Voglia di mettersi in gioco, tante speranze ed una grande passione, quella per la cucina, sono bastati a Luigi Repoli, napoletano di 35 anni, a prendere una decisione importante tre anni fa. In Italia non c’erano grandi possibilità per realizzarsi e così, zaino in spalla, Luigi ha lasciato la sua amata città per approdare a Mosca, alla ricerca del proprio futuro.

Luigi, come tanti giovani che lasciano la propria terra, si è tuffato in una nuova avventura, non senza incontrare qualche difficoltà. Ma la sua storia è la storia di chi ce l’ha fatta a conquistarsi un posto nel mondo e ora Luigi ha realizzato il suo sogno, quello di diventare uno chef di successo.

Luigi, com’è nata la passione per la cucina?

In realtà è nata un po’ per caso. Ho iniziato a lavorare come aiutante, poi è diventata una professione intorno ai 26 anni e mi sono specializzato nei piatti a base di pesce. Poi ovviamente lavorando all’estero mi sono aperto anche ad altre culture enogastronomiche.

Al tuo arrivo a Mosca che accoglienza hai avuto?

Inizialmente non è stato semplice, anche perché dopo solo un mese ho perso il lavoro: il ristorante dove lavoravo da italiano è diventato uzbeko, per cui non avevano più bisogno di me. Da quel momento ho avuto parecchie difficoltà, soprattutto nell’approccio con la lingua, con il clima. Tutto così diverso dalla realtà a cui ero abituato, quella napoletana. Poi, pian piano, ho capito che forse ero solo prevenuto e quelle diversità ho imparato ad amarle, a viverle come un arricchimento.

Ora sei chef in un ristorante italiano. Sei soddisfatto? Qual è il tuo piatto forte?

Sì molto. Il ristorante va molto bene, la cucina italiana è apprezzata e i clienti non mancano. Il mio piatto forte è un primo, paccheri cozze e melanzane. Qui va molto la cucina a base di esce, la loro cultura in realtà è basata su altro, soprattutto sulle zuppe.

Com’è l’Italia vista dalla Russia? Tu che la conosci, come arriva ai tuoi, ai loro occhi?

L’Italia è considerata la patria del “bello”, tutto ciò che e’ associato all’Italia suscita interesse, passione. Siamo molto rispettati e a Mosca abbiamo la fortuna di frequentare e di essere parte dell’elite.

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Pizza, pasta: cos’è che della nostra cultura gastronomica tira di più?

In realtà la cultura sovietica si è aperta all’occidente dopo la caduta del muro di Berlino, per cui tutto quello che hanno adesso è stato costruito dopo ed è come se alcune cose ancora non le conoscessero. Ad esempio, la pizza non è un prodotto molto noto. Sicuramente vince la pasta.

Ci racconti un aneddoto curioso che ti è capitato in questi anni?
Quello che so della lingua russa l’ho imparato lavorando nelle cucine, dove spesso il linguaggio è colorito. Per cui spesso mi sono ritrovato in situazioni imbarazzanti dato che mi ritrovavo a mia insaputa a pronunciare parole un po’ sopra le righe!

Hai avuto anche una breve esperienza televisiva qui in Italia, ora gli chef stellati sono protagonisti del piccolo schermo: tra Cracco, Cannavvacciuolo e Chef Rubio a chi ti senti più vicino?

Sì, ho provato l’ebbrezza di essere stato in un studio televisivo mettendomi alla prova. Sceglierei Cannavacciuolo perché è napoletano come me e tifa per il Napoli, ma anche chef Rubio ha il suo perché. Diciamo che mi sento più vicino a Cannavacciuolo per come vive la cucina e per la scelta dei prodotti, soprattutto per i piatti a base di pesce.

E ora, che sfida ti aspetta?

A breve porterò da Napoli a Mosca la mia moto realizzando il sogno di viaggiare a bordo della mia Harley Davidson del 1997.

Un viaggio lungo…

Sì, ben tremila km, ma non mi spaventano. E poi, posso sempre fare qualche sosta!

[Credit Photo Cover: per gentile concessione di Luigi Repoli]