Una scoperta frutto di costante sperimentazione: questa l’origine del fenomeno Marco Selvaggio, percussionista catanese che lo scorso 1 Dicembre ha lanciato il suo primo album – The Eternal Dreamer (per la Waterbirds Records) – con la collaborazione di numerosi artisti di fama internazionale e un protagonista indiscusso: l’Hang.
Tanti gli strumenti che si fondono nella cultura musicale di Marco Selvaggio, ma l’Hang è il suo ‘marchio di fabbrica’: uno degli strumenti di origine svizzera più rari al mondo ed esistente solo in 10.000 esemplari. “L’ho scoperto casualmente passeggiando per le vie di Roma ed è stato subito amore“, ha dichiarato Marco ancora emozionato per il successo del primo concerto di presentazione dell’album tenutosi lo scorso 11 Dicembre a Catania. Lo abbiamo intervistato per conoscere qualcosa in più di questo artista emergente corteggiato dall’estero e presto conteso tra i palchi nazionali e internazionali.

Iniziamo dall’innamoramento per la musica africana, i suoi suoni e strumenti. Com’è scattata la scintilla?

Marco: Ero all’ultimo anno di scuola in gita scolastica a Pisa. Vedo un tamburo e mi innamoro. Pensavo fosse semplice da suonare, ma mai errore fu più grosso. Pensavo bastasse muovere le mani e avrebbe funzionato. Non ero invece così capace, così iniziai ad andare a vedere tutte le serate africane possibili. Per me diventò una sfida. Ho iniziato a seguire corsi di musica africana, stage e master. Ho iniziato nel 2000 con Alù Djeng, maestro senegalese, Djan Camarà, della Guinea, Sourakhatà Diabatè e Famoudou Konatè, e ho preso poi lezioni anche con il batterista di Lucio Dalla. Poi è arrivato l’Hang.

Credits: Fabio Florio
Credits: Fabio Florio
Ecco, l’Hang ti ha cambiato la vita. Cosa ti ha conquistato nello specifico di questo strumento?

Marco: L’Hang è considerato lo strumento più raro al mondo. Una piccola rivoluzione. Passeggiavo per le strade di Roma. Sentivo questo suono bellissimo e ho iniziato a seguirlo per capire da dove venisse. Dietro l’angolo c’era un vagabondo dell’est europa che lo suonava a terra e mi sono innamorato follemente. Chiedendo informazioni pensavo di trovarlo su Google, ma non fu così semplice. Una settimana per trovarlo e un anno e mezzo per riuscire ad averlo. C’era una lista di attesa di quattro anni.

Continua Marco:

Ho iniziato a suonarlo da autodidatta, perché non esistono maestri di Hang. Utopico da avere e difficile da imparare. Ho chiesto aiuto ad altri musicisti, trattandosi di uno strumento sia percussivo che melodico. E ho dedicato nottate intere ad imparare ad usarlo, lavorando io di giorno come avvocato.

Avvocato di giorno, musicista di notte. Hai anche lavorato come DJ in diversi noti locali e girato per vari Festival. Come concili la seriosa carriera forense con l’estro e l’inquietudine della carriera artistica?

Marco: Basterebbe mandarti una foto del mio volto in questo momento. Non ho una vita. La mattina in tribunale. A pranzo allenamenti con la squadra di calcio degli avvocati. Torno in studio e alle 19.00 circa esco e vado a provare fino a mezzanotte. Dopo letto e l’indomani stesso ritmo. Una vita frenetica. Non mi lamento ma, dopo il concerto di lancio del nuovo album lo scorso 11 Dicembre, ho bisogno di un po’ di relax per recuperare le energie.

C’è scetticismo nei confronti della tua professionalità in aula di Tribunale per chi ti conosce come musicista?

Marco: No, anzi. C’è tanta stima e i primi a comprare il CD sono stati i miei colleghi avvocati. Una cosa è il lavoro, un’altra la passione. Anche se adesso la mia musica si sta trasformando in lavoro, rimangono comunque su due piani distinti.

Invece, raccontaci come hai fatto ad essere scoperto dai Coldplay e che emozione è stata per te

Marco: Un colpo di fortuna! Tutto è nato per caso. Nel loro sito web c’era una sezione – Il video del giorno – e ognuno poteva postare il proprio link. L’ho fatto e loro tra migliaia di persone hanno selezionato il mio come “video del giorno”, ed è accaduto ben tre volte con tre video diversi. Chi ha scelto il video mi ha regalato una bella visibilità. Solo in un giorno qualche migliaio di visualizzazioni su YouTube. Una bella emozione.

Parliamo del nuovo disco, The Eternal Dreamer. Raccontaci cosa aspettarci dal suo ascolto

Marco: Un disco particolare, prodotto anche da mio padre, Filippo Selvaggio. Un disco poetico dove molto spazio è lasciato alla fantasia, alla libera interpretazione dei testi in base alle proprie emozioni del momento. Ci sono molte metafore legate ai percorsi della mia vita, il tutto misto a un velo di malinconia, rappresentativo della realtà che ci circonda e che ci accompagna sempre, ma che cela dietro di sé un grandissimo amore per la vita ed una carica ed una forza mai vista prima. La storia di un sogno, il mio, di un uomo che crede nell’amicizia e la forza dell’amore. La casa discografica – la Waterbirds Records – è adesso gestita dalla sorella e dalla madre di Francesco Virlinzi, grande produttore musicale scomparso. Lui ha scoperto Carmen Consoli, Mario Venuti, oltre che grande amico dei REM, di Bruce Springsteen. Un guru della musica e Catania gli è grata.

Continua Marco:

Del disco, prodotto artisticamente da Toni Carbone, ho scritto tutti i testi. Non canto io, bensì sette artisti di fama internazionale che ho scelto uno per uno in oltre un anno e mezzo di ricerca e selezione di voci. Ho ascoltato oltre 50 voci per canzone, quindi 350 cantanti diversi in tutto il mondo. Alla fine gli artisti che mi affiancano sono The Niro, Anne Ducros, Daniel Martin Moore, Sidsel Ben Semmane, Dan Davidson dei Tupelo Honey, Hazel Tratt, Haydn Cox: andiamo da protagonisti dell’Eurovision ad artisti che hanno collaborato con Bon Jovi. Grandi artisti che rendono diversa la percezione di ogni canzone, regalando fluidità al disco, davvero interessante da ascoltare.

In tour quando andrai?

Marco: Non ci voglio pensare. Ho i brividi (ride). Dopo l’11 Dicembre, la data d’esordio, mi prenderò una pausa fino a Gennaio. Poi inizierò a fissare le tappe, penso soprattutto all’estero.

Il palco da cui vorresti esibirti a tutti i costi qual è?

Marco: L’ho già conosciuto: il Teatro Massimo di Catania. Avere pieno il teatro di casa propria dà un’emozione indescrivibile.

Credits: Fabio Florio
Credits: Fabio Florio
La collaborazione che speri di realizzare nel tuo futuro?

Marco: Damien Rice lo adoro. L’ho conosciuto a Milano e sarebbe bellissimo. Ma se fosse anche Ben Harper, sarei felicissimo altrettanto. Ho suonato con Arisa ultimamente per un evento benefico. E’ rimasta incantata dall’Hang e spero in futuro ricapiterà di suonare insieme. Le è piaciuto il mio strumento, chissà qualche collaborazione per un suo futuro disco.

Grazie a Marco Selvaggio da Il Giornale Digitale