È difficile immaginare soprusi e atrocità estreme quando si vive nella parte di mondo ‘giusta’, ovvero quella nella quale, nonostante fisiologiche difficoltà, si riesce a tirare avanti degnamente.
Per noi occidentali evoluti il Messico non è altro che un luogo in cui trascorrere le vacanze natalizie, e in cui sentirci un po’ come De Sica nell’ennesimo cinepanettone.
E invece il paese nasconde un profilo tragico e sconvolgente, fatto di enormi lacune e misfatti inenarrabili.
Il vaso di Pandora è stato scoperchiato lo scorso settembre in seguito alla strage di Iguala, nello stato di Guerriero, luogo nel quale furono trucidati 43 studenti di Ayotzinapa.
Stando alle cronache non si è trattato di uno sterminio isolato, in quanto non sarebbe la prima volta che vengono uccisi studenti innocenti, i cui corpi vengono misteriosamente fatti sparire.
Il fenomeno dei desaparecidos interessa il Messico da moltissimi anni e secondo le stime gli scomparsi nel nulla sarebbero quasi 30 mila. Inevitabile se si pensa che nel paese si registra una vera e propria emergenza umanitaria provocata dalla totale assenza di diritti e libertà fondamentali.
Nel paese c’è un enorme malcontento causato dalla mancanza di libertà di espressione e di stampa, e da un livello di repressione tale da risultare inverosimile al resto del mondo.
Le sparizioni sono dovute alla sempre più forte coscienza sociale dei più giovani, i quali lottano da anni per i propri diritti mettendo a repentaglio la propria vita.
Gli studenti di Ayotzinapa altro non erano che figli di contadini che hanno lottato per un futuro migliore, per vedere riconosciuti i propri diritti e per conquistare la più grande delle libertà: la parola.
Per tappargli la bocca è stato fatto di tutto: niente acqua, niente cibo e elettricità. Le condizioni di vita sono state rese ancora più disumane da chi vede nello stato sociale un motivo di rinuncia al proprio potere.
Nonostante privazioni ai limiti della umanità i giovani hanno continuato a lottare con fermezza, difendendo persino il diritto allo studio.
Le scuole messicane sono decisamente umili: le lezioni vengono impartite nella lingua locale e i ragazzi sono autonomi e autogestiti. La lingua spagnola viene insegnata come lingua straniera, in luoghi dove la devastazione lascia poco spazio a una sana formazione degli individui.
La condizione degli sterminati di Ayotzinapa era proprio quella che si descrive; la loro identità di studenti passava per luoghi semplici e poveri mezzi.
La loro uccisione è avvenuta la notte del 26 settembre scorso, mentre senza armi provavano ad appropriarsi di alcuni camion con cui manifestare il 2 ottobre. Ed è proprio intorno a quell’evento che galleggiano le bugie del governo Messicano; la giornalista Anabel Hernàndez, che indaga sulla strage, ha dovuto preparare le valigie e scappare via per continuare l’inchiesta in sicurezza.
Il governo avrebbe incolpato il sindaco di Iguala, Luis Abarca, divulgando la notizia che i ragazzi fossero stati eliminati durante un suo comizio, così da evitare sommosse e contestazioni. Ma la polizia municipale, munita anche essa di mezzi insufficienti, non sarebbe mai riuscita compiere il massacro.
Secondo diverse inchieste ad agire sarebbe stata la polizia federale, comandata come un drone dai vertici politici. Ci sono infatti diversi video che dimostrano la presenza sul posto di agenti federali già prima che avvenisse il massacro, come la stessa Anabel Hernàndez dichiara senza timori.
E la storia delle proteste politiche risulta un mero espediente per giustificare l’operazione agli occhi della opinione pubblica.
Nonostante la questione venga taciuta a livello internazionale il Messico vive uno stato di caos totale, nel quale i diritti umani sono stati compressi all’inverosimile.
La sociologa e giornalista Marta Duràn descrive il paese in questa maniera:
Questo è il paese dei massacri verso gli indigeni, verso i contadini, verso gli studenti disarmati, verso i civili.
Il Messico è il paese delle sparizioni forzate, dell’esilio. Per tutta questa catastrofe umanitaria, sempre c’è una responsabilità dello Stato per omissione, per complicità o per azione diretta
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Un paese fatto di silenzio e omertà, nel quale ogni anno muoiono per omicidio 15 mila persone senza che la legge intervenga con indagini. La criminalità resta impunita sistematicamente, senza che ci sia alcun intervento da parte della Autorità centrale. Ed è proprio quest’ultima a tagliare la testa a qualsiasi tentativo di costruire una coscienza civile, elemento che minaccerebbe fatalmente i consolidati giochi di potere.
La comunità internazionale tace pericolosamente sulla questione, lasciando allo sbando un paese nel quale la vita vale meno di una sigaretta o una dose di droga.
[Fonte foto cover: leorugens.wordpress.com]