“Hai visto il video del pilota bruciato dall’ISIS?” domandano alcuni ragazzini del liceo al bar, prima di entrare a lezione. Non entreranno alla prima ora, c’è storia e la professoressa interroga. In compenso si fermeranno a discutere di quel video con la stessa nonchalance con la quale la settimana prima parlavano del selfie di Totti. Nel frattempo condividono, fanno girare immagini cruente, talmente violente da non far addormentare le persone. Ma per molti di loro tutto questo è normale amministrazione, abitudine. Come se stessero guardando un film un po’ più violento, un American Sniper qualunque, un reality show dove ogni giorno qualcuno viene eliminato, non importa come. L’importante è che l’uscita di scena sia spettacolare. Il video pubblicato da Servizio Pubblico è solo il climax di questo osceno spettacolo.
Nessuna critica a Servizio Pubblico, o meglio nessuna critica a prescindere. La redazione si giustifica facendo proprie le parole di Domenico Quirico, giornalista della Stampa rapito in Siria nel 2013 e rilasciato dopo 5 mesi di prigionia: “La coscienza passa sempre attraverso la conoscenza e non la negazione, censura o aggiramento della realtà”. Niente da dire, il messaggio non fa una piega, sta all’utente decidere se guardarlo o no. Solo che arrivati a quel punto diventa una sorta di prova di coraggio: lo apro o non lo apro. Ormai ci sono, inizio a guardarlo. Sembra un film, il montaggio è spettacolare, la musica azzeccata, i gesti dei protagonisti sembrano quelli di attori consumati. Poi il rogo. La disperazione, il prigioniero che come un topo in gabbia si rende conto di non avere più speranza. Inizia a dimenarsi, come un indemoniato, sente l’odore della morte, si accascia a più riprese. È una morte lenta, e lo spettatore se la gusta secondo dopo secondo fino a quando Muad Kasasbeah, ostaggio dei jihadisti, non sputa l’anima e crolla a terra. Incenerito.

Quanti hanno provato a descrivere questo video senza cadere nella tentazione di sbatterlo sui social come il trailer dell’ultimo episodio di una serie TV? Magari una descrizione dettagliata poteva bastare. Quello che Servizio Pubblico non considera, ma non solo Servizio Pubblico, sia chiaro, è la possibilità data a milioni di persone di condividere questo video. Cosa penserà mio cugino di 15 anni? Deciderà di non guardarlo o sfiderà gli amici a vedere chi ha il coraggio di resistere fino all’ultimo? Non stiamo facendo, in questa maniera il gioco dell’ISIS? Non entriamo nel merito della guerra (che non c’è), perché non siamo dei diplomatici, né degli esperti di ars bellica. Qui non si tratta di religioni, di razze, di stati. Si tratta di scelte: affrontare o no una guerra difficile, senza eserciti e senza regole. Sembrerà assurdo, che la guerra debba avere delle regole, eppure è così, ma non è nostro compito discutere di questo in questa sede.
Qui si tratta di capire se è giusto o sbagliato diffondere la violenza. Se dobbiamo davvero guardare e diffondere tutto o se è possibile venire a conoscenza delle cose in maniera diversa. Oggi è il turno dell’omosessuale lanciato nel vuoto e poi lapidato. Un uomo sui 50 anni viene condotto bendato sul tetto di un palazzo di sette piani e, come in altri casi, fatto precipitare al suolo, nella città di Tal Abyad in Siria. La sequenza scioccante ritrae l’uomo bendato seduto su una sedia di plastica bianca, in cima a un palazzo. Accanto a lui due miliziani vestiti di nero che, prima di lanciarlo nel vuoto, leggono l’accusa: come scritto nero su bianco nel codice penale dell’Isis, i gay sono puniti con la morte. Dopo la lettura della sentenza i terroristi spingono la vittima nel vuoto. Alcune immagini ritraggono il volo dell’uomo, catturato a mezz’aria prima di schiantarsi al suolo. Una volta a terra, rimasto miracolosamente vivo, viene ucciso dalla folla che lo circonda e lo lapida.

A questo punto viene da chiedersi cosa sarebbe successo se avessimo avuto a disposizione questi mezzi di comunicazione durante la seconda guerra mondiale? Avremmo vissuto dall’interno le dinamiche dei campi di sterminio, avremmo visto persone che vanno a fare la doccia e poi scoprono che da lì non esce acqua ma gas, avremmo visto madri tedesche impiccate e appese in strada per non aver voluto mandare i figli in guerra. Avremmo assistito in diretta YouTube alla fucilazione di Benito Mussolini, e forse, dall’altra parte del mondo, avrebbero pensato all’Europa come ad un posto di pazzi, da radere al suolo. Con tutte le persone dentro. Concludiamo con questa riflessione, evitando la morale e lasciando il dibatto aperto: non è che l’involuzione dell’uomo passa anche dalla diffusione di questi video, dal mancato intervento di un authority che impedisca a questi signori di caricare quello che vogliono, mentre noi ci dobbiamo preoccupare di una foto di una ragazza o di un ragazzo leggermente svestita, che urta la sensibilità di chissà chi? Stiamo contribuendo alla propaganda di un marketing terroristico che non fa altro che aumentare l’odio e che presto condurrà a vendette sanguinose.
Non è colpa di Servizio Pubblico, non è colpa di Facebook, non è colpa di Youtube e non è colpa dei ragazzi del liceo che stanno chiedendo agli amici se hanno visto il video del pilota giordano. È colpa di una società che non ha più la capacità di distinguere il reality show dalla guerra, la morte dallo spettacolo, il silenzio dal baccano, l’informazione dallo share e la politica dalla generalizzazione. Questi dell’ISIS sono pazzi, ma aspetteremo con ansia il trailer del loro prossimo video da condividere.
Credits Cover: Announo (RAI TV)