Un’eterna battaglia in cui a rimetterci sono sempre e solo i pazienti, quella tra interessi della medicina tradizionale e interessi della medicina omeopatica. Sono recenti gli studi che hanno, ancora una volta, dimostrato la completa inefficacia della medicina alternativa e provengono dalla National Health and Medical Research Council, ente sanitario governativo australiano. L’analisi effettuata ha valutato 225 ricerche scientifiche sull’effetto dei farmaci omeopatici in oltre 68 differenti patologie. È emerso che non esistono prove dell’efficacia dei farmaci omeopatici per la cura di nessuna patologia. I pochi studi sull’omeopatia che sembravano indicare un qualche successo delle terapie omeopatiche sono risultati infatti scorretti sotto il profilo metodologico, o svolti su un numero di persone troppo limitato per essere statisticamente rilevanti.
La stessa conclusione del Nhmrc è già stata raggiunta da tanti altri studi scientifici, poi dal Parlamento inglese e dal Sistema sanitario nazionale dello stesso paese. Effettivamente, nel mondo, il consumo di omeopatici è sempre più in calo come dimostrato dal grafico.

Tuttavia una, seppur piccola, percentuale di popolazione ancor oggi fa uso, coscienziosamente, di medicina omeopatica e naturale. Dai dati Doxopharma risultano 11 milioni gli italiani che assumono omeopatici e ben 20 mila i medici che li prescrivono. Osvaldo Sponzilli, direttore dell’ambulatorio di medicina anti-aging, omeopatia e agopuntura dell’ospedale Fatebenefratelli di Roma si è esposto sull’argomento dichiarando “pretenziosi” gli studi australiani. “In base ai risultati clinici – afferma Sponzilli – i medicinali omeopatici sono farmaci efficaci, sicuri e utili non solo in patologie lievi, ma anche patologie croniche, recidivanti e importanti che spesso non sono state risolte dalla medicina cosiddetta ufficiale”. Sponzilli ricorda poi che molti pazienti con patologie croniche arrivano alla medicina omeopatica “dopo aver sperimentato l’inefficacia delle cure classiche e in una buona percentuale di casi trovano, attraverso la corretta cura omeopatica, risoluzione alle loro patologie”.

Qualcuno accusa gli omeopati di vendere a caro prezzo semplici granuli di acqua e/o zucchero, privi di alcun tipo di principio attivo che potrebbe dunque, scientificamente, portare un beneficio nella cura della patologia, qualsiasi essa sia. Si sostiene che l’unico effetto che questa medicina naturale sia proprio il famoso “effetto placebo”. Per effetto placebo si intende una serie di reazioni dell’organismo a una terapia non derivanti dai principi attivi, insiti dalla terapia stessa, ma dalle attese dell’individuo. È una conseguenza del fatto che il paziente si aspetta o crede che la terapia funzioni, indipendentemente dalla sua efficacia “specifica”. I meccanismi alla base dell’effetto placebo sono oggi compresi e ricondotti a risposte psicologiche e psicosomatiche: il cervello, in risposta alle aspettative del paziente, invia segnali al resto dell’organismo che modificano la percezione del dolore, la risposta immunitaria e cardiovascolare, i livelli ormonali. Se l’effetto placebo parte come suggestione psicologica, il risultato può essere anche legato a cambiamenti a livello biologico, e quindi possibilmente virare verso la guarigione.
Il placebo, tuttavia non è riconducibile solo ed esclusivamente alla medicina omeopatica. Abbiamo chiesto al Prof. Gandolfo Dominici, Associato di Marketing presso la Scuola Politecnica dell’Università di Palermo, che cosa sia il “placebo marketing” e come mai le ricerche mediche quasi sempre includono gruppi di controllo per l’“effetto placebo”.
Prof. Dominici: “Un placebo è una sostanza che di per sé non ha proprietà “fisiche” che possono apportare i benefici promessi ma nella sua “forma percepita” apporta ugualmente parte di tali benefici. L’effetto placebo è in sintesi il pirandelliano “così è se vi pare”.
Spieghiamo meglio questo concetto che spesso è ostico?
Prof. Dominici: “Mi spiego meglio, il significato che un qualsiasi oggetto, prodotto o brand incarna può avere un effetto positivo sul consumatore; e questo vale per tutto non soltanto per le medicine. Qualunque oggetto o idea può assumere un valore simbolico o se preferiamo archetipo (per dirla alla Jung). Tale significato non dipende dalla sostanza ma dalla percezione contestualizzata dell’oggetto simbolico. Facciamo un esempio banale: l’acqua. L’acqua può essere bevuta, desiderata (e simboleggiare un desiderio come l’acqua nel deserto) oppure purificare da esperienze negative come ad esempio quando dopo una giornata “contaminata” da esperienze negative si fa una doccia per purificarsi emozionalmente, l’acqua pulisce il corpo esternamente ma viene percepita con un altro significato di pulizia emotivo-spirituale.”
E questa percezione incide sull’efficacia di un prodotto?
Prof Dominici: “Shiv et al. in un articolo del 2005 (Placebo Effects of Marketing Actions. Journal of Marketing Research vol. 42, pp. 383-393) dimostrano empiricamente, con diversi test, come le convinzioni del consumatore riguardanti, il nome del brand, il packaging o anche le diminuzioni di prezzo influenzino in maniera determinante l’efficacia percepita di un un energy drink , lo stesso vale per qualunque prodotto, simbolo, personaggio o medicina. È qualcosa che guaritori, sciamani o venditori di pozioni miracolose conoscono bene da secoli.”
Si associa spesso l’effetto placebo all’omeopatia per spiegare l’inefficacia di queste cure. Il principio è lo stesso giusto?
Prof Dominici: “Per quanto riguarda l’omeopatia, o altre forme di pseudo – medicina (fiori di bach, campane tibetane, etc.), dal punto di vista del marketing queste funzionano solo se riescono a incorporare valori simbolici che convincono il consumatore della loro efficacia. Ed è qui che sta la differenza con i farmaci, i quali invece ci si aspetta che funzionino anche senza il convincimento del paziente che li assume, motivo per cui nelle ricerche sui farmaci spessissimo utilizzano il confronto con un campione a cui è somministrato un placebo.”
Ed, in realtà, ad avvalorare la tesi del prof. Dominici ci sono alcuni omeopati che, cessata la loro attività, “confessano” quanto siano deboli le pretese dell’omeopatia. Un nome per tutti è quello di Anthony Campbell, omeopata in pensione del Royal London Homeopathic Hospital, editor di Homeopathy, la rivista di omeopatia più importante al mondo, che nel suo libro rivela: “È sbagliato dire, come fanno alcuni critici, che non c’è nessuna prova oggettiva per l’omeopatia. C’è, ma quasi tutta di scarsa qualità. Nella migliore delle ipotesi, c’è prova solo di un piccolo effetto e quando un effetto è così piccolo potrebbe anche non esistere. È anche fastidioso notare come se gli studi sono di buona fattura vi è meno possibilità di notare un effetto positivo dell’omeopatia.
Posso concludere che nelle ricerche fatte fino ad oggi, non esiste risposta certa sull’efficacia dell’omeopatia. Non è mai stato provato che l’omeopatia possa funzionare ma non è stato provato nemmeno che non funzioni ma come si sa è notoriamente difficile provare un dato negativo. La mia opinione personale sull’omeopatia è che, se è impossibile dire con certezza che nessun rimedio sia efficace, qualsiasi effetto è piccolo e senza importanza. Almeno la grande maggioranza dei miglioramenti che riportano i pazienti, è dovuta a cause non direttamente collegate.”
[Fonte Cover: www.allergiastop.it]