Tra Maurizio Lastrico e il palco di Zelig l’amore è sbocciato nel 2010, e da allora non si è mai sopito. Comico ma non solo, Maurizio è attore e autore dal 2006, vantando un bagaglio di opere shakespeariane, insieme ad intramontabili di Goldoni e Tolstoj, tra le sue interpretazioni teatrali. Conosciuto anche al cinema in Sole a Catinelle di Checco Zalone, Maurizio conferma la sua verve comica, ma non smentisce la sua forza drammatica e l’eclettismo recitativo che lo consacra un attore a tuttotondo. Segno distintivo del suo repertorio è la sperimentazione linguistica che lo avvicina al pubblico attraverso endecasillabi danteschi narranti vicende strappate al quotidiano. Piace? Indiscutibilmente, come confermano gli oltre 40.000 fan della sua pagina Facebook e le oltre 1000 interazioni che ogni sua battuta social scatena. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente in vista della sua prossima tournée teatrale dal nome curioso: Quello che parla strano. Il perché del nome lo abbiamo chiesto proprio a lui.
Un titolo originale – Quello che parla strano– da cosa nasce e di cosa tratterà lo spettacolo che porterai nei teatri italiani dal 31 Dicembre al Politeama Genovese?
Maurizio: Lo spettacolo è una raccolta dei pezzi che mi è piaciuto di più fare, quindi tutto il percorso della Divina Commedia rivisitata e le sperimentazioni degli ultimi anni. Il nome nasce dal fatto che quando le persone mi incontrano dicono “Eh, è quello che parla medievale“, quindi Quello che parla strano vuole essere una definizione, che in realtà non lo è, ma denota quello che piace a me, quindi il linguaggio, da educatore quale sono stato e amante della poesia.
La tua comicità ha delle connotazioni particolari: da cosa nasce? Cosa ti ha ispirato?
Maurizio: Le cose di tutti i giorni. Ho vissuto in un quartiere a Genova – in periferia – dove lo slang era la caratteristica di tutti. Lì ogni microcompagnia coniava i suoi termini. L’umorismo è sempre stata qualcosa per farsi apprezzare, avendo poche altre opportunità. Sono sempre stato affascinato da chi ha un linguaggio comico, in TV come per la strada.
L’idea di rivisitare la Divina Commedia da dove nasce invece?
Maurizio: Quella nasce alla scuola di recitazione, allo Stabile di Genova, dove ce la facevano fare spesso. Mi ritrovai a scrivere un incontro con un punkabbestia metropolitano – senza pensare al risvolto cabarettistico – che parafrasava l’incontro tra Dante e Virgilio nel primo canto. Da lì è nato tutto.
Zelig, bellissima esperienza che quest’anno concluderai l’11 Dicembre. Cosa rappresenta il palco di Zelig per un comico?
Maurizio: Il palco più importante della comicità italiana. Una grossa responsabilità, ma al contempo una bella opportunità di incontrare il pubblico con le tue proposte. Lascia grande libertà e di questo va dato atto agli autori. Questo è un momento forse un po’ difficile per la comicità, ma Zelig resta un baluardo. E sono orgoglioso di farne parte.
Ritieni Zelig più una palestra o un traguardo?
Maurizio: Interessante domanda. Contiene entrambi gli aspetti come tutte le grandi esperienze della vita. Lo vedo più come un ckeckpoint del tuo lavoro, per capire come ci si sta comportando dopo il lavoro di tutto l’anno. Ci si incontra e confronta anche con gli altri che vengono da tutta Italia e si capisce in che direzione sta andando la comicità. Un bellissimo premio poterci essere, ma pensarlo come traguardo sarebbe un autogol per un comico. Incamerata la soddisfazione di esserci, occorre sapere che è una cosa in movimento e nella sperimentazione e nel cambiamento risiede la chiave per fare qualcosa di buono.
C’è un neo che individui nella comicità italiana e, se sì, la cura che potrebbe eliminarlo qual è per te?
Maurizio: Non saprei. La comicità può avere un appeal inferiore in questo momento. Credo che certe formule siano arrivate al capolinea. Se guardiamo all’estero sono più portati verso una forma di narrazione. Forse occorre strutturarsi di più e raccontare delle cose. La formula Zelig ha delle regole precise, come tempistica e densità di battute. Questa formula, esercizio di stile, forse va affiancata anche a qualcosa altro. Tutti noi comici ci rimbocchiamo le maniche e riprendiamo a fare spettacoli dal vivo, a contatto con la gente. L’anno di pausa di Zelig è servito a noi tutti per sperimentare delle cose. Vediamo il talent show dietro l’angolo. Una formula che probabilmente verrà. Siamo in pieno dibattito, ma affrontare un talent show con la mentalità comica può essere una bella cosa.
Il tuo prossimo obiettivo – teatro a parte – qual è?
Maurizio: Una maggiore serenità personale. Poter vivere la mia vita privata in maniera più bella e ricca di incontri e affetti, da poter poi trasferire anche nel mio lavoro. Questo mi ha assorbito tanto, perché Zelig l’ho preparato con tanto scrupolo, magari abbandonando alcune parti della mia vita importanti. Per il resto sarei contentissimo di continuare a vivere così.
Se potessi scegliere con chi far coppia, con chi duetteresti?
Maurizio: Rocco Tanica sicuramente. Vorrei confrontarmi con lui. Anche Guzzanti mi piacerebbe molto. Più che un duetto, vorrei avere un posto nostro dove confrontarci con i comici più grandi. La televisione per tempi e budget non può consentirci questo. Siamo tanti singoli che si incontrano per fare le loro esibizioni un po’ a compartimenti stagni, anche se gli autori premono per fare delle interazioni. Per far questo però occorre prepararsi e studiarle prima.
Continua Maurizio:
Un comico ha quel trasporto di portare una cosa alla gente quando si innamora di un’idea. Se avessimo un posto dove riunirsi anche un paio di volte la settimana sarebbe una grande cosa.
Un salotto della comicità?
Maurizio: Anche un ostello andrebbe bene.
Al cinema hai recitato in Sole a Catinelle, ma con quale regista vorresti lavorare in futuro?
Maurizio: Mi piacerebbe spostarmi dalla comicità. Io continuo a teatro a fare l’attore, a breve sono in scena con Il Bugiardo di Goldoni. Poi ho lavorato con Zanasi nel film di Mastandrea La felicità è un sistema complesso, che uscirà a breve. Sono aperto a ruoli distanti dal comico. Mi piacerebbe un personaggio che richieda uno studio, che abbia umanità.
Ti piacerebbe portare la tua arte all’estero?
Maurizio: Sarebbe una gran cosa. Ho lavorato come educatore in Francia ed è un luogo dove si sperimenta molto con forme di narrazione comica e progetti particolari. Mi piacerebbe.
Ci salutiamo con una battuta per i lettori de Il Giornale Digitale che ti leggeranno?
Maurizio: Certo, eccola.
Vi giunga un saluto emozionale
che sia per tutti voi di buon auspizio
o amici del Giornale Digitale
saluti da Lastrico Maurizio
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