Oggi per Woody Allen sarebbe un po’ più difficile raccontare la fuga di un evasore seriale che volesse a tutti i costi celare al fisco il suo patrimonio. Un remake di “Take the Money and Run” sarebbe quantomeno più complicato del 1969, anni in cui il giovane Allen vestiva per le prime volte i panni del regista. La fine dei paradisi fiscali sembra vicina più che mai.

I Paesi iscritti nelle black list stanno aderendo l’uno dopo l’altro a una sorta di white list: un cambio di colore che prevede la sottoscrizione di accordi bilaterali (sul modello Fatca con gli Usa) o multilaterale di scambio dei dati (Crs, Common reporting standard). Oltre all’indubbio interesse delle grandi organizzazioni, come G20 e Ocse, le maggiori pressioni a livello internazionale derivano dai principali paesi industrializzati al fine di demolire il segreto bancario e far rientrare la ricchezza trafugata negli anni dai propri contribuenti e nascosta in chissà quali paradisi fiscali. L’Italia non resta di certo a guardare e si muove per bloccare le vie di fuga ai capitali e soprattutto per costringere i contribuenti del Belpaese con conti e beni detenuti all’estero ad aderire alla voluntary disclosure. Il Principato di Monaco si appresta, infatti, ad essere il prossimo Paese con cui l’Italia firmerà un’intesa sullo scambio di informazioni. Un altro importante tassello per il Governo italiano che si aggiunge ai pre-accordi sottoscritti a metà gennaio con la Svizzera e il 13 febbraio con il Liechtenstein.

Il recente annuncio, arrivato direttamente dal ministero dell’Economia, ha confermato l’intesa con il piccolo principato dell’Europa centrale nell’ottica della cooperazione amministrativa in materia fiscale ripercorrendo lo schema basato sullo standard Ocse del TIEA (Tax Information Exchange Agreement) che permetterà, tra le altre cose, anche lo scambio finalizzato ad identificare gruppi di contribuenti potenziali evasori. Un accordo con efficacia retroattiva la cui firma avverrà prima del 2 marzo. La normativa italiana sulla regolarizzazione dei capitali detenuti all’estero prevede uno sconto pieno sulle sanzioni e il dimezzamento dei tempi di accertamento qualora le attività, e gli investimenti esteri oggetto della violazione, risultino detenute in Paesi prima a fiscalità privilegiata che, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge sul rientro (2 gennaio), sottoscrivano accordi con l’Italia per lo scambio di informazioni. La procedura della voluntary disclosure sta entrando, quindi, nel vivo e le richieste agli operatori crescono esponenzialmente con il passare dei giorni. Una notizia sicuramente positiva per il Governo che potrebbe ritrovarsi a gestire nuove e inaspettate risorse, somme di molto superiori alle stime iniziali.

Anche la firma sull’accordo fiscale definitivo tra Italia e Svizzera, raggiunto dopo tre anni di negoziati, dovrà avvenire entro il 2 marzo. L’accordo tra Roma e Berna punta a modificare, in ambito bilaterale, il Trattato sulle doppie imposizioni e a rivedere la disciplina sullo scambio di informazioni adeguandolo ai nuovi standard Ocse, in virtù del fatto che Berna si è già impegnata ad aderire allo scambio di informazioni automatico multilaterale a partire dal 2018 su dati del 2017 secondo i canoni fissati dal Crs. L’accordo bilaterale Italia-Svizzera avrà, quindi, un raggio d’applicazione più ampio del Crs, anche se lo scambio di informazioni avverrà su richiesta, anziché in maniera automatica. L’agenzia delle Entrate potrà, infatti, chiedere informazioni alla controparte elvetica non limitate ai redditi di natura finanziaria (per cui lo scambio sarà automatico) ma a tutti i tipi di reddito (le cosiddette «imposte di qualsiasi natura o denominazione»).

Oltre alla Svizzera, quindi, chi vorrà trasferire capitali irregolarmente dovrà rinunciare prossimamente anche al Principato di Monaco che segue Singapore e Emirati Arabi. Presto, inoltre, potrebbero firmare anche Panama, Filippine, Portorico e Oman, lasciando aperta la strada solo per Ecuador e Libano, Paesi fortemente contrassegnati da un alto rischio ambientale. La sceneggiatura in cui l’ormai 79enne Woody Allen potrebbe cimentarsi sarebbe quella di un evasore incallito che fugge da un Paese all’altro cercando di eludere lo scambio automatico dei dati. Il risultato della fuga sarà quello di doversi rifugiare, per non essere “tracciato”, in paesi che saranno poco sviluppati lontani e con un rischio ambientale elevato. Pertanto, a fronte di un risparmio sulle imposte ci sarà il pericolo cronico di perdere l’intero capitale. Un film che non farà di certo ridere gli habitué dei paradisi fiscali.

[Cover source: trictrac.net]