Forse Angela Merkel non è informata sul lavoro che rese famoso, nell’estate del 2011, il Dipartimento di Politica e Studi Economici dell’Università di Helsinki, quando venne pubblicato un paper scientifico curato da Tatu Westling, ricercatore in Economia Politica, dedicato allo studio della relazione tra crescita economica e lunghezza del membro maschile tra il 1960 e il 1985 in 121 paesi del mondo.
La Cancelliera tedesca si dichiara molto colpita dal piano di azione del neogovernatore italiano, Renzi, con particolare riferimento al Jobs Act che affonderebbe le radici nel tanto prescritto rigore, con l’intento di aggiustare la struttura economica italiana. Stretta di mano, l’obiettivo è la Crescita, neanche a dirlo.
Avremmo dovuto perciò tenere informata Merkel, a capo di una rovinosa spedizione europea, che oggi saprebbe almeno come scegliersi gli alleati, anziché accontentarsi di chiunque le dica “sì”: grazie all’analisi del “”Male Organ and Economic Growth: Does Size
Matter?”” è stata definita una relazione inversa tra prestazione del prodotto interno lordo e virilità, per cui il livello di massima crescita economica dei Paesi risulta correlata ad una lunghezza media dell’organo maschile di 13,5 cm.
Anch’io, nel caldo agosto di quell’anno, lì per lì non stavo attribuendo importanza alla notizia, infastidita dal solito utilizzo di temi sessuali per richiamare l’attenzione su altre cose, che sia un servizio pubblicizzato da una donna seminuda sui cartelloni in strada piuttosto che la battuta a doppio senso per far memorizzare la marca di un prodotto. Ma andai a cercare il paper e lo lessi. Rimasi sconvolta dall’attendibilità statistica dei risultati.
Che cos’è la “Crescita” per l’economia
Il tema della crescita economica ha scatenato l’impegno intellettuale per decenni, senza che probabilmente ne siamo ancora usciti interi. Ad ogni modo, è stato deciso che cosa determinerebbe la Crescita di un Paese.
Attraverso l’ipotesi di convergenza condizionata del 1956, Solow vinse infatti il Premio Nobel per il modello neoclassico di crescita che oggi è alla base degli studi economici.
Alla fine degli anni ’50, insomma, passò alla storia il famoso “modello di Solow” secondo il quale ci sono tre condizioni per stimolare la crescita economica: la concorrenza perfetta, la costanza del tasso di crescita (sia del progresso tecnico che della popolazione) e i rendimenti di scala costanti della funzione di produzione.
Questo significa che, secondo la teoria, i tassi di crescita non sono la somma di buoni fattori presenti in una situazione economia, ma dipendono anche da fattori esterni alla crescita stessa.
Se pensiamo per esempio che solo in Italia gran parte della crescita non avviene non per mancanza di risorse o di specialisti nei vari grandi settori economici, bensì a causa del sistema e delle infrastrutture che pesano sulla reale capacità di rendere competitive le risorse capitali ed umane (banalmente abbassando la tassazione piuttosto che favorendo gli investimenti nei territori), possiamo comprendere immediatamente cosa significhi spiegare un fenomeno di crescita economica attraverso il modello di Solow.
Consideriamo ora non più solo un Paese preso singolarmente, ma due sistemi economici differenti e inseriamoli in un’immaginaria gara per il raggiungimento di un risultato economico.
Se allo start presentano entrambi la stessa tecnologia, la stessa propensione al risparmio e gli stessi tassi di sviluppo demografici e di progresso tecnologico, ma questi Paesi sono diversi per variabili endogene, cioè hanno appunto un sistema di infrastrutture differenti, vedremo raggiungere l’obiettivo non dal Paese più “potente”, ma da quello che è dotato di un sistema che gli permette semplicemente di correre di più rispetto all’altro.
I genitali maschili sono una variabile endogena statisticamente valida
Se applichiamo ad entrambi i Paesi in gara il modello di Solow potremo infine notare che la convergenza delle due economie sarebbe stata diversa anche nell’ipotesi in cui una delle due fosse partita con una dotazione di capitale proporzionalmente minore.
Dal punto di vista metodico, introdurre le variabili esterne al modello che dovrebbero spiegarci il perché di un certo risultato, significa manipolarle, e statisticamente non significa fare errori, anzi, paradossalmente, significa diminuire il margine di errore del modello teorico.
Ma arriviamo al dunque. Con la divulgazione delle applicazioni al modello di Solow fatta dal ricercatore finlandese oggi sappiamo che anche introducendo un’altra variabile, nello specifico quella della dotazione dei genitali maschili, i risultati di crescita cambiano.
La ricerca sulle dimensioni che contano
Westling infatti, utilizzando un dataset di 121 paesi, ha ottenuto una stima sulle dimensioni dei genitali maschili, graficamente illustrata da una curva a forma di U rovesciata, che descrive il rapporto di correlazione con il livello di PIL raggiunto, con una variazione spiegata del 15%.
Dai calcoli di Westling risulta che il massimo della salute economica di un Paese entra in crisi ogni successivo centimetro in più di dotazione genitale maschile, contribuendo perciò ad una riduzione del Pil del 6% in media. Quando il membro eccede in lunghezza si assiste alla caduta di interi punti percentuali del Pil.
Da un punto di vista strettamente statistico questa è una correlazione, ma non introduce una relazione di causa ed effetto.
In base a ciò è stato possibile definire in quale condizione il Pil massimizza le sue performance, ovvero quando la dimensione del membro maschile è di circa 13,5 centimetri.
Al contrario, un crollo nello sviluppo economico è identificato dalla situazione in cui la dimensione dell’organo maschile supera i 16 centimetri.
Infatti, emerge dallo studio, che la crescita economica tra il 1960 e il 1985 è associata negativamente alla dimensione dell’organo maschile.
Infine, dato non meno importante, la variabile “virilità” spiega da sola il 20% il totale della variazione della crescita del Pil.
Si legge inoltre nella pubblicazione che la dimensione dell’organo maschile, mantenute le dovute riserve, risulta perciò essere una variabile più importante anche del regime politico adottato da un Paese, tale da determinarne con più influenza la crescita del Pil e, dal punto di vista delle politiche, controllare la lunghezza dell’organo maschile permetterebbe di rallentare la convergenza e ridurre l’effetto negativo di crescita della popolazione.
Sebbene possa apparire suggestiva e poco fondata, in questa fase la ricerca ha però tutte le prove a suo favore, perché sono molto precise e si basano su correlazioni sorprendentemente forti, anche quando vengono effettuati controlli sulle variabili per falsificarne i risultati.
Non tanto per evitare l’ignoranza, ma per permettere all’ironia di liberarcene, non ci resta che dare un’occhiata alle mappe che descrivono il fenomeno sulla popolazione maschile mondiale e provare a fare due conti con la storia dell’economia.
Ad onore della cronaca, va aggiunto che nell’aprile 2013 lo studio di Tatu Westling venne portato avanti con Otto Kassi e venne pubblicato il “Demand spillovers of smash-hit papers: evidence from the ‘Male Organ Incident’”, anche in risposta dell’unico (!) giornalista che in tutto il mondo ebbe l’idea di esprimere dei dubbi in merito. Tim Hardford, infatti, ne scrisse sulle pagine del Financial Times. Lì vengono mostrati i dati sui download del paper in base allo share che l’argomento generò sui blog e ai risultati di ricerca dai motori associali alla viralità della parola chiave.
Quando lessi per la prima volta il famoso manuale di macroeconomia di Olivier Blanchard non presi in simpatia questa disciplina. L’economista francese si divertiva a prendere in giro noi studenti novelli supponendo delle condizioni di bilancio che però non avevano soluzione.
Per la soddisfazione dei sadici -noi ovviamente non lo sapevamo ancora- le uniche condizioni potesse verificarsi quella situazione era di supporre una rapina di una parte del capitale ad opera degli ufo.
Se è così che ha preferito risolvere le cose il primo economista, non c’è da sorprenderci che qualche ricercatore fin troppo serio e disperato diventi oggi il primo giocoliere dell’economia, pur di lanciare messaggi sull’eccessiva speculazione che si fa per giustificare iniziative politiche e sociali, se non inaccettabili, quantomeno discutibili.
Caro Renzi, pensaci un attimo.
[Liberamente tratto dal mio originario articolo, “Le dimensioni contano?” pubblicato su f052.it; credits grafici: Discussion Papers N.335, “Male Organ and Economic Growth: Does Size Matter?”July 2011, Tatu Westling, University of Helsinki]