L’attenzione di tutto il mondo è catturata e diretta in questi giorni verso quella terra che da oltre un secolo è testimone di una lotta cieca, quella tra Israele e Palestina. Una terra che respira nel dolore e nella disperazione di azioni che di umano non hanno proprio nulla, ma che sventolano bandiere nere, di distruzione, di perdite di vite innocenti, di morte. Il nostro sguardo è quotidianamente rivolto lì, fisso sulle migliaia di immagini, video e notizie che giungono ora dopo ora dal cuore del conflitto. Imprimono il dolore nei minimi particolari quelle fotografie che scorriamo con gli occhi increduli, che smuovono le più svariate emozioni, di rabbia e dolore, di rispetto verso gli esseri umani, verso la vita e la morte. C’è chi prega e chi impreca, chi spera e chi, cerca invano una giustificazione. Eppure quelle fotografie rimangono lì. Le notizie volano via. La vita procede, per tutti. Ma in fondo, cosa possiamo fare noi? Di concreto, quasi nulla.

La battaglia sul web

Eppure esiste un’arma, ancora più potente di qualsiasi missile, cannone o bomba. Un’arma che colpisce nel profondo, senza ferire o uccidere, semplicemente ricordandoci chi siamo. Ricordandoci di rimanere umani, collegati in una rete reale, che riallacci i rapporti, unisca le mani e ponga fine a una violenza inutile e a una guerra, che no, non si può giustificare. La battaglia tra Israele e Hamas si fa anche nel mondo virtuale, non solo sul campo. Si combatte sui social network, su Facebook e su Twitter, per alzare la propria voce, per raccontare la guerra, per fare propaganda. Il web è un’arma di cui in questi giorni molte persone, di qualsiasi nazionalità o religione, più o meno legate a quella terra e a quelle persone, stanno usufruendo per diffondere messaggi di pace. Un tentativo di collegare il mondo in una rete virtuale, che passo dopo passo, attraverso un mi piace o un retweet, possa diventare reale, alla ricerca della tregua, della pace invocata da milioni di voci che si uniscono per dire:

Ebrei e arabi rifiutano di essere nemici

O meglio, #JewsandArabsrefusetobeenemies. Poche semplici parole per chiedere la fine delle ostilità. È questo l’hashtag che ha dato vita a un vero e proprio fenomeno virale sul web, attraverso una campagna fotografica per dire no alla guerra. Una foto e un messaggio per dimostrare che nonostante idee e ideali spesso in opposizione, nonostante la diversa nazionalità e religione, è possibile continuare a essere umani, ad allacciare rapporti attraverso il rispetto nei confronti del prossimo e della vita.

L’hashtag è stato lanciato da Abraham Gutman e Dania Darwish, che non avrebbero mai immaginato di riuscire a dare il via a una compagna che sta coinvolgendo sempre più persone. Lui è uno studente israeliano che vive a New York, lei invece è siriana. Amici, per la pelle, pur provenendo da due realtà differenti. “Dania e io non andiamo sempre d’accordo quando si parla di politica – ha spiegato Abraham ad HuffPost Religionma riusciamo sempre a gestire una discussione senza litigare o diventare aggressivi. Nell’ultimo mese è stato difficile per noi aprire i social network. Le nostre homepage erano piene di commenti intrisi di odio. Volevamo creare una comunità di persone che si oppongono a questo tipo di linguaggio per ricordare che alla fine siamo tutti, semplicemente, persone”.

Credits: Dania Darwish Facebook profile
Credits: Dania Darwish Facebook profile

La loro idea ha preso veramente il largo, trasformandosi in un fenomeno virale quando la giornalista libanese-americana Sulome Anderson ha postato su Twitter una foto, insieme al suo fidanzato ebreo, Jeremy. Un bacio e una scritta: “Lui mi chiama neshama, io lo chiamo habibi. L’amore non parla il linguaggio dell’occupazione.”

Credits: Sulome Anderson Facebook Profile
Credits: Sulome Anderson Facebook Profile

Ma come loro, tanti altri. Bambini arabi ed ebrei abbracciati, coppie, famiglie e amici per dimostrare che qui non si tratta solo di politica. Qui si tratta di persone. Questa lotta cieca, che stanno portando avanti, bendati dalla follia, è iniziata nel momento in cui si sono persi i valori cruciali, il rispetto e la preoccupazione per la vita umana. Le loro foto, ma soprattutto, i loro baci, che molti hanno immediatamente giudicato come pura ostentazione mediatica, altro non sono che la dimostrazione che ci può essere amore, amicizia e rispetto tra tutti, anche tra chi si sta massacrando, dimenticandosi l’imperativo di base: rimanere umani.

Credits Cover: instagramshare.com