Si è conclusa la “Leopolda” 2014, l’evento ideato da Renzi ormai giunto all’edizione numero cinque. Giornali e tg hanno già sviscerato in queste ore la cronaca delle tre giornate, ma dietro a ciò che le telecamere hanno mostrato c’è molto di più.

Credits Photo: [panorama.it]
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La Leopolda e la democrazia diretta ai tempi di Grillo

La partecipazione è stata al di sopra delle aspettative, le due sale gremite e la disponibilità per sedersi nei famosi ” tavoli di discussione ” esaurita fin dai primissimi minuti. Ma da cronista, colpisce soprattutto la voglia di esserci di tanta gente, mostrata dal primo pomeriggio, dalle file che sfociavano in strada in attesa dell’apertura dei cancelli.

Una partecipazione diversa rispetto quelle dei ” consueti ” eventi politici, più forte. Merito del carisma di Renzi sì, ma anche di quella consolidata tradizione che si sta costruendo attorno alla Leopolda. La presenza nella vecchia stazione fiorentina è diventata a tutti gli effetti un appuntamento fisso; una maglietta, una foto con un invitato, una chiaccherata con un deputato diventano l’obiettivo di un’esperienza interattiva. Un elettorato che da passivo diventa protagonista, dà del tu ai propri eletti, scherza con loro, pone quesiti.

Grillo ha conquistato i suoi elettori col concetto di democrazia diretta ma passando dalla Leopolda ci si rende conto che non può essere considerata una sua esclusiva, che da quelle parti da tempo quella è la normalità.

Credits Photo: [Federico Bernini]
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Piazza rossa contro evento moderato? Chiedetelo ai vecchi Pci toscani orgogliosi di far parte dello staff della Leopolda anche quest’ anno.

Ci si aspetterebbe di vedere molte persone incuriosite, in un ambiente informale che poco ha a che fare con gli storici incontri della sinistra; la Leopolda è stata snobbata da molti come l’incontro della “nuova Dc”, una risposta moderata nel Pd rispetto la piazza “rossa” della CGIL, ma si capisce da subito che non è così, che le sfumature attorno all’evento e ai partecipanti si ramificano fin da rendere impossibile etichettare un’ ipotetica “piazza” della Leopolda.

Si c’è la presenza degli imprenditori, dei top manager, e di quegli attori e personaggi televisivi, ragione per cui l’evento è esposto alla critica di chi non tollera questa commistione con la politica, ma c’è soprattutto la presenza di tante persone comuni, molte delle quali orgogliosamente ex Pci, da sempre elettori di Sinistra, ora con entusiasmo democratici e renziani. A conferma che non è stato un caso se Renzi alle Primarie che l’hanno consacrato Segretario abbia sfondato nelle Regioni rosse.

Così incontri i vecchi comunisti fiorentini, quelli che scendevano in piazza con la CGIL, che con la maglietta con la foto di un gufo che “non può entrare”, corrono come ragazzini per spostare sedie e per organizzare i tavoli. E ti chiedi, allora, se davvero la sinistra sia solamente quella che a Roma contemporaneamente sta protestando per l’articolo 18.

A proposito, l’articolo 18, il pomo della discordia che potrebbe portare all’inevitabile scissione di Bersani, Fassina e degli altri oppositori alla linea Renzi; ne ha parlato in modo veemente il Ministro del Lavoro Poletti, ha ribadito la sua intenzione di non cedere ad alcun ricatto morale e di voler proseguire nel suo piano di rinnovamento; i primi ad applaudire non sono stati tanto i giovani quanto i suoi coetanei, quelli cresciuti col mito dell’articolo 18. Qualcosa anche lì sembra essere cambiata, perlomeno nella staffetta generazionale, nella disponibilità di chi i diritti li ha acquisiti con fatica, di cedere parte del proprio benessere per permettere ai più giovani di trovare un impiego. Sembra banale, ma fino a non molto tempo fa non si sarebbe nemmeno immaginato di discutere di questo in un incontro del Pd.

Credits Photo: [firenze.repubblica.it]
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L’occasione persa dal Pd

Non sono mancate di certo le frecciatine alla Bindi e a Fassina, le battute su quelle foto insieme alla Camusso, sulle dichiarazioni che di fatto spaccano il Partito. Chi ironizza chiedendogli di lasciare il Pd e di continuare ad inseguire una vocazione minoritaria e masochista; chi invece tenta di saldare lo strappo e ricorda che nei grandi partiti riformisti c’è spazio per varie anime.

Il caso di Migliore e di Romano, che da opposti ( uno ex Sel, l’altro Scelta Civica ), si incontrano decidendo di passare da piccoli partiti ad un grande contenitore nel quale poter mostrare le proprie identità differenti per trovare una sintesi. Migliore tra i più ricercati; molti presenti curiosi di chiedergli della scelta di tesserarsi, altri che chiedevano di esporsi rispetto la posizione dei sindacati. Ma chi cercava la grande notizia da prima pagina però è rimasto deluso, nessuna polemica.

Sembra allora che l’occasione la stia perdendo proprio il Pd. In un periodo in cui Renzi appare come “invincibile” in campo elettorale, il Partito raggiunge il suo massimo storico e le opposizioni indebolite rischiano di sfaldarsi, l’opposizione ancora una volta per la sinistra arriva dal suo interno. Difficile immaginare che Fassina e Bersani possano con Sel formare un partito che possa competere con le altre compagini, ancora più difficile da immaginare che un gran numero di elettori possa lasciare proprio adesso un Partito che dopo la sconfitta di Veltroni sembrava destinato a rimanere un’opera incompiuta e che invece adesso appare vincente. Renzi lo sa, e ci scherza su.

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In fin dei conti ha tempo fino al 2023, lo ha detto lui ma non era difficile immaginare un altro scenario.

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