Nuove nascite, ormai è un problema. Popolazione troppo numerosa? Spazi insufficienti? Risorse inadatte e precarie? No, niente di tutto ciò. Si tratterebbe “semplicemente” di un problema ambientale. Secondo alcuni studi inglesi, infatti, una popolazione troppo corposa risulterebbe gravemente dannosa per il nostro globo, rappresentando un serio pericolo per l’ambiente.

Tre anni fa, Sansha Harris, 42enne, ha dialogato a lungo con il suo medico, cercando di convincerlo a sterilizzarla. “Non ho mai voluto figli”, ha sempre dichiarato nella sua vita. Harris – fortunatamente, dico io – è stata dissuasa dal proseguire con l’operazione chirurgica, ma la sua opinione non è mai cambiata. “Da quando ero un’adolescente, ho sempre pensato che il mondo sarebbe un posto migliore se ci fossero meno persone”, sostiene Harris.

Pippa Hayes, 56 anni, è un medico generico. Vorrebbe che tutti i medici del settore persuadessero i propri pazienti a creare famiglie poco numerose: pochi figli, il minimo essenziale, di questo sono convinti. “I dottori dovrebbero promuovere un numero di figli in base alla soglia di rimpiazzo (conosciuta anche come tasso di fecondità di sostituzione della popolazione, ndr); due per ogni coppia, uno per i genitori single. Non c’è bisogno di obbligare nessuno a farlo, basterebbe cominciare a parlarne”, sostiene la donna. Anche lei è stata una vittima della sterilizzazione, diventandone una vera e propri paladina di giustizia e verità: “Mi sono fatta sterilizzare dopo la nascita del mio secondo figlio perché credevo di non avere il diritto di mettere al mondo più di due bambini, sarei andata oltre la mia quota riproduttiva”, racconta lei. “Gli esseri umani stanno spostando l’ago della bilancia del mondo naturale, a discapito sia dell’umanità che delle altre specie con cui condividiamo le risorse limitate del nostro adorato pianeta”.

Claire Coveney, 32 anni, stessa storia: “Non sto dicendo che tutti quanti dovrebbero seguire questo approccio, è contrario agli istinti naturali della maggior parte delle persone. Quello che mi sento di suggerire è che le persone considerino le ripercussioni più ampie dell’avere più di un figlio”.

Dichiarazioni di donne come noi, senza nessun super potere o posizione prestigiosa: sono donne, esseri umani, casalinghe, infermiere, dottoresse, avvocati e commercialiste, mamme (quanto basta), zie, nonne, commesse, impiegate. Sono donne semplici, ma con delle idee ben precise in testa: pochi figli, quanto basta, come l’acqua nelle ricette, q.b.

Questi sono i risultati di una ricerca effettuata dalla compagnia sondaggistica britannica YouGov su un campione di 2,363 adulti, e commissionata dall’organizzazione Population matters per promuovere l’idea di famiglia sostenibile e rivelano come il 63% degli abitanti del Regno Unito pensi che la conservazione ambientale sia un fattore di cui bisognerebbe tener conto nel momento in cui si decide quanti figli avere. Tra questi, il 51% crede che le persone non dovrebbero avere più di due bambini. (Fonte: The Post Internazionale)

L’ONG porta avanti il concetto di “Famiglia sostenibile”: si parla del numero dei figli, della loro alimentazione e stile di vita, hobby, studio, futuro, progetti. Si programma loro l’esistenza, la si decide e la si gestisce per “salvaguardare il pianeta”, ma da cosa non si è ancora capito. Le famiglie dovrebbero ricevere un sostegno economico da parte del governo soltanto per i primi due figli, per il terzo solo se si rientra in determinati parametri di giudizio sostenibile.

“La grande sfida che ci aspetta è lo sviluppo di un’energia che sia più verde. Dobbiamo fare in modo di consumare beni e servizi in maniera sostenibile, così da non distruggere il pianeta”. I figli sarebbero un problema. Ossigeno in meno per gli altri, anidride carbonica in più. Piante in sofferenza, buco dell’ozono in continua espansione, e poi ancora inquinamento, rifiuti, sconfitta, delirio, guerre, sangue. Ma davvero è tutta colpa loro?

La lotta alle nuove nascite non è solo nel Regno Unito. Anche la Cina si è espressa secondo questa linea – da sempre.
Si chiamava “legge del figlio unico” ed era legata alla “politica di pianificazione delle nascite”: si trattava di torture, aborti forzati, sterilizzazioni e infanticidi che dagli anni ’70 venivano praticati in Cina ed esaltati come la via dello sviluppo economico del paese.
Secondo i “visi gialli” controllare le nascite è – ancora oggi, in realtà – sia un modo per limitare la popolazione cinese in continua e incontrollata crescita, sia per migliorare lo sviluppo economico del paese, creando perfetti figli del consumismo e capitalismo (tra l’altro in un paese da sempre dichiaratosi comunista) pronti da portare sul magnifico mondo ad ingranaggi chiamato denaro liquido.

Nel 2013, finalmente, è stata abolita la politica del figlio unico: le famiglie cinesi potranno avere due figli senza incorrere nel pagamento di sanzioni.

La pianificazione familiare nei paesi in via di sviluppo è ancora fuori da ogni controllo: la forza-lavoro è ancora fondamentale per la crescita economica di questi territori e le forme di contraccezione non in tutti i casi arrivano e sono pronte all’uso. Famoso è il caso dell’India, un paese in cui le donne hanno una media di 3 figli a testa, mentre 50 anni fa arrivavano ad averne 6. La media resta troppo alta e, per le autorità, andrebbe abbassata fino a 2 a testa.

Che sia un problema economico, finanziari, legale, ambientale, demografico. Non importa. Non è rilevante. Come si fa a evitare dare la vita? Come si fa a vietare di far fruttare l’amore? Di far rinascere un nuovo sangue, un nuovo DNA, un nuovo pezzo di cuore?