In un pomeriggio milanese freddo quanto basta arriviamo sulla soglia del teatro San Babila, uno dei palchi storici tra gli innumerevoli teatri del capoluogo lombardo. Qui Mario Zucca (attore e doppiatore, ma anche comico e personaggio televisivo in “Drive in”) e la moglie Marina Thovez (anch’essa famosa attrice e doppiatrice) stanno mettendo in scena “Casina”, celebre commedia plautina. Siamo preparati e abbiamo già visto lo spettacolo la sera prima, e oggi scendiamo nei camerini a fare due chiacchiere con i protagonistici (e unici interpreti di una commedia con sette personaggi principali!).Iniziamo a parlare con l’attrice e regista della rappresentazione Marina Thovez su perché Plauto, ma soprattutto perché oggi Plauto. Parliamo poi con entrambi di Expo e del teatro di oggi in Italia.
Rappresentare Plauto, e rappresentarlo in una maniera giovane e con molti richiami moderni è una decisione che vuol dirci che il commediografo latino ha ancora qualcosa da dirci?
MT: Osservazione giustissima, la scommessa era quella di rendere Plauto attuale non ammodernandolo ma invecchiandolo, cioè invecchiare il pubblico: rispolverare quella che era la società romana dell’epoca, ricostruire i rapporti tra le famiglie, motore della comicità plautina e renderlo perspicuo per il pubblico. In questo modo Plauto è tornato ad essere quel genio moderno che ancora è, semplicemente perché il pubblico con questo adattamento ha avuto modo di calarsi pienamente in quella che era la realtà romana dell’epoca: una Roma repubblicana, ancora contadina e militare ma comunque sensibile al teatro e dove esisteva il rapporto di schiavitù, cosa che noi non conosciamo e va “spiegata” al pubblico. Plauto ha ancora qualcosa da dirci perché penso che nessuno sia ancora riuscito ad eguagliare la sua capacità di trovare qualcosa di comico in ogni piega del nostro animo, in ogni nostra tendenza, con quella fantasia così birichina e rivoluzionaria.
Siamo a Milano e non possiamo non parlare di Expo: vetrina di un’Italia conosciuta nel mondo anche per la cultura millenaria di cui dovrebbe essere portatrice. Ma in questi anni abbiamo davvero qualcosa da dire al mondo, specialmente in ambito di innovazione e scommessa sulla cultura?
MT: A volte sono ottimista e a volte pessimista su questo tema, anzi forse lo sono in contemporanea. Da un lato vedo il grande talento italiano che nell’iniziativa privata è ancora fortissimo in moltissimi settori e dall’altro vedo una disorganizzazione e l’incapacità di gestire questo talento, forse non soltanto per colpa dei governi ma anche per una nostra debolezza caratteriale. Quindi non posso fare previsioni su quello che succederà ad Expo, certo che se ci paragoniamo a quello che siamo stati nel periodo di Plauto, nel rinascimento e fino al ‘900 e a tutto quello che abbiamo dato al mondo in quei tempi, oggi stiamo vivendo solo di rendita, di quello che la cultura ha regalato a noi, che ci ha permeato in tutti questi secoli, senza la quale noi non saremmo per nulla considerati, saremmo in pratica una nazione che non ha nulla da insegnare alle altre nazioni. Non nego che ci siano iniziative encomiabili in diversi settori però lo stato generale è questo, un po’ malato e coricato.
MZ: Con tutti gli scandali che stanno avvenendo, anche oggi con la scoperta di ulteriori infiltrazioni della ‘Ndrangheta, non è che ci stiamo ponendo bene: rimaniamo quelli che siamo sempre, non riusciamo a fare qualcosa di bello neanche nei momenti più importanti. Hanno arrestato più di mille persone da quando i lavori sono partiti (in ritardo); stanno rincorrendo tutti una cosa che io trovo tra le più inutili al mondo. Quando poi finiscono questi Expo, finisce anche tutto ciò che li ha ospitati. Abbiamo il primo esempio a Torino ’61, per il centenario dell’Unità d’Italia hanno messo in piedi una marea di strutture, come anche per le olimpiadi del 2006 che poi sono fatiscenti e non vengono utilizzate. La domanda che mi sorge è quindi: tutti questi padiglioni che fine faranno? Tantissimo cemento che non serve assolutamente a nulla: Expo è una cosa che va al di fuori di noi, oggi con internet che senso ha visitare gli espositori? Lo vedi su internet quello che puoi comprare, ma è un business enormemente sopra di noi e al nostro piccolo mondo.
Durante lo spettacolo si scopre che se ne sono andati via il tecnico delle luci, lo scenografo, il macchinista e la sarta. Questa forma di ironia può essere interpretata come una denuncia di un teatro che sta perdendo colpi rispetto ad un pubblico che oggi ha richieste diverse?
MT: Ma no, il teatro non deve essere adattato, il teatro è per forza adatto perché nasce adesso, con un attore che sale sul palco a recitare. Esso è fatto sia di scrittura che di regia e di interpretazione e, quandanche qualcuno facesse Eschilo o Plauto esattamente come sono stati scritti è inevitabilmente un teatro moderno, perché tanto la regia quanto l’interpretazione dell’attore sono vive e accadono adesso. Esso è dunque una forma di spettacolo e di letteratura in evoluzione. Io con questa situazione paradossale in cui i macchinisti, il sarto e molte figure che lavorano dietro le quinte abbandonano il teatro volevo lanciare il mio piccolo lazo contro lo stato attuale della cultura in Italia, che è abbandonata per cose che si crede siano più redditizie, ma effettivamente non lo sono. C’è una grande ignoranza alla base di questo e una grande lucidità del mercato che vuole incassare in un altro modo fa si che la cultura normalmente venga associata al detto “Litterae non dant panem”, ma questo non è vero, e allora io ho voluto semplicemente e con ironia sottolineare lo stato di salute un po’precario della cultura in Italia.
MZ: Beh questa è una verità, se i miliardi spesi per Expo fossero stati spesi per lo sviluppo della cultura nel nostro paese, per il teatro, non ci sarebbero compagnie come la nostra, che non hanno sovvenzioni e vivono solamente di incassi e di serate. Quindi bisognerebbe davvero avere un occhio di riguardo per queste cose, invece che buttare via i soldi in cose che vanno ad arricchire sempre i soliti, business “segreti” che non fanno alcun bene al paese ma che tolgono qualcosa a settori che sarebbero davvero meritevoli, oltre che bisognosi, di sovvenzioni ed aiuti.
Un ringraziamento ulteriore, rispetto a quello che riserviamo agli attori, va al direttore artistico del teatro San Babila, Marco Vaccari, che è stato gentilmente disponibile nel farci realizzare questa intervista esclusiva.