Se le isole Cayman fossero stato un Paese di primo piano in ambito calcistico, probabilmente non ci sarebbe molto da ridire. Il problema è che Joseph Blatter, alle Cayman, ha donato oltre 2,2 milioni di dollari per la costruzione di strutture sportive mai realizzate. La parte maggiore di queste sovvenzioni spontanee sono cominciate 7 anni fa. Dal 2008, infatti, la FIFA ha inviato denaro, quantificabile in 1,8 milioni dollari, alle Cayman per costruire due campi da calcio. Sette anni dopo non è stato ancora costruito nulla, ma questo non sarebbe di per sé un problema. Un illuminante articolo del giornalista Jeré Longman del New York Times spiega i rapporti in gioco tra Cayman e FIFA e come il minuscolo arcipelago caraibico sia diventato un centro di potere per l’ente che governa il calcio mondiale.

Tra le 14 persone prese di mira dall’Fbi per lo scandalo tangenti e assegnazioni di Mondiali truccati, ci sono anche tali Jeffrey Webb e Kostas Takkas. Il primo, oltre ad essere il presidente di lunga data della federazione calcistica delle celeberrime Isole Cayman Football, è stato, fino all’arresto per corruzione della scorsa settimana, anche il capo del calcio di Nord America, America Centrale e Caraibi, noto come Concacaf. Takkas, invece, è uno dei suoi principali collaboratori. Entrambi vengono accusati e sospettati di aver, tramite ricezione di denaro e pagamento di tangenti, influenzato oltre che il voto per l’assegnazione dei Mondiali 2018 e 2022, anche la compravendita di diritti Tv di vari eventi sportivi, tramite la Traffic Sports USA, una società di marketing che li commercializzava.

Il caso vuole, come rivela il NY Times, che nel mese di ottobre 2013 Blatter abbia partecipato ad una cena di gala alle Cayman per celebrare l’elezione di Jeffrey Webb come presidente della Concacaf e la sua nomina a membro del comitato esecutivo della FIFA. Alla cena c’era anche Takkas. E anche Jack Warner, ex vicepresidente della FIFA, quello che designava gli arbitri nel Mondiale 2002, un altro dei 14 funzionari di calcio e di marketing incriminati, ex presidente della Concacaf prima di Webb. Accusato, tra le altre cose, della ricezione di un versamento 10 milioni dollari per influenzare il voto sulla Coppa del Mondo 2010, quella disputata in Sud Africa. Insomma, sembrerebbe che degli ultimi vent’anni (o quasi) ci sia davvero poco da salvare. Non tanto per quanto accaduto in campo (ci torneremo), quanto per la gestione criminale delle questioni politiche-economiche che girano intorno al calcio.

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Intanto perché non si può sottovalutare il calcio come traino dell’economia mondiale. Va da sé che Blatter abbia goduto, in questi 17 anni, di privilegi che non hanno nemmeno i Presidenti di Stato. L’assegnazione dei Mondiali di Calcio non è mai stata limpida (Russia e Qatar sono al sicuro, o si tornerà a discutere anche di queste assegnazioni?), così come, ad onor del vero, non lo era stata in passato, prima della sua gestione. Peccato che proprio il calcio avrebbe avuto bisogno di una guida sopra le parti e non di uno zimbello attorniato da altri zimbelli che davanti all’evidenza più plateale non son riusciti a fare nulla di meglio che votarlo. Ora, dopo le sue dimissioni sarebbe auspicabile aspettarsi quelle di tutti i signori che lo hanno votato. Sottolineiamo il fatto che la FIGC, e quindi Tavecchio, ha votato contro Blatter. Vorremmo pensare che questi 5 Mondiali sono stati vinti da chi effettivamente lo meritava. E che, se incontri sulla tua strada un Byron Moreno puoi vincerla lo stesso una partita (Ah, se Vieri non avesse spedito quel pallone alle stelle). Non vorremmo pensare ad un Ronaldo avvelenato prima delle finale contro la Francia, né alla Spagna penalizzata contro la Corea del Sud nel 2002 assai più di quanto lo fu l’Italia.

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No davvero, non è questo che importa. Qui siamo davanti a qualcosa di molto molto più grave. Un uomo non di calcio, e non di sport, che agisce come un mafioso. Appalti in cambio di voti, tangenti in cambio di favori. Un giro di corruzione che va avanti da 20 anni e che si aggira sui 150 milioni di dollari. Un sistema clientelare inespugnabile che faceva leva sui continenti calcisticamente più arretrati (Nord America, Asia e Africa) che però, attenzione, non sono mai riusciti a realizzare quel salto auspicato all’inizio degli anni ’90 quando si diceva che, nel giro di un decennio, una squadra africana sarebbe stata competitiva per vincere una grande manifestazione sportiva. Evidentemente Blatter ha ammaestrato a tal punto questi movimenti da convincerli che la loro crescita fosse reale, addolcendoli con assegnazioni di eventi e diritti di marketing.

Incredibile, in tal senso, il passo indietro dell’Africa e di realtà come il Camerun del ’90 e la Nigeria del ’94, mai più riviste. Dietro una finta democrazia calcistica, evidentemente, si nascondevano enormi interessi economici, nella maggior parte dei casi, ignobili. Il campo come ultimo problema possibile, il calcio e lo sport come male necessario. Ora Blatter dovrà delle risposte sulla gestione degli ultimi 20 anni e non solo, visto che dal 1977 Blatter gravita in orbita FIFA. Quello che possiamo augurarci è che lo faccia nelle sedi più opportune lasciando in pace il calcio. C’è da voltare pagina, e c’è da farlo in fretta. Con Figo, con Platini o magari (desiderio del tutto personale) con uno come Collina. Tanto per sottolineare una volta di più che non è la moviola in campo la priorità della FIFA. Ma la reale democrazia calcistica.

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