello che è il metodo di struttura. Perché anche lì, non ci si improvvisa autori. Il mio modo di scrivere è sicuramente cambiato ora che ho 30 anni e spero in meglio.

Fonte: Facebook Jacopo Ratini
Fonte: Facebook Jacopo Ratini
Cos’è per te la musica?

Alcune canzoni nascono di getto, ma andando avanti negli anni mi rendo conto che ci vuole sempre più tempo per scrivere un testo di cui poi io sia fiero. Forse si tratta di esperienza, di crescita o di maturità. Prima scrivevo tante canzoni e mi accontentavo di più, ora sempre meno. In questo mare grande di proposte musicali, anche sul web, che vanno un po’ a inflazionare questo mondo, spero che la ricerca del linguaggio e della comunicazione, ma soprattutto della qualità arrivi e faccia la differenza. Credo ancora nell’artigianato, perché una bella canzone rimane e non ha né confini di età, né di tempo. Il web è un secchio che si riempie continuamente di canzoni nuove. Ci vuole un mix giusto tra fortuna, qualità e costanza.

Ci avviciniamo alla 65esima edizione del Festival di Sanremo, al quale tu hai già partecipato all’interno della categoria giovani. Che ricordi hai del Festival? Quanto è importante questo passaggio nella carriera di un artista?

Io Sanremo lo rifarei ogni anno, perché è stata una bella esperienza. Ricordo una spensieratezza che non ho più trovato. Provenivo da un percorso di concorsi cantautorali che ho vinto o da cui ho avuto vari riconoscimenti, infatti sono arrivato a Sanremo vincendo l’Accademia di Sanremo ed è stato un po’ il coronamento di quell’annata. Sono arrivato lì molto carico, pensando fosse davvero il mio momento. Sono arrivato a Sanremo da indipendente, così come lo sono anche ora. Adesso, dopo cinque anni, ti posso dire che Sanremo lo vivrei in maniera diversa, con un’euforia diversa, persino con una consapevolezza diversa, sapendo che il Festival non è più come un tempo, che non ti cambia la vita, così come non l’ha cambiata a me. Anche perché il televoto ti dà poca possibilità, a meno che tu non abbia una canzone talmente tanto giusta per quell’edizione, un po’ come nei talent, in cui solo uno ha la possibilità di sfondare. Mentre con il Festival un tempo molto artisti avevano la possibilità di rimanere nell’ambito musicale che conta, oggi come oggi, partecipare e vincere non è detto che ti porti una svolta. È quasi scontato dire che comunque la visibilità te la offre, essendo guardato da tante persone, ma si devono incasellare tante cose: la fortuna, l’edizione giusta, la canzone giusta.

A proposito di talent show. Tu hai partecipato anche a The Voice. Ci racconti questa esperienza?

Io ho partecipato l’anno scorso alle Blind Auditions di The Voice, perché dopo l’esperienza di Sanremo l’obiettivo di un cantautore è quello di arrivare a più pubblico possibile. Non mi ritengo però una persona da talent, io sono un comunicatore. La mia testa a 30 anni ormai è formata e credo di avere la mia indipendenza dal punto di vista musicale, ma anche di pensiero e opinione. L’anno scorso ho voluto provare e mi sono reso conto che non sono uno che ama fare le cover assegnate, ma amo indossare un vestito che mi sta comodo. Credo che il talent sia più per i giovani, perché il rischio grande è che ti vada a inflazionare, a screditare in un talent che non prevede il percorso di autore, ma da palcoscenico, di estetica e di apparenza. A 20 anni lo avrei fatto con l’incoscienza giusta, ma ora sono formato con il mio pensiero personale.

Quali sono i tuoi obiettivi futuri?

Comprarmi dieci case al centro e vivere di affitti (ride, ndr). Il mio obiettivo principale è quello di fare andare avanti il mio percorso artistico, finire di scrivere il mio romanzo, pubblicare la favola per bambini e scrivere un libro di poesie. Vorrei portare avanti l’idea di formazione, iniziando con un corso di scrittura creativa di testi di canzoni, quindi cercare di portare avanti questo mio percorso artistico che si dirama in tanti settori e cercare di aiutare i giovani. Voglio essere una guida per chi ha più bisogno di avere quelle indicazioni e quei consigli che io non ho mai avuto, ma di cui ho sentito agli inizi la necessità. Voglio andare avanti e coinvolgere più persone possibili.

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