L’abito fa il monaco, adesso è confermato. Il pregiudizio, la stigmatizzazione, lo stereotipo. Tutti sinonimi di una stessa ignoranza. È quello che ha voluto rappresentare il fotografo Joel Parés con la serie Judging America: una coppia di foto della stessa persona ritratta con due abiti diversi, in due vite diverse, in due momenti diversi, in due realtà diverse, ma appartenenti allo stesso soggetto. È questo il suo modo di testimoniare come la realtà di oggi faccia i conti con l’apparenza, l’aspetto esteriore e il primo impatto, andando a giudicare un mondo che, invece, svela tutt’altri retroscena.
Joel Parés aveva un fratello gemello che a scuola veniva definito un vero e proprio “nerd”. Era il bersaglio numero uno dei bulletti del quartiere. Lui cercava, invano, di difenderlo. Tanti sono stati gli anni in cui ha “combattuto” contro l’invidia, la falsità, l’apparenza. “Poi, a mano a mano che sono cresciuto, ho visto che quei ragazzi, che al liceo e al college erano considerati nerd, sono stati quelli che hanno fatto le cose più grandi, nella loro vita”, ha raccontato alla stampa. “Mi sono reso conto di quanto fosse sbagliato valutare qualcuno dal suo aspetto esteriore, senza sapere nulla di lui”.
Così, una volta diventato grande, ha deciso di rendere questa sua sofferenza e lotta estenuante un vero e proprio messaggio di vita. È nato “Judging America”, il progetto fotografico che porta il nome di Joel Parés, per lottare contro tutti gli stereotipi, contro l’omologazione, contro l’irrealtà. L’effetto è assicurato: una stessa persona può sembrare di un modo in alcuni vestiti, in un altro in altri panni. Dov’è la verità?
“Molti giudicano in modo errato basandosi esclusivamente sull’etnia di una persona, sulla sua sua professione o sui propri interessi sessuali. Lo scopo di questa serie fotografica è di indurci ad aprire gli occhi e farci pensare due volte prima di giudicare qualcuno”.
Come capire il senso del progetto fotografico?
La prima delle due immagini, quella a sinistra, rappresenta il modo in cui queste persone protagoniste degli scatti vengono classificate dalla gente. La seconda foto spiega la verità. “Il mio obiettivo è quello di mostrare che c’è bisogno di conoscere qualcuno prima di etichettarlo. Tutti meritano la possibilità di essere trattati nello stesso modo”, spiega l’artista.
C’è chi l’ha criticato, c’è chi, invece, ha molto apprezzato il suo lavoro. Tutto si basa su una lotta contro l’apparenza e la prima impressione. L’accento è puntato sulla verità, sulla realtà, su ciò che ci rappresenta davvero. L’orientamento sessuale, l’abito, il trucco e i tatuaggi sono alcuni degli elementi che maggiormente influiscono sul giudizio che noi ci facciamo dell’altrui. Questi i risultati di recenti sondaggi americani: l’apparenza inganna, questo è vero, ma nessuno fa niente per migliorare questo aspetto. Tutti si accontentano di ciò che il guscio esterno mostra agli occhi del mondo intero. Mai nessuno ha davvero a cuore il fulcro, l’interno, l’interiore, il caldo, il prezioso.
È “solo” un progetto fotografico, frutto di tanto talento, buoni valori e qualche lavoro di post-produzione venuto bene. Ma è lo specchio di un mondo contemporaneo destinato al declino, ogni giorno di più.
L’abito non fa il monaco, mettetevelo bene in mente. E non si tratta di buonismo.