Le passerelle di tutto il mondo sono da sempre lo specchio della società.
L’espressione risuona forte e poco armoniosa, ma solo fin quando non si realizza che, mai come in questo momento storico, percorriamo una passerella ogni giorno noi che facciamo parte della società più esposta di tutti i tempi. Di fatto l’occhio rivolto al fashion system è quello che – in tempo reale – punta lo schermo del nostro smartphone e, così, tutto ci appare decisamente accessibile: desiderare il capo che sta indossando Lei – poco importa se la lei in questione è un angelo di Victoria’s Secret – e desiderare di indossarlo esattamente come lei, esigendo lo stesso fisico.
Sono terminate da poco le Fashion Week femminili e, senza andare troppo indietro con la mente, possiamo asserire che una passerella vincente è solo quella che viene emulata nell’attimo subito successivo a quando cala il sipario su di essa. Quando gli standard proposti invadono le città e le fashion victim faranno il possibile (e oltre) per somigliare sempre di più alla modella proposta da chi tra i lungimiranti stilisti del mondo ha realmente lasciato il segno. Le sfilate di moda altro non sono che marketing allo stato puro. Inconsapevolmente, dunque, lì dove tutto appare etereo e perfetto fuori misura, nasce ciò che genera il senso di impotenza più grande di sempre: la ricerca spietata verso quel concetto di bello che, come spugne, abbiamo appena assorbito. Troppo magre. Troppo bianche in viso. Decisamente prive di forme femminili. Eppure quelle modelle diventando l’unico diktat di bellezza. È il risultato di una pubblicità che funziona, ma che funziona male: quella che si fa ricordare non tanto per il soggetto pubblicizzato, ma per il mezzo attraverso il quale questo tenta di diventare appetibile al pubblico.
Un pubblico in rivolta
Ma se quelle modelle sono il prototipo di bellezza da seguire, allora sono bella solo se così?

Ji Hyde Park è una modella sudcoreana che indossa una canotta bianca by Stella McCartney.
La sua foto appare circa un anno fa sul profilo Instagram di Stella con una didascalia che da lì a poco pose la stilista al centro del mirino di molti: “Worn well!! X Stella” che letteralmente significa: “Indossato bene!! Baci, Stella”. Le critiche degli utenti non tardarono ad arrivare e, come solo uno strumento potente come il web può, tutto il popolo 2.0 lanciò la campagna unfollow Stella, accusando la stilista di esortazione verso l’anoressia. Il caso Stella McCartney è solo uno tra i tanti che negli anni hanno visto le case di moda, e le loro modelle al seguito, protagoniste di lotte sociali di massa contro standard che rasentano l’ideale comune di persona che non gode affatto di buona salute.
La risposta dal mondo fashion
Rendere tutto tremendamente accessibile e sindacabile grazie ai social network ha costretto gli addetti ai lavori a sensibilizzarsi nei confronti dell’argomento.
È chiaro che se lo scopo è quello di arrivare a quante più persone possibili e che se il mezzo per farlo è una piattaforma interattiva, allora misure e metri di paragone cambiano.
Oggi la moda cerca nuovi volti, cerca quelle che letteralmente sono definite new face e vengono pagate tanto quanto una top model. Sono sempre di più gli stilisti che decidono di investire su questi volti freschi e per niente noti. L’esempio più recente riguarda le modelle della scorsa passerella newyorkese di Calvin klein o, ancora, la sedicenne Greta Varlese, la ragazza orgoglio di Riccardo Tisci di Givenchy.

Una bellezza acqua e sapone. Fresca, sana e che rimandi all’idea di bello e possibile.
Questo il nuovo status symbol del mondo moda che da oggi lancia anche una provocazione che sa di traguardo: “niente passerella per le modelle troppo magre”. A vietarlo è una legge che arriva dalla Francia e che intende proteggere dai rischi di anoressia le giovani modelle e coloro che di questo mondo ne fanno uno stile di vita. L’emendamento è stato depositato dal deputato e medico Olivier Véran al progetto di legge sulla Sanità del ministro Marisol Touraine. Le modelle, secondo quanto espresso da Véran, sfileranno solo se accompagnate da un certificato medico che ne garantisca la sana e robusta costituzione, riportandone l’indice di massa corporea. Per le agenzie che trasgrediscono la legge, in caso di approvazione, le multe previste possono arrivare fino a 75.000 euro e il trasgressore può essere perseguito penalmente rischiando fino a sei mesi di prigione.
L’anoressia non va di moda
Fabiola De Clercq presidente e fondatrice dell’ ABA, associazione per la lotta all’anoressia e la bulimia, si schiera dalla pare dell’emendamento francese ritenendolo più che valido. Sono stati stimati dati terrificanti: quella che era la malattia diffusa per lo più tra le adolescenti oggi riguarda donne dai 45 anni, così come bambine di 9 anni: sono 3 milioni gli italiani alle prese con disturbi di tipo alimentare e l’80% di questi sono donne. L’eccessiva magrezza sta diventando una normalità che va a discapito della nostra salute.
[Fonte: radionbc.it]