Saranno solo dimenticanze, forse la stanchezza, forse l’età.
Davanti ai primi segnali del morbo di Alzheimer generalmente i familiari non riescono subito a rendersi conto che cos’hanno di fronte. Perchè non è affatto semplice per un figlio, un nipote, un compagno leggere dietro a uno sguardo – che diventa spento- l’inizio di una malattia.

Dove sono le chiavi di casa?
Come si accende il fornello?
Dove mi trovo?
Ma tu, chi sei?

Sono solo alcune delle domande che una persona affetta di Alzeheimer potrebbe fare. Domande che rispecchiano la perdita di autonomia, di memoria. Sintomi a cui si associano altri disturbi come la difficoltà nello svolgere delle semplici attività quotidiane, la perdita della corretta espressione verbale dei pensieri. Altre volte può verificarsi un disorientamento spaziale e temporale.

E all’inizio per chi sta attorno viene naturale rispondere a quei quesiti adottando un comportamento razionale.

Le chiavi sono lì, non ricordi che le hai poggiate un attimo fa?
Il fornello si accende come hai fatto fino a ieri.
Ti trovi nella tua casa.
Io sono tua nipote, come fai a non riconoscermi?

Risposte ovvie, cariche di affetto e di emotività, che non basteranno e presto ci si renderà conto che non si tratta di stanchezza o di dimenticanza, ma di una malattia.

Dimenticarsi di sè, dimenticarsi degli altri

Fu il neurologo tedesco Alois Alzheimer che per primo, nel 1907, individuò i sintomi e gli aspetti neuropatologici della malattia che rappresenta la forma più comune di demenza senile.
Sono colpite sia persone di età inferiore e superiore ai 65 anni, ma dalle statistiche si evince che l’incidenza di casi di Alzheimer aumenta con l’aumentare dell’età.
I numeri sono elevati: a soffrire della malattia sono attualmente 40 milioni di persone in tutto il mondo.

Si tratta infatti di una malattia degenerativa che si sviluppa in varie fasi. La prima appunto è quella meno chiara e come tale può essere sottovalutata. Con l’avanzare della malattia, i sintomi diventano sempre più evidenti e lentamente rendono una persona sempre meno autonoma e dipendente dagli altri.
Individui che da anziani si trasformano in bambini, totalmente inermi.

Prevenire, ora si può

Non esiste ancora una cura per il morbo di Alzheimer e i farmaci possono solo ridurre temporaneamente i sintomi.
Una diagnosi tempestiva è quindi fondamentale perchè permette di formare la famiglia, che in questa malattia è più che coinvolta e impostare subito il trattamento da seguire.
La sfida che si presenta oggi è quindi quella di cercare di cogliere e comprendere i fattori di rischio per avere nuovi indizi su una possibile cura.

E la conferenza della Alzheimer’s Association International – che si è svolta lo scorso 12 luglio a Copenaghen- ha dato un’indicazione importante su questo tema: da un esame della retina non invasivo si potrebbe riconoscere e diagnosticare la malattia neurogenerativa molti anni prima della comparsa dei primi sintomi.

Tutto questo sarebbe possibile grazie a un apparecchio sviluppato dal centro di ricerca Cedar Sinai di Los Angeles insieme alla Neurovision, già testato su pazienti e soggetti sani di controllo.
Alcuni cambiamenti nella retina e in alcune parti dell’occhio, uniti a una serie di odori emanati dalle persone, possono aiutare a capire se un soggetto che non ha problemi di carattere neurologico, è predisposto alla malattia.

Non solo: di recente è stato anche annunciato un test che attraverso l’analisi del sangue può indicare la predisposizione all’Alzheimer anche in assenza di sintomi, come indicato da un gruppo di scienziati della Georgetown University.

Viene detta anche malattia familiare, l’Alzheimer, per l’impatto sul nucleo di persone che si trova attorno al malato. Equilibri quotidiani che cambiano e si intrecciano con la difficoltà ad accettare che quella malattia, in fondo, porta con sè ricordi condivisi.

Non bisogna chiudersi, ma rivolgersi a strutture e ad associazioni che possano assistere l’intera famiglia in un percorso difficile ed impegnativo. E davanti a un ricordo che svanisce di una cosa bisogna esser certi: l’amore che ci lega a quella persona cambia forma, ma non sostanza.

[Fonte Photo Cover: caffèalzheimer]