Professionale, deciso ma soprattutto umile. Sono queste le prime impressioni a parlare con Kledi Kadiu, ballerino di straordinario talento, tra i più famosi in Italia ed Europa. E ciò che lo rende tanto apprezzato da un pubblico così vasto è la sua versatilità; ballerino a teatro, al momento con lo spettacolo “Contemporary Tango”, insegnante nella sua scuola, di cui a brevissimo aprirà una nuova sede, e ad Amici. Eppure non si ferma. Ha scritto libri, lavorato come attore ma soprattutto utilizza sempre la sua notorietà per scopi benefici: è stato testimonial per UNICEF, per la ricerca contro la Sclerosi Multipla con Anbeta Toromani e nella recente campagna #IceBucketChallenge si è distinto dai vip più interessati alla secchiata d’acqua che alla donazione. Ecco cosa ci ha raccontato in questa intervista esclusiva.

Come ti sei avvicinato alla danza?

Il mio cammino verso la danza è iniziato da piccolo, in Albania a Tirana; avevo sei anni e i miei genitori mi hanno portato in una istituzione che c’era all’epoca, negli anni Ottanta, che si chiamava “Palazzo dei Pionieri”, dove tutti i ragazzi nel loro tempo libero facevano attività artistiche, non solo danza, anche musica ed altri sport. Poi, all’età di dieci anni, ho fatto l’audizione per essere ammesso in accademia, sono stato preso e lì è iniziato il mio lungo cammino di formazione come danzatore.

Come sarebbe stata la tua vita senza la danza?

Non saprei dirti adesso, visto che è un mestiere, anzi una passione prima di un mestiere, che ho iniziato fin da piccolo. Non ho iniziato altri percorsi di studio, non ho avuto il tempo di pensare ad altre discipline. Naturalmente la mia vita non è solo la danza, sono molto appassionato tuttora di elettronica. Sarebbe potuta essere un’altra via, con lo studio e negli anni.

Nella tua carriera hai lavorato in molti teatri, ma in Italia sei approdato alla televisione: quanto è diverso essere un ballerino “televisivo”?

Non subito, sono arrivato in Italia nel 1992 ma la prima esperienza televisiva è stata nel 1998; nel frattempo ho vissuto a Mantova, a Verona e a Milano dove ho lavorato con varie compagnie di danza, piccole compagnie. Il teatro e la televisione hanno esigenze diverse. La danza, come forma d’arte, è nata in teatro ma la televisione è un mezzo che aiuta a comunicare con tempi più brevi, qualsiasi tipo di messaggio. Le emozioni del teatro non sono paragonabili, senza che per questo la televisione venga sminuita. Ho cercato e cerco di fare al meglio, do la massima serietà e professionalità al di là del contesto nel quale mi trovo, rispetto la mia disciplina indipendentemente dal fatto che balli a teatro, in televisione o per strada. Le emozioni sono diverse perché in teatro il pubblico è dal vivo, è davanti a te, senti subito se una esibizione è piaciuta o meno. In televisione invece c’è sempre questo filtro magico tra te e il pubblico a casa. Sono stati entrambi mezzi utili per me, ma prima di tutto viene sempre il mio lavoro, la danza. Senza quella non sarei arrivato né in teatro né in televisione.

Quest’anno sono undici anni dalla fondazione della Kledi Dance. L’insegnamento diventa una tappa obbligatoria per un ballerino professionista ad un certo punto della propria carriera?

Sicuramente è un cammino quasi obbligatorio; le strade che un ballerino può seguire dopo aver smesso di ballare sono o l’insegnamento o la coreografia oppure, se si ha una grande esperienza in altri campi, può divenire aiuto regista o regista stesso perché la danza aiuta a capire i tempi anche di un programma televisivo. Diciamo che sto legando questa domanda anche al mio cammino personale. Data la mia passione per l’elettronica, la fotografia e il montaggio mi piacerebbe, nel mio futuro, non legarmi solo alla scuola. La scuola c’è e c’è un cast di insegnanti scelti da me con le competenze giuste, che oggigiorno in ogni contesto della vita sono difficili da trovare, e questa è la mia fortuna perché posso dedicarmi nel frattempo a molte altre attività.

[Photo Credits: www.kledi.it]
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A proposito invece di “stare sul palcoscenico”, il prossimo 2 ottobre sarai all’Elfo Puccini di Milano con “Contemporary Tango”. Cosa puoi dirci di questo spettacolo?

Dal titolo il pubblico dovrebbe capire che non troverà nello spettacolo il “solito” tango, con tutto il rispetto per quello che è il tango tradizionale, il tango argentino. Questo è un tango che, come base, ha tutti i passi della danza classica, contemporanea e neoclassica. Le musiche sono originali dai compositori di tango, c’è una coppia di professionisti di tango che interagisce con noi e dà come il sospiro del vero tango tradizionale. Tutto il contesto è svolto in una milonga, e come in una vera milonga varie coppie da diverse classi sociali si incontrano e inizia la conoscenza, il corteggiamento, la sensualità, la grinta, la virilità e c’è tutto un gioco spiegato in questo spettacolo.

[Photo Credits: www.kledi.it
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C’è stato un ballerino, un mentore per te nella danza?

Rudolf Nureyev e dopo Michail Barysnikov. Noi siamo cresciuti con questi idoli e sono rimasti tali perché vedevamo in loro le stelle più famose in tutto il mondo in questo campo, che hanno fatto la storia della danza. Da una parte avevamo solo questa visione, la danza classica, perché all’epoca in Albania tutte le altre discipline non venivano studiate e quelli sono stati i nostri punti di riferimento.

Nel 2004 il Presidente della Repubblica d’Albania, Alfred Moisiu, ti h riconosciuto l’Alta Onorificenza “Ambasciatore della Nazione” con la motivazione “Per l’interpretazione virtuosa nell’arte coreografica e la rappresentazione dignitosa dell’immagine e dei valori dell’Albania all’estero”. Cosa significa per te questa onorificenza?

Tutti i riconoscimenti danno un senso di gioia e soddisfazione ma, allo stesso tempo, anche di responsabilità perché vieni considerato, per di più nel tuo paese natale, un’icona, un punto di riferimento per i giovani. Dato dal mio Paese fa ancora più piacere, quindi.

Dopo tanti anni in Italia conosci bene sia la cultura albanese che quella italiana. Cosa ti piace e non ti piace dell’una e dell’altra?

Io ho avuto la fortuna grazie a questa professione di girare molto bene, non dico il mondo, ma l’Europa sì e posso fare dei confronti. Gli italiani, che vivono in Italia, di solito non parlano proprio bene del loro Paese; hanno il vizio di fare complimenti sempre agli stranieri, soprattutto in questo momento di crisi dicono “in Germania, in Francia si sta bene, là c’è rispetto, là si sta meglio ecc..” e questo è un peccato perché l’Italia è un Paese in cui c’è tutto, dal clima al cibo, dai contesti sempre diversi che cambiano da una città all’altra. Sono poco nazionalisti come ad esempio sono invece i francesi, anche se spesso esagerano; la cosa migliore sarebbe trovare una via di mezzo, anche se non è facile. Questa è la critica, diciamo, ma mi piace, è il Paese in cui ho scelto di vivere sicuramente non solo per una questione geografica. L’Albania e l’Italia sono vicine e sono da sempre considerate come “sorelle”, anche per motivi storici. Ovviamente le tradizioni, la lingua, il sole sono tante cose che io, avendo girato molto, non cambierei con nessun altro paese europeo.

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