Qualcuno lo definisce come l’erede naturale di Gabriel Garko. Vero o no, di sicuro Massimiliano Morra è tra i volti rivelazione dell’ultima stagione televisiva. L’esordio, nemmeno un anno fa, nella miniserie «Pupetta – il coraggio e la passione» con Manuela Arcuri. Un successo bissato qualche mese più tardi con «Baciamo le mani» accanto a Virna Lisi e Sabrina Ferilli, e il «Peccato e la Vergogna 2». Un passato da modello alle spalle e una laurea in medicina quasi in tasca, Massimiliano Morra è ormai tra le star del piccolo schermo più amate dal pubblico nostrano. In questi giorni l’attore è di nuovo sugli schermi di Canale 5 con «Furore – il vento della speranza», nuova fiction in sei puntate prodotta dalla Ares Film ambientata nell’Italia dell’immediato dopoguerra ad un passo dal boom economico. Un periodo storico raccontato attraverso la vicenda della famiglia Licata, che dalla Sicilia emigra in Liguria in cerca di fortuna e lavoro scontrandosi con i pregiudizi di una società fortemente razzista. Dopo «Furore», all’orizzonte per Massimiliano altri progetti televisivi su cui, per scaramanzia e da buon napoletano, non si è voluto sbilanciare troppo. Ma qualcosa durante la nostra intervista ce l’ha confessato: un sogno nel cassetto che ha a che fare con il cinema, quello con la C maiuscola.
Mercoledì 14 maggio è andata in onda su Canale 5 la prima puntata di «Furore – il vento della speranza». Puoi parlarci di questo progetto e del personaggio che interpreti, Saro Licata?
Massimiliano Morra: «Furore» è sicuramente un prodotto nuovo, nel senso che tratta una tematica che forse è stata affrontata pochissime volte in televisione ovvero il distacco sociale che c’è stato tra Nord e Sud Italia negli anni cinquanta subito dopo la guerra, un argomento ancora molto attuale nell’Italia di oggi dove continuano ad esistere differenze tra nord e sud e forme di razzismo, basta vedere alcuni partiti politici. Il mio personaggio è Saro Licata, è il secondo dei fratelli Licata, emigrato con la sua famiglia dall’entroterra siculo alla volta della Liguria. È un siciliano doc, ed io da napoletano ho avuto qualche difficoltà iniziale con il dialetto, che però ho risolto con l’aiuto di un coach. È stato un personaggio particolarmente difficile da interpretare perché completamente diverso da me: è un ragazzo idealista ed estremamente impulsivo. Nel corso della serie vivrà una bellissima quanto tormentata storia d’amore con una sindacalista del posto, Irma Voglino, che è interpretata da Giuliana De Sio. E poi vivrà anche un conflitto con il fratello più grande Vito (Francesco Testi) per motivi che scoprirete continuando a guardare «Furore».

«Furore» è già diventato un caso prima di andare in onda per una presunta rappresentazione razzista del Nord. Da napoletano, ti è mai capitato di sentirti in qualche modo discriminato o vittima dei pregiudizi a causa del tuo luogo d’origine?
Massimiliano Morra: Assolutamente sì. Mi è capitato varie volte, ma due le ricordo bene e ci sono rimasto un po’ male. La prima volta ero bambino, in vacanza con i miei genitori, e sentì il nostro vicino settentrionale dire che i napoletani erano peggio dei romani e dei siciliani. Un’affermazione poco gradevole. La seconda volta mi è capitata più di recente, circa quattro anni fa, a Milano, quando lavoravo nella moda. Durante un provino un casting director mi disse ‘tu sei napoletano, che sei venuto a fare il modello’. A quel provino non fui preso, credo anche per questo. Sono quelle esperienze che comunque ti fanno capire che il problema certe volte c’è ancora. L’accanimento mi è sembrato del tutto immotivato.
Il personaggio di «Furore» si stacca un po’ dai precedenti che hai fatto. C’è invece un ruolo che ancora non hai interpretato e che ti piacerebbe affrontare?
Massimiliano Morra: Ce ne sono tanti, però mi piacerebbe davvero fare il cattivo, quello con la C che non ho mai fatto. Anche se paradossalmente è più difficile interpretare un personaggio buono perché il cattivo è mono espressivo, non ha emozioni, il viso è sempre statico, il buono invece deve avere un po’ più sfumature. Però è un ruolo che mi divertirebbe molto fare, perchè mi metterei in gioco sul serio.

Hai iniziato facendo il modello mentre studiavi Medicina a Napoli. Quando hai deciso che volevi fare l’attore?
Massimiliano Morra: L’attore è una cosa che desideravo fare fin da piccolo. Quando vedevo un film mi affascinava l’idea che tramite uno schermo si riuscissero a trasmettere emozioni al pubblico. Ovviamente la consapevolezza è arrivata nel tempo. Da bambino era solo un sogno, poi intorno ai diciassette anni ho iniziato a pensare di intraprendere seriamente questa professione, perché mi piaceva e perché sono una persona abbastanza egocentrica che ama mettersi in gioco sotto tanti punti di vista. Poi ovviamente ho avuto anche fortuna, che è sempre una componente fondamentale se non a volte determinante in questo lavoro. Però nel frattempo mi costruivo il cosiddetto piano B andando all’Università e tutt’ora continuo a studiare, anche se molto a rilento, i tempi sono quelli che sono, mi mancano tre esami alla laurea e cerco di fare entrambe le cose.
Ti definiscono l’erede di Gabriel Garko anche se forse stai diventando un suo diretto concorrente. C’è invece qualcuno a cui ti ispiri?
Massimiliano Morra: Si c’è ed è Alain Delon. È un po’ il mio punto di riferimento, il mio idolo, ho visto praticamente tutti i suoi film. Un grande del cinema mondiale negli anni ’60 e ’70, un epoca d’oro per il cinema anche per quello italiano, che allora era veramente con la C maiuscola.
Finora hai fatto una carriera soprattutto televisiva, parlando appunto di cinema, ci pensi o hai dei progetti in ballo? Con quale regista vorresti lavorare?
Massimiliano Morra: Si ho delle proposte in ballo. È ancora prematuro parlarne ma si sta muovendo qualcosa anche in questo senso e spero vadano in porto perché ci tengo a fare qualcosa al cinema, ma lo stesso discorso vale anche per il teatro perché un attore deve essere completo a 360°. Sicuramente oggi come oggi è più impegnativo fare fiction per il semplice fatto che giriamo tante cose al giorno in tempi strettissimi, quindi per un attore serve una preparazione notevole sul set perché non c’è tempo. Però ovviamente il cinema è sempre il cinema, e io ci credo in questo. Tra i registi con cui mi piacerebbe lavorare, sicuramente c’è Giuseppe Tornatore. È il mio preferito.

Di progetti televisivi invece all’orizzonte c’è qualcosa di cui ci puoi parlare? Si ipotizzava un terzo capitolo di «Il peccato e la vergogna».
Massimiliano Morra: Ci sono tante ipotesi che sto valutando, ma finchè non firmo non ne parlo, sono un po’ come San Tommaso, vedere per credere. «Il peccato e la vergogna 3» è ancora in stand by, però probabilmente la faranno perché un finale vero e proprio non c’è stato, quindi il pubblico giustamente ce lo chiede perché è rimasto un po’ con un punto interrogativo, soprattutto quando il mio personaggio nel finale si è tolto la tonaca. Quindi assolutamente se si dovesse fare tornerei e sarò uno dei protagonisti. Ma non c’è nulla di concreto ancora. Intanto mi godo la messa in onda di «Furore» che è un bel prodotto e un grandissimo lavoro di squadra in cui tutti abbiamo speso tante energie, dalla troupe agli attori e al regista. Poi dopo «Furore» vedremo quel che succederà.
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