Mai come oggi, almeno in Occidente, viviamo in un regime di cotanta libertà di pensiero e quindi anche libertà di ridere di ciò che ci pare: si scherza sulla morte, sul sessismo e sulla fede. Gli individui di colore ridono del razzismo e alcuni ebrei addirittura di Auschwitz. Non fa scandalo ormai nemmeno scherzare sulle malattie, più o meno gravi. Se i dogmi, insomma, sono caduti con la fine del Medioevo, i tabù li stiamo vedendo crollare proprio sotto i nostri occhi. Premesso questo, si arriva al dunque: le vignette umoristiche su Andrea Bocelli hanno decisamente rotto le scatole.

In primis per la quantità: il web ogni giorno è invaso da sciami di immagini con soggetto Bocelli, accompagnato da un fotomontaggio o una didascalia a loro modo accattivanti. Già questo basterebbe a tacciare di povertà – di spirito e di originalità – i sostenitori del Bocellismo al contrario. Poi c’è il fattore etico: attenzione, chi scrive ripudia il moralismo e la morale in genere. I tempi di Maria Montessori, deo gratias, sono passati da un pezzo. Perchè però prendersela sempre e solo coi deboli? Perchè fissarsi su un uomo nato senza uno dei sensi ma con tutti gli altri così sviluppati da renderlo artista straordinario? Possibile che con tutto ciò su cui c’è da scherzare – che anzi effettivamente necessita di una caduta dal piedistallo – ci fermiamo a ridere come i maiali su qualcosa non solo di autoreferenziale ma che non va a dissacrare proprio nulla, semmai ad acuire il nostro disperato desiderio di sentirci normali e/o superiori a qualcuno/qualcosa?

Un esempio di 'geniale' umorismo incentrato su Bocelli
Un esempio di ‘geniale’ umorismo incentrato su Bocelli

Perchè il problema è che si può scherzare su tutto ma si deve pretendere anche la libertà di contestare la tendenza a speculare su un certo tipo di umorismo. Ad esempio, sempre a proposito di cecità, qualche annetto fa, quando su internet spopolavano i Demotivational, era comparsa un’immagine con Ray Charles (anche lui privo di vista, per chi non lo sapesse) col microfono impugnato dal verso sbagliato e con la didascalia “Se ridi sei una brutta persona“. Che facesse ridere o meno, quella vignetta centrava il punto: si poneva, maliziosamente, il problema. Diceva, insomma: ridi, se vuoi, consapevole però di tutta la stupidità che c’è dietro. Un fattore pudico che ormai pare preistoria rispetto all’umorismo da bad-boys da tastiera imperante oggi sui social.

Tanto che c’è anche chi ha provato a sfruttare il trend aprendo delle pagine a tema su Facebook, come Bocelli fa cose strane o Andrea Bocelli che non vede l’ironia di certe immagini, per non parlare del gruppo Bocelli che pensa di fare cose, dove i fan della perculatio bocelliana si confrontano entusiasticamente ogni giorno su nuovi spunti e idee per vignette ancor più ricche di genio creativo.

Prendere in giro Bocelli è un po’ volersi sentire Charlie, desiderare disperatamente di voler essere considerati anticonformisti senza capire che la vera libertà sta nel fare una cernita, essere abbastanza acuti da riconoscere che, se è vero che non abbiamo più la morale a bacchettarci le dita, sappiamo trovarlo noi – e la nostra intelligenza – un limite. Perchè ridere liberamente è anche e soprattutto distinguere tra satira e cattiveria gratuita.

[Ph. Credits: gds.it]