Quante illusioni, ad Agosto. E non stiamo parlando d’amore. Quante illusioni ci ha dato il pallone, sotto l’ombrellone. Ma d’estate la memoria è ancora più corta del solito. Eppure abbiamo visto campioni promettere gol e assit decisivi. Abbiamo assistito a prestazioni che non avremmo mai visto, successivamente, in una gara ufficiale. Sotto il sole d’agosto l’illusione è un dato di fatto. Tocchino ferro i vari Kongdobia, Bacca, Khedira e tutti gli altri grandi acquisti di questa estate. Questo articolo non li riguarda. È solo un modo per raccontare dieci illusioni senza lieto fine. Illusioni del calcio d’estate.

Il re delle meteore

L’arrivo del brasileiro Danuello, suscitò molto entusiasmo a Pistoia, nel 1981. Vennero le prime amichevoli, la Coppa Italia, il precampionato. Luis Silvio, attesissimo, cominciò ben presto a deludere tutti. È doveroso fare una premessa: le ragioni di questa delusione nascono da un imbarazzante equivoco. La società arancione cercava un centravanti, una punta capace di assicurare un buon numero di gol per centrare la salvezza: ma Luis Silvio era invece una ponta, come si dice in portoghese, vale a dire una promettente ala destra pura capace di macinare chilometri sulla sua fascia di competenza per poi crossare al centro dell’area avversaria. In realtà non si vide nemmeno un cross per il buon Vito Chimenti, chiamato in fretta e furia da Catanzaro per fare le sue veci.

Il pupillo di Berlusconi

Estate 1987, nel Milan che sarà di Arrigo Sacchi ci sono molti dubbi e una sola certezza. Si chiama Claudio Daniel Borghi, pupillo del Presidente Berlusconi. Si narra che il futuro Premier avesse raccomandato a Sacchi di puntare tutto su di lui. Il pre-campionato fu incoraggiante: tra rabone da copertina e assist deliziosi (da fermo), il fantasista conquistò le copertine dei giornali ma non la stima di Sacchi che quando capì la sua scarsa inclinazione alla corsa e all’allenamento lo spedì in tutta fretta al Como, con cui giocò appena 7 partite prima di dire addio per sempre all’Italia.

Fonte: it.eurosport.com
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La dolce vita di Renato

Chioma fluente e temperamento caliente, Renato ha lasciato ricordi nella capitale solo per la “dolce vita” romana. Il rendimento sul campo è conseguente, ovvero uno schifo. In campionato 23 presenze e nessun gol. Non contento della propria fama di indomito playboy e nottambulo, si mette in mostra anche per il carattere assai collerico: fa a botte con Daniele Massaro, rilascia interviste polemiche contro il calcio italiano, a un giornale brasiliano confida che un giocatore come Giannini lì non giocherebbe neanche in terza divisione.La sua presenza diventa in poco tempo assai ingombrante, pertanto viene rispedito al mittente a fine stagione.

Chi butto da Latorre?

Ci fu un momento in cui gli stranieri a disposizione delle squadre italiane passarono da 3 a 4. Solo che uno di questi doveva restare a guardare, in tribuna. La Fiorentina, nell’estate del 1991 comprò Diego Latorre, fantasista del Boca accostato come molti numeri 10 argentini, a Maradona. Il suo precampionato fu brillante, l’intesa con Derticya meno. Fortuna che all’ultimo i dirigenti della Fiorentina buttarono l’occhio sul capocannoniere della Coppa America, un certo Gabriel Omar Batistuta. Con tanti saluti a Latorre.

L’avioncito

Correva l’anno 1995, gli albori dell’era Moratti. In più di qualche occasione, l’acquisto di un giocatore ne comportava il contemporaneo ingaggio di un altro, solitamente meno famoso. Il caso più eclatante è quello del duo Zanetti-Rambert. Tra quest’ultimi, pare che il vero obiettivo della dirigenza fosse il secondo, considerato al tempo un attaccante di sicuro valore. Javier Zanetti, invece, non era nessuno. Era una promessa come Rambert, certo, ma non aveva le credenziali di cui godeva l’attaccante. Al primo impatto sembrò Zanetti il comprimario, perché le maggiori attenzioni di stampa e tifosi erano naturalmente rivolte a Rambert, attaccante che in Argentina si era guadagnato il soprannome di “Avioncito”, cioè aeroplanino, perché dopo ogni gol, per esultare allargava le braccia come fossero ali d’aereo. Non c’è bisogno di raccontare come è andata poi questa storia.

Fonte: www.calciofication.com
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Ronaldo, con più colpo di testa

No, non è una battuta, il giocatore in questione fu presentato così a Roma, nel 1999. Fabio Junior, ovvero “Fabietto” – come lo ribattezzarono nella Capitale – costò tanto quanto Salas e Sensi, mal consigliato dallo staff tecnico giallorosso, concluse in tutta fretta la trattativa per evitare una beffa come quella subita mesi prima con lo slavo Stankovic soffiatogli per dispetto da Cragnotti. Appena lo videro in azione si accorsero che era molto lontano dall’assomigliare a Ronaldo: grande, grosso e con una tecnica approssimativa, che a prima vista non pareva certo tipica di un centravanti della Nazionale brasiliana. Nemmeno il tempo di un’illusione estiva. Certo è che per immaginare uno come lui centravanti titolare in Serie A ci voleva una fervida fantasia.

Un dj da 90 miliardi

Ancora adesso i tifosi della Lazio non vogliono più sentirlo nominare. Gaizka Mandieta, il basco centrocampista figlio del Valencia di Cuper, squadra che stupì l’Europa e l’ingannò successivamente rifilando pacchi a destra e a manca. Inquietante il suo rendimento in biancoceleste: 20 presenze, nessun gol e quasi sempre sostituito. Buon per il Real che il Valencia fece inserire una clausola che impediva di cederlo ai blancos, così il pessimo affare lo hanno fatto, in seguito, gli eterni rivali del Barcellona. Il Presidente Sergio Cragnotti offrì al Valencia la bellezza di 93 miliardi di Lire per accaparrarselo. Abbandonati gli scarpini da gioco, indossa le cuffie e di notte si trasforma in D.J. nei migliori locali spagnoli e inglesi.

Fonte: www.24horas.cl
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Un giocatore che tira bombe a mano

Questa storia è diversa da quelle precedenti. Perché in realtà Adriano Leite Riberio non fu certo una comparsa. Di lui si possono raccontare due vite. Quella dal 2001 al 2006, in campo tra alti e bassi, qualche colpo di testa e diversi gol e quella successiva, passata prevalentemente sulle copertine dei giornali, quasi sempre per fatti poco edificanti. Quello che i tifosi dell’Inter non hanno mai dimenticato è stato il suo esordio, in una di quelle notti illusorie del calcio d’Estate. Il ragazzo si presenta al Bernabeu con una personalità imbarazzante e guida la prima Inter di Cuper alla vittoria, con una punizione che piega le mani a Casillas. È nata una stella, titolarono i quotidiani. In realtà era solo l’inizio di una storia molto travagliata, che avrebbe fruttato pochi trofei all’Inter e moltissimi grattacapi ai futuri allenatori. Compreso Cuper che lo mandò a farsi le ossa in giro per l’Italia.

Il Milan dei Giganti

Marcello Lippi ha sempre avuto una dote innata: quella di abbassare le aspettative del pre-campionato per far credere agli avversari di essere sulla buona strada. Trofeo Berlusconi 1997, il Milan ha comprato diversi olandesi tra cui Kluivert, Bogarde e Reiziger. Sulla fascia gioca un certo Ba, che ha i capelli biondi e la potenza di un nero. Il Milan asfalta la Juventus, con gol di Cruz, Kluivert e Weah. Nel post partita Lippi dirà “Non sapevamo come pressarli, sono troppo potenti. Quest’anno sarà durissima“. Chissà se diceva sul serio, fatto sta che molti gli credettero. Forse anche i tifosi del Milan che si illusero di disputare una stagione da protagonisti. In realtà sarà una delle più anonime dell’era Berlusconi. La Juventus, per la cronaca, vincerà un altro scudetto.

Fonte: it.eurosport.com
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Kily di cross per Vieri

Hector Cuper, l’hombre vertical, non amava i fantasisti. Seedorf fu sacrificato per Coco, Recoba vide più la panchina che il campo. Emre faceva l’ala e per diventare davvero competitiva la sua Inter doveva acquistare due ali pure. Identificate in Van Der Meyde e Kily Gonzales, suo vecchio pupillo al Valencia (la squadra dei pacchi). Non fu semplicissimo arrivare ad acquistarli, fatto sta che alle loro prime apparizioni sembrò che finalmente il meccanismo poteva funzionare alla grande. I tifosi della Curva Nord esposero l’ormai famoso striscione “Kily di cross per Vieri“. In realtà i cross furono pochi e quasi tutti bassi. A dare manforte a questa batteria di crossatori anche Eriberto, detto Luciano. Per Vieri e Crespo furono anni durissimi. Le due ali resistettero fino all’arrivo di Mancini, che pian piano li mise ai margini del suo progetto.

[Credits Cover: Davide Spada / LaPresse]