In Italia, ad oggi, non esiste come negli altri paesi, un percorso formale di accesso alla politica. Chiunque una mattina può svegliarsi e, in preda a una vocazione improvvisa o ponderata, decidere di intraprendere la carriera nell’arte di amministrare la cosa pubblica. Nel nostro paese viviamo con 150 mila persone che svolgono, bene o male che sia, il mestiere del politico tra governatori, parlamentari, presidenti, sindaci e consiglieri che affollano municipi, enti, comunità montane e, ultimo ma non ultimo, il Parlamento. Vi sono, inoltre, circa 300 mila figure professionali che girano intorno alla giostra della politica tra consulenti, amministrativi e incarichi a termine. Tutte professioni che dovrebbero essere rivolte, anima e corpo, al perseguimento dell’interesse della comunità, dove ognuno arricchisce e dispensa il proprio sapere per il bene comune. E se si scoprisse che il sapere e le competenze non fossero proprio le armi migliori a disposizione dei nostri politici? Ecco la soluzione: gli esami di ammissione.

I politici sono ignoranti. Sì, ignoranti. È inutile utilizzare mezzi termini. Lo abbiamo visto spesso anche in qualche servizio irriverente del programma satirico “Le Iene”. Ignoranti è l’aggettivo che li qualifica meglio, con le dovute eccezioni naturalmente. Un’autorevole conferma arriva anche dalla senatrice a vita Elena Cattaneo che, in un’intervista all’Espresso sul grado di conoscenza scientifica degli italiani, boccia i suoi colleghi parlamentari.
Elena Cattaneo è un’accademica italiana dell’Università di Milano, insignita di prestigiosi riconoscimenti internazionali e nominata nel 2013 senatrice a vita da Giorgio Napolitano. Da quando frequenta le aule parlamentari ha avuto modo di approfondire la conoscenza con i suoi colleghi di Camera e Senato: “Così come vi sono alcuni con profonde competenze in ambito umanistico e aperti ed interessati anche a capire altre discipline, vi sono pure parlamentari che su temi scientifici sarebbero pronti a approvare qualunque legge sulla scorta del sentito dire e senza alcun indispensabile approfondimento tecnico.” La Cattaneo apporta anche qualche esempio: “Non hanno alcuna idea di cosa sia in concreto la sperimentazione animale, ma chiedono che sia abolita; non hanno idea di come si arrivi a identificare un trattamento per una malattia umana e ti dicono che puoi arrivarci comunque con un computer o un piattino di cellule. Magari sono anche gli stessi che non capiscono la differenza tra i ciarlatani e la medicina.”

La presenza all’interno del Parlamento di professionisti come la Cattaneo rappresenta un soffio d’aria fresca. Il panorama politico italiano avrebbe, senza dubbio, bisogno di più Cattaneo e di meno Razzi per intenderci. Perché, se vogliamo restare nella meteorologia, tira davvero una brutta aria.
Sembra, però, che qualcosa stia cambiando: dalla prossima legislatura un esame di ammissione sancirà l’idoneità di ciascun candidato alla carica per cui si propone. Nonostante siano ancora al vaglio modalità e peculiarità delle prove, la notizia sembra aver dato un bello scossone a tutto l’ambiente. Un cambiamento epocale che potrebbe decretare la fine del dilettantismo della politica, che sicuramente potrebbe metter fine all’idea diffusa e malsana del “Chi sa fare, fa. Chi non sa fare, insegna. Chi non sa insegnare, amministra”. Un primo passo per stracciare definitivamente le prese di posizione e le scelte di campo umorali di certi politici, soprattutto quando si affrontano temi che obbligherebbero ad ancorarsi ai fatti, a ciò che è stato verificato. Un’inversione di tendenza e un richiamo alla responsabilità della classe politica, che troppo spesso tenta di cavalcare furbescamente l’onda delle piazze piuttosto che, come afferma la Cattaneo, “onorare con senso di responsabilità il proprio compito, primo fra tutto quello di volere (e far) conoscere prima di deliberare.”

Una soglia di sbarramento vera e propria, quindi, per politici e aspiranti tali che potrebbe riavvicinare gli italiani alla politica e che potrebbe rappresentare una vera e propria iniezione di fiducia verso chi governa e amministra. I cittadini, dal canto loro, potrebbero ritrovare lo slancio e la consapevolezza necessari per tornare ad interessarsi di temi che toccano le sfere della loro vita quotidiana, ritrovando nella politica quello strumento straordinario atto a migliorare il benessere comune, a garantire i principi di giustizia, libertà e sicurezza, a tutelare i diritti di ogni cittadino.

Ci avete creduto davvero? Mi spiace deludere tutti quelli che già stavano esultando per questa ondata di progresso ma l’esame di ammissione era, evidentemente, una provocazione. Per questa volta i politici tutti possono tirare un sospiro di sollievo e tornare a sedersi sulle proprie comode poltrone. Chi potrà dire, però, che questa folle (neanche più di tanto) idea non prenda piede nel prossimo futuro. Anche un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno. Ciò che in questo paradosso non muta è l’importanza della cultura, delle capacità, dell’esperienza e delle competenze. Ancora oggi rappresentano gli unici strumenti che consentono di appurare al meglio i fatti dell’oggi, coltivando fiducia nel domani.

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