Più che una scelta, sembra oramai diventata l’unica alternativa quella dei giovani tra i 18 e i 30 anni di vivere ancora con i propri genitori. A dircelo sono i dati pubblicati dall’agenzia Eurofound secondo i risultati di un’importante indagine dell’Unione Europea: l’European quality of life survey (EQLS).

Il Rapporto che fotografa la situazione sociale dei giovani di tutta Europa mostra una difficoltà diffusa a raggiungere l’autosufficienza.
Dati allarmanti, dietro i quali si nascondono non più fattori culturali o sociali, ma piuttosto economici e occupazionali.

In tutti i Paesi del Vecchio Continente, infatti, è in aumento la quota di chi vive con mamma e papà: tra il 2007 e il 2011 il numero dei giovani che non riesce a crearsi una propria indipendenza è passato dal 44% al 48%.
Nella classifica europea maglia nera per la Slovenia e Malta entrambe all’85%, subito dopo il nostro Belpaese con il 79%.
Ad essere coinvolti da questo trend negativo non solo i Paesi dell’Europa mediterranea, storicamente più interessati da questo fenomeno, ma anche l’Europa dell’est e quindi Ungheria, Lituania, Polonia. I giovani invece che abbandonano più facilmente la casa dei genitori sono in Finlandia, Germania, Paesi Bassi, Irlanda e Regno Unito che nei quattro anni presi in esame hanno visto diminuire questi numeri.

Traducendo le percentuali in cifre sono quasi 37 milioni le persone che non riescono a crearsi una vita indipendente tale da vivere per conto proprio. Affitto e bollette rappresentano spese non sostenibili, o perché il lavoro manca o perché con i soldi che si guadagnano arrivare alla fine del mese rappresenta un’utopia.

Un livello di dipendenza dalle famiglie d’origine che preoccupa per le implicazioni sociali e demografiche. Una società liquida, per dirla alla Zygmunt Bauman, dove a farla da padrone è l’instabilità.
Proprio una continua evoluzione è la base del fenomeno, come ha spiegato Anna Ludvineck, una delle autrici del rapporto in una recente intervista al The Guardian . “Non è solo il mondo del lavoro, tutto è in continua evoluzione – ha detto Ludivineck- le transizioni sono molto più imprevedibili di un tempo e la gente non sa più che cosa significa avere un solo lavoro per tutta la vita o vivere per sempre nello stesso posto”. E le implicazioni, sul piano sociale, sono sotto gli occhi di tutti per Ludvineck, ritardando il passaggio all’età adulta e facendo percepire forti livelli di esclusione sociale.

Il dibattito in Italia è aperto da anni sulla questione: i giovani restano tra le quattro mura dei genitori perché non riescono ad andare via o perché in fondo è più comodo così? Forse non hanno il coraggio, forse preferiscono stare sotto un tetto sicuro. E così risuonano quei termini infelici con cui di anno in anno ci si è rivolti ai giovani.

Le parole, però, sono importanti e pesano, soprattutto quando si scontrano con un disagio collettivo. Pochi mesi fa ha fatto discutere la dichiarazione di John Elkann, presidente della Fiat che disse:“Molti giovani non trovano lavoro perché stanno bene a casa o perché non hanno ambizioni”. Stereotipi e giudizi inaccettabili soprattutto se arrivano da chi non ha sudato per conquistarsi il suo lavoro.

Nel 2007 fu Tommaso Padoa Schioppa ai tempi Ministro dell’Economia, a catturare l’attenzione con la sua celebre frase “Mandiamo i bamboccioni fuori di casa. Incentiviamo a uscire di casa i giovani che restano con i genitori, non si sposano e non diventano autonomi. È un’idea importante”. Era un’idea importante, lo è ancora incentivarli, dando le possibilità per compiere questo passaggio. Ma definirli bamboccioni, proprio non fu un’idea felice.

Gli stessi giovani che, secondo l’allora Ministro del Welfare Elsa Fornero, erano choosy. Schizzinosi, insomma, in quanto a scelte lavorative, in perenne attesa di un posto ideale, quello fisso. Frasi fuori misura, che non tenevano affatto conto del fatto che, molti giovani, l’idea del lavoro dei sogni l’avevano riposta in un cassetto, accanto a lauree, dottorati e master vari.

Come dimenticare poi Mario Monti che in qualità di Presidente del consiglio nel febbraio 2012 definì monotono un posto fisso, sottolineando che fosse meglio cambiare. Peccato, però, che per chiedere un mutuo, solo per fare un esempio, le banche preferiscano quelli monotoni.

Sorprende (o forse no) che, negli anni, proprio dalla politica siano arrivate dichiarazioni fuori luogo, termini che tengono conto del reale sentiment che accumuna i giovani alle prese tra scelte-non scelte, desideri compressi. I dati Eurofound mostrano che l’allarme degli ultimi anni è divenuto un problema non più rimandabile.
La conseguenza è un serio immobilismo della società, dove a rimetterci sono tutti. Non solo i giovani.

Fonte [Rapporto Eurofound]

[Fonte cover photo: studenti.it]