Lo cerchiamo l’amore, lo desideriamo per sentirci completi, lo avvertiamo come un bisogno e lo attendiamo come il miracolo della vita. E mentre aspettiamo, commettiamo errori, soffriamo, ci rialziamo e poi di nuovo tutto da capo. Fino a quando smettiamo di cercare, iniziamo a bastarci, a crearci il nostro piccolo regno inattaccabile, a cui ci abituiamo così tanto da compararlo alla felicità. La psicologia definisce “comfort zone sentimentale”, quel piccolo impero invalicabile.
La “comfort zone” è una zona confortevole, comoda, senza orari, spiegazioni, routine, condivisione, una condizione che ci si crea e che porta ad abituarsi alla vita da single, che porta ad avere il terrore che qualcuno la invada rendendola diversa da quella che è. Perché è questo che succede quando si resta troppo da soli: si impara a fare a meno degli altri. “Quando l’essere single diventa la nostra normalità o una condizione dalla quale non riusciamo a prescindere, potrebbe essere sintomo di una paura a legarsi a qualcuno. Ciò potrebbe essere frutto di una grande delusione subita in passato, per cui non siamo più in grado di lasciarci andare e di fidarci dell’altro. Oppure potrebbe dipendere dalla scarsa esperienza in campo sentimentale-sessuale che, andando avanti con l’età, diventa una barriera invalicabile poiché ci si sente sempre più impacciate e inadeguate. In entrambi i casi, la comfort zone diventa un nido sicuro” – spiega a Repubblica la psicoterapeuta e sessuologa Nicoletta Suppa.
E finire con il rifuggire ai legami, ma anche alle semplici conoscenze, non riuscire a far entrare più nessuno nella propria vita, convinti che una tale invasione possa solo provocare dolore, tutto questo è causa e conseguenza di quella comfort zone che ci si è creati. Ma la ricerca della felicità è un istinto, così come lo è la sua comparazione all’amore: andiamo, una vaschetta di gelato alla vaniglia non potrà mai compensare la dolcezza di un abbraccio. E lo sappiamo, ne siamo consapevoli, ma, allo stesso tempo, abbandonare la certezza emotiva appare oltremodo impensabile. Così continua Nicoletta Suppa, circa il rifiuto dell’abbandono della comfort zone: “Sono due i motivi principali: il primo è la difficoltà ad abbandonare la propria routine, ormai collaudata (e che ci ha portato soddisfazioni e, finalmente, autostima). Non si è disposti a rinunciare ai propri spazi, per fare posto all’altro, né a rinunciare a quelle piccole coccole che ci riempiono il quotidiano. Insomma, non si vuole abbandonare il proprio stile di vita. La seconda causa è più profonda e meno consapevole: si ha paura di perdere il proprio equilibrio emotivo, innamorandosi. L’essere single diventa una condizione rassicurante poiché è sotto il proprio controllo. Viceversa, se ci si innamora, il proprio benessere dipenderà anche da un’altra persona. Inoltre, dopo anni di assenza di relazioni è difficile vedersi e considerarsi in coppia perché si perde l’abitudine a pensare ‘in due’. Ogni decisione presa da single consente la massima libertà, mentre in coppia si devono sempre fare i conti con le esigenze dell’altro. E spesso non si è disposti a considerare i compromessi, sempre necessari in una relazione a due“.
Così si decide di posporre il momento della resa, non consci del fatto che il tempo è il cemento che tiene uniti i mattoni del nostro impero. La medicina? Il rischio. Si deve rischiare. Chi non rischia forse evita il dolore e la sofferenza, ma non impara, non cambia, non cresce, non sente, non ama, non vive. E cosa ti fa rischiare? L’amore. Perché di solito lui vince. Quando arriva, fa fare cose che mai avresti pensato di fare. Anche aprire la porta principale e abbandonarsi all’invasione. E una volta invasi, ci si evolve in due, grazie a un’altra medicina: lo spazio. Il compromesso – secondo la psicoterapeuta – “è quello della ‘giusta distanza’: mai dedicarsi al 100% alla coppia, mai tralasciare tutti i propri interessi, mai annullarci per l’altro. Quindi, per restare nella propria comfort zone, pur aprendosi all’altro, teniamoci l’uscita con le amiche, la palestra, insomma uno spazio solo per noi. E permettiamo al nostro compagno di fare lo stesso“.
Che se l’altro se ne va, torneremo a essere felici come prima. Perché nessuno può toglierci la felicità se la felicità dipende da noi stessi. Così usciamo da quel castello, abbandoniamo quell’area protetta e stabile priva di sgambetti emozionali e amiamo. La vita comincia proprio fuori di lì.