Il 2008 non è solo l’anno in cui una misteriosa entità chiamata crisi bussa alle porte dell’Occidente: è anche quello in cui una ventitreenne cantante californiana di Santa Barbara decide di smettere di vagabondare da un’etichetta discografica all’altra e mettere in pratica il suo piano: conquistare il globo. A distanza di sei anni, è intellettualmente onesto affermare che Katy Perry ci sia riuscita, e pure alla grande.
Perchè l’origine della carriera Katheryn Elizabeth Hudson, che si farà poi il cognome della madre per non ricordare troppo Kate Hudson, non è delle più semplici. Dall’infanzia all’adolescenza cresce – indirizzata dai genitori, predicatori californiani – tra i canti gospel, per poi spostarsi successivamente al country. Viene notata dalla Island Records, poi dalla Columbia: piace ma non convince del tutto, così viene licenziata da entrambe. La svolta – e che svolta – avviene nella seconda metà del 2007, quando assunta dalla neonata Capitol Music Group, Katy prepara il campo con Ur so gay, poi spacca con I Kissed a girl e Hot ‘n’ cold.
Il resto è storia, anche piuttosto recente: il punto fondamentale della storia è che da quel 2008, non esiste una singola stagione senza che la Perry abbia piazzato un successo. Non di quelli che entrano semplicemente nella Top 10 iTunes ma di quelli che rimangono sulla bocca di tutti – proprio tutti – per mesi e mesi.
A leggere la discografia di Katy Perry degli ultimi 5 anni, si è davanti ad una sequela che ricorda, per regolarità, la lista dei cinepanettoni: da California Gurls a Firework, da Part of me a Roar, e ancora, da Dark Horse a This is how we do, fa impressione la quantità di hit sfornate da Katy e dalla sua etichetta in così poco tempo, con un’implacabile sequela di successi.
Se proprio si deve affrontare un dualismo che a molti sembra pertinente, allora sarà palese a tutti che Katy, pur non possedendo la personalità mediatica di Lady Gaga – e probabilmente neanche le potenzialità vocali di quest’ultima – ha invece i numeri dalla sua: oltre ad essere la popstar più seguita su Twitter (57,1 milioni di follower, ad oggi), la ragazza di Santa Barbara, lo scorso giugno, è stata premiata dalla RIAA per essere l’artista che ha venduto di più a livello digitale nella storia negli Stati Uniti. 75 milioni di singoli e 7 milioni di album.
Katy è pop puro, privo dell’iconografia gaghiana ma più aderente alla realtà musicale attuale, dall’hip-hop (i duetti con Snoop Dogg e Juicy J) al teen-rock. Non sembra voler divenire una figura che sarebbe stata cara a Andy Warhol, eppure detta lo stesso legge nel campo della moda e dell’arte visiva. Se Lady Germanotta è insomma più David Lynch, Katy è più Spielberg.
É questo il suo segreto: l’evoluzione dell’artista Katy Perry va di pari passo con la crescita della donna Katheryn Elizabeth Hudson. Che alla soglia dei trent’anni ha ormai realizzato che no, non si tratta più soltanto di un teenage dream.
[Ph. Credits: Billboard.com]