In questi giorni in cui argomento centrale del dibattito politico è il Jobs Act sembra opportuno sentire l’opinione di Dario Di Vico, giornalista del Corriere della Sera che si occupa da sempre di economia. A Il Giornale Digitale parla della riforma del lavoro, ma anche più in generale del governo Renzi.
E’ soddisfatto della sua esperienza lavorativa al Corriere della Sera? Cosa hanno significato gli anni in cui è stato vicedirettore?
Molto soddisfatto, sono al Corriere quasi ininterrottamente dal 1989 e, al di là della casella via via occupata nell’organigramma, far parte della testata di via Solferino è innanzitutto per me un motivo d’orgoglio.
Ritiene che il Jobs Act vada nella giusta direzione? In quali punti potrebbe esser migliorato? E’ giusto che nella legge delega non vi sia traccia dell’articolo 18?
Il Jobs act risponde a più necessità. Razionalizzare il sistema contrattuale, regolare la flessibilità in uscita e adottare tutele crescenti per i giovani neo-assunti. Non mi convince il meccanismo che porta alla formazione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione. Temo che si formi una struttura burocratica quando sarebbe meglio regolare il rapporto con le agenzie private e definirlo una volta per tutte con realismo. Quanto alla delega penso che sia stata troppo larga e generica.
Sono passati più di sei mesi dall’insediamento del governo Renzi: che bilancio ritiene di poter fare? Quale il provvedimento varato che considera più importante?
Penso che francamente sia presto per dare un giudizio ponderato. Gli annunci sono stati molti, le realizzazioni molte meno. Aspettiamo e vedremo.
Secondo lei quale ministro si è distinto maggiormente finora? Chi, al contrario, ha deluso le aspettative?
L’articolazione della compagine ministeriale mi pare ridotta. La centralità del premier è forse eccessiva. Finora comunque si sono mossi bene Padoan, Orlando e Poletti. Alfano per me resta sempre un oggetto misterioso.
Quanta probabilità esiste , secondo lei, che si arrivi a elezioni anticipate?
Per ora le probabilità non sono superiori al 15%. Prima c’è da risolvere la questione dell’avvicendamento al Quirinale.
Come pensa dovrà agire la nuova segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, in un periodo di forte crisi d’identità per i sindacati?
Francamente conosco molto poco Furlan e non so come abbia intenzione di caratterizzare la nuova Cisl post- Bonanni. Speriamo che individui un modello meno centralista e più affidato alle buone pratiche di contrattazione che vengono dalle fabbriche e dai territori.
Cosa pensa della fuga continua di giovani che cercano lavoro all’estero? Esiste, secondo lei, il pericolo che pochi, poi, ritornino in patria?
E’ presto per dire che segno prenderà la diaspora. E’ un fenomeno tutto sommato recente, non escludo che possa prendere il segno della disillusione. Comunque più la circolazione in entrata e uscita è elevata, più si prepara una classe dirigente di domani culturalmente poliglotta.