Gianluca Paparesta è il nuovo Presidente del Bari. O de La Bari, come ci ostiniamo a sottolineare noi tifosi facendo storcere la bocca a qualche addetto ai lavori. Gianluca Paparesta è un ex arbitro, e questo lo sappiamo tutti. Ciò che non sanno, in molti, è che le accuse che lo riguardano, relative a Calciopoli, sono cadute in prescrizione. Ciò non vuol dire che Paparesta non abbia sbagliato, anzi. L’omessa denuncia sarebbe di per sé un reato, se non fosse per il fatto che la Procura di Reggio Calabria abbia dato ragione all’ex fischietto. Il problema è che siamo in Italia, dove c’è al tempo stesso chi denigra un arbitro che si fa chiudere in uno spogliatoio e chi esalta l’ex dirigente reo di essersi portato dietro la chiave: Luciano Moggi.

Acqua passata, ma soprattutto processo archiviato. A livello arbitrale Gianluca ha pagato, eccome. All’epoca dei fatti era internazionale, l’AIA l’ha sospeso per via cautelare. Correttamente, mi permetto di aggiungere. Gianluca Paparesta ha così iniziato prima il percorso politico, sulla cui qualità del lavoro svolto non sono in grado di giudicare, e poi quello che l’ha portato a diventare General Manager della As Bari. A gennaio le sue dimissioni per incompatibilità con i (non) progetti di Matarrese. Ma appariva evidente, già in quei giorni, che Gianluca non avesse nessuna intenzione di abbandonare un discorso già iniziato. Il resto lo sappiamo tutti. La prima asta non andata a buon fine per via di un assegno mancante, la seconda deserta (strategia o cosa?), la terza più vicina all’asta del fantacalcio che a quella per l’acquisizione di un club fallito.

Un paio di considerazioni: i Matarrese hanno affermato per anni che nessuno, a Bari, sarebbe stato disposto a rilevare la Società. L’asta frenetica di questa mattina ha dimostrato l’esatto contrario. I soggetti interessati erano quattro, e tutti sembravano consapevoli di ciò che si aspetta la città. Una città che di certo non si accontenterà di tornare all’anonimato di una serie B che inizia a stare stretta a tutti. Non solo ai tifosi. In queste settimana l’entusiasmo, l’affluenza del pubblico (150.000 persone in 5 partite) e il “rumore” sul web, contestualmente a ciò che succede in altre piazze, stanno dimostrando che forse non è tanto il Bari ad aver bisogno della serie A quanto la Serie A, un prodotto attualmente poco appetibili per il mercato internazionale, ad avere bisogno del Bari. O quantomeno, e non parlo da tifoso, di piazze come Bari.

Non a caso di quello che accade dalle parti del San Nicola se ne è parlato anche sui principali giornali e siti europei. Il calcio vende se c’è passione, gente disposta a pagare per vedere uno spettacolo, sia esso allo stadio o in tv. Meglio se in entrambi i casi. La situazione Bari dimostra che la TV non sostituisce lo stadio, lo integra. Per informazioni chiedere a chi, in un periodo di crisi economica, sta spendendo soldi per seguire la squadra ovunque. O semplicemente per prendere l’auto e recarsi all’aeroporto ad accogliere i giocatori. Una nota di colore: prima di Bari – Cittadella la Società che non c’era ha lanciato il nuovo sito internet www.asbari.it e gli account ufficiali su Facebook, Twitter e Instagram. Parliamo di una piazza che sotto la gestione Matarrese era abituata a comunicare con i pizzini e che oggi si ritrova una Comunicazione che fa invidia ai club europei. La domanda che mi pongo è: questo cambiamento è già da imputare a Paparesta? O la Master Group Sport, a cui vanno i miei complimenti, si è mossa in autonomia o magari guidata dai curatori fallimentari? A loro la risposta.

Leggo di tifosi che avrebbero preferito la cordata di Cipollone, o quella di Montemurro. Io penso che a questo punto sia più utile stringersi intorno a chi questa asta l’ha vinta lottando rilancio su rilancio. Ciò non toglie che il mio ringraziamento vada anche agli altri partecipanti. Paparesta non è solo. Dietro di lui pare che ci sia un gruppo irlandese. C’è chi parla di Ryanair, chi di Guinness, in ogni caso ne sapremo di più nei prossimi giorni. Credo fortemente che, nel calcio moderno, non sia più tempo di magnati. Il presidente alla Moratti o alla Berlusconi non ha più ragione di esistere. Oggi una Società va amministrata e gestita, con i soldi che derivano dai ricavi dello stadio, della pay tv, del vivaio, del marketing, del parco giocatori, del Brand. Personalmente credo che al Bari non manchi nulla di tutto questo, e a Paparesta nemmeno. Compresi i partner che Gianluca è stato bravissimo a trovare. Altrimenti oggi non sarebbe riuscito a rilanciare nemmeno dopo la seconda offerta.

Credo altresì che questo indimenticabile intermezzo di autogestione debba farci riflettere su una cosa: il Bari o la Bari che dir si voglia è prima di tutto un patrimonio dei tifosi. Come tutte le squadre del mondo. Se tramanderemo questa piccola lezione, e questa leggenda, ai più piccoli, avremo un calcio più bello e pulito oltre che una squadra migliore. Ho visto gente incazzarsi per un petardo esploso perché “siamo noi a pagare adesso“. Ho visto gente chiedere di pagare il biglietto anche se poteva entrare gratis perché “così aiuto i ragazzi“. Ho visto uomini belli e fatti di 40 anni commuoversi per una vittoria contro il Cittadella. Ecco perché credo che un catalizzatore come Paparesta possa essere la persona giusta per continuare un progetto già iniziato. Non da un ricco magnate arabo, ma dal più umile dei tifosi. Quello che non vedeva l’ora di tornare allo stadio a gridare “U Bar ie fort“.

Credits Cover: Il quotidiano nazionale