“A Natale si è tutti più buoni“. Negli spot, dalla favella delle vecchie generazioni, dal personale sentire: la avvertiamo quella bontà e iniziamo a crederci. Perché, tranne nel parcheggio del centro commerciale durante l’ultima corsa ai regali, ci sentiamo davvero più generosi, solidali, comprensivi. Ci sentiamo più inclini alla condivisione e doniamo per qualche giorno agli altri il regalo più prezioso: il tempo. Ed è lecito chiedersi se la colpa sia di lucine e coccarde, se la cali dal camino Santa Claus o se invece cada dal cielo come neve.
Con più concretezza e cognizione di causa, la psicologia spiega perché a Natale siamo o ci sentiamo tutti più buoni, attraverso le parole dello psicologo Davide Baventore (psicologia sistemica.net) e della psicologa Usilla Arianna (Studio di Psicologia UV) per Marieclaire. “Il Natale è la festa della famiglia per eccellenza, il momento in cui ci concediamo lo spazio e il tempo per stare con le persone che amiamo e per rivedere quelle che vivono lontane. L’abbiamo vissuta fin da piccoli come un momento di festeggiamenti, di incontri; il momento in cui genitori e parenti ci avrebbero dedicato quell’attenzione particolare e personalizzata che è simboleggiata dalla tradizione dei regali. Regalare qualcosa a qualcuno significa dedicare un pensiero particolare alla persona che lo deve ricevere, cercare di intuirne i gusti e scegliere cosa lo può fare felice.” A Natale ci si ritrova, ci si racconta, ci si concede il tempo che la condivisione intima e scelta richiede. Raccogliersi attorno ai simboli natalizi, con gli affetti di sempre, è una delle più grandi gioie del Natale, seguita a ruota, ironizzando, dalle delizie culinarie tipiche del periodo.
E continua la psicologa Usilla Arianna: “È il momento della magia dell’immaginazione: da piccoli ci hanno raccontato di un signore barbuto e gentile che lavora tutto l’anno per regalare felicità ai bambini e anche se poi abbiamo scoperto che quella storia non è vera ci è rimasto dentro il sapore dell’attesa, l’eccitazione della scoperta e la magia dell’ignoto. Certo, non per tutti le esperienze infantili sono state ugualmente felici e allo stesso modo la situazione attuale, quando non serena, può influire sul nostro modo di vivere momenti di festa e condivisione, creando – al posto della gioia e dell’attesa – un sentimento di ansia o di malinconia. Ricordiamoci che possiamo sfruttare proprio queste situazioni per trasformare le sensazioni negative in costruttive, per esempio, scegliendo come impostare i nostri festeggiamenti, chi coinvolgere e che cosa ci piacerebbe fare. Se la tradizione ci rattrista, insomma, non è detto che non possiamo crearne una nuova che risponda meglio ai nostri desideri e alle nostre attuali esigenze affettive e relazionali.” Crediamo nella figura del Babbo barbuto, poi iniziamo a credere nella famiglia, nell’unione, negli affetti, nella felicità. La avvertiamo quella felicità, nella fantasia dei regali, nei piccoli gesti di solidarietà, nell’atmosfera calda e accogliente di una casa piena di luci, nelle leccornie preparate con amore da mani amiche, nella magia della notte di Natale. Ci sentiamo, durante una festa che segna quasi la fine dell’anno, pieni di buoni propositi per un nuovo inizio.
E poi cos’altro? Aiutare gli altri ci purifica e ci rende indispensabili, condizione questa, che determina il nostro ruolo all’interno di un gruppo sociale più o meno ristretto, che sia la famiglia o un contesto differente. Per non parlare della maggiore fisicità di questo periodo: tra baci, abbracci, coccole, presenze e nostalgie in stand by, il nostro livello di serotonina aumenta rendendoci rilassati e sereni.
Dunque è vero, a Natale siamo tutti più buoni e, forse, se ci crediamo davvero, non è impossibile che riusciamo ad esserlo ogni santo giorno.