Forse Lucio Dalla l’ha sempre saputo che quella data, quel 4 marzo 1943, impressa in una canzone senza tempo, sarebbe rimasta letteralmente appiccicata nei nostri ricordi. E forse ancora ne sorride sornione. Possono delle canzoni rimanere come storie intrecciate a chi le canta e a chi le ascolta? Lucio ne è la risposta più affermativa. Per chi lo ha sempre ascoltato in fondo Lucio Dalla non se n’è mai andato e come potrebbe essere altrimenti? Quando il genio non sale sul piedistallo, quando la sregolatezza gioca con i tabù e mescola senza imbarazzo sacro e profano, quando l’amore viene sviscerato, quando c’è tutto questo, non si può che sorridere e ammettere che si, rimanere immortali è possibile.

«Lucio univa il sacro al profano, gli angeli alle prostitute, i sogni alle fabbriche, l’amore al sesso», Francesco Freyrie

Un 4 marzo 1943 non uno qualunque ma quello, nasceva Lucio Dalla. Ripensando a quel periodo, alla mentalità soprattutto nella quale un senza regole come lui veniva al mondo e cresceva, l’acutezza del suo modo di provocare la si rivaluta maggiormente. Parlare di Lucio Dalla infatti come un cantautore sarebbe ingiusto e incompleto e non rispecchierebbe in pieno la personalità sopra le righe e fuori dagli schemi che invece emerge ancora a distanza di tre anni dalla sua scomparsa. Un cantastorie, un menestrello che dava voce a storie incantante eppure così concrete, storie di persone che catturava in splendidi ritratti musicati con dovizia di particolari. Perché siamo un po’ tutti Anna e Marco ma solo lui è riuscito a farcelo cantare.

Attento ai particolari, ai dettagli, uno psicologo delle note e delle parole che ha regalato da artista di strada uno spaccato di vita che nella musica italiana mancava. Il suo essere un personaggio lo ha reso autorevole e in grado di giocare con i propri difetti, le proprie debolezze, mancanze e desideri riuscendo a non sembrare impacciato o a cadere nel tranello del voler piacere a tutti perché a Lucio di piacere a tutti proprio non importava. Ecco perché lo spirito libero delle sue canzoni rimane. Lucio ha cantato se stesso, ha cantato il mare, la sua città Bologna, le sue passioni, ha cantato di desideri futuri, figli che ancora non sono venuti al mondo, incastonandole in quadri sempreverdi.

La bellezza di Totò è la bellezza di Napoli. Napoli, si fa presto a dire, sembra una città, non lo è, è una nazione, è una repubblica. […] L’ammirazione che io ho per il popolo napoletano nasce proprio da questo amore per Totò. […] Napoli è il mistero della vita, bene e male si confondono, comunque pulsano. […] Sono stato influenzato dall’esistenza di Totò sotto tutte le forme, per me era un mito“. La bellezza di Lucio nel cogliere particolari che spesso sono invisibili agli occhi, ha qualcosa di magico. Profondamente legato alla cultura popolare, ogni estate la passava nel sud dell’Italia e lí si immergeva nel vero, nelle radici umane.

L’estro creativo di Dalla si misura in varie forme e occasioni, dalla collaborazione con il poeta Roberto Roversi, all’idea di Banana Republic e quel tour del 1978 davvero indimenticabile con Francesco De Gregori; la trasmissione televisiva con Sabrina Ferilli “La bella e la bestia”, gli assolo jazz appassionati al clarinetto, la produzione di musiche per film e televisione e da ultimo l’idea di presentarsi a Sanremo offrendo la sua visibilità per agevolare un giovane cantautore in cui crede molto, Pierdavide Carone. Lucio Dalla è stato uno di quegli artisti che ha sempre rifuggito i riflettori gratuiti, perché voleva rimanere sciolto da legami di convenienza.

Provocatore acuto, giocatore di novità, ideatore di “canzoni cretine che afferrassero la gente per il colletto e gli facessero ascoltare il resto del disco, come Attenti al lupo” e di sodalizi come quello con Gianni Morandi che nell’88 pubblicano insieme l’album Dalla-Morandi che ha la pazza idea di base di avvicinare pubblici diversi. Un artista che è sempre rimasto umile, che non si è fatto modificare dalla popolarità o dalla mondanità, uno spirito libero che durante le interviste scherzava su tutto, soprattutto su se stesso, entrando in una stanza e buttando per terra il soprabito o girandosi il parrucchino dal lato opposto della testa.

Tutta la sua personalità si respira nella casa di via d’Azeglio 15 a Bologna che dal 2 al 4 marzo la Fondazione Lucio Dalla ha deciso di aprire al pubblico con una serie di eventi e concerti ai quali partecipano amici di sempre come Gianni Morandi, Gaetano Curreri, Renzo Arbore. Una casa tempio piena di giocattoli, presepi, oggetti di ogni epoca, sale, stanze in cui la creatività e la stravaganza di Lucio respirano ancora. In sole due ore i biglietti per visitare la casa sono andati esauriti: Bologna non lo dimentica e ogni anno si fa sentire. In molti chiedono quando e se il bazar di Lucio riaprirà.

Futura, Caruso, Cara, Anna e Marco, Canzone, L’anno che verrà, Disperato erotico stomp, Se io fossi un angelo, Piazza grande e si potrebbe continuare a lungo elencando i titoli di canzoni che portano la sua firma musicale. E 4 marzo 1943: quella che rimarrà nei ricordi ancora a lungo, custode di un artista che in fondo non se n’è mai andato: “Non credo nella morte, agli amici dico sempre che è solo la fine del primo tempo“.

[Fonte cover: http://www.iltitanic.com]