È stato un sorteggio terribile quello delle italiane, Juventus e Roma, agli ottavi di Champions League. La finale di Milano, allo Stadio San Siro, non avrà milanesi in campo, ma il tricolore potrà sbandierare lo stesso sul campo del Meazza, solo se i bianconeri riusciranno a superare lo scoglio più difficile, il Bayern Monaco di Pep Guardiola. E se, comunque, non incontreranno il Barcellona, club destinato ad aggiudicarsi anche quest’anno la Coppa dalle Grandi Orecchie. O solo se la Roma uscisse vincitrice dalla sfida contro il Real Madrid, ma i giallorossi, dopo il cambio in panchina – Garcia out, dentro l’ex Spalletti – hanno davvero poche chance. La prima sfida contro il Real Madrid è quasi impossibile. Ma si sa, il calcio ci ha abituati a imprese storiche e finali inaspettati, scommesse perse all’ultimo minuto di recupero e risultati pazzi.

Le nostre squadre impegnate nella competizione europea dovranno vedersela quindi rispettivamente con i tedeschi del Bayern Monaco – avversaria amara per la Juve di Allegri – e con i Blancos di Zidane. L’urna di Nyon ha sentenziato nella maniera forse peggiore: per i bianconeri si tratta di un triste déjà vu considerando l’ultimo incontro tra i due club tre stagioni fa, quando finì 2-0 sia all’andata che al ritorno nei quarti di finale. Senza considerare, inoltre, i due “ex” che gli zebrati incontreranno in campo: Vidal e Coman, pronti a vendicarsi contro la loro vecchia squadra e assicurarsi il passaggio del turno. E anche le statistiche non girano a favore della Juventus: i tedeschi sono arrivati 11 volte su 12 agli ottavi di Champions (dal 2003-2004), eliminati solo tre volte, di cui due da club italiani (Milan e Inter). “Giocheremo contro la finalista della passata edizione – ha spiegato Guardiola subito dopo i sorteggi – una delle migliori squadre d’Europa. È allo stesso livello di Barcellona, Real Madrid e Bayern, e ha dominato in Italia negli ultimi anni. Insieme al Psg era l’avversaria peggiore”.
Per la Roma, dall’altra parte, niente di più disastroso: il Real non dà nessuna speranza ai giallorossi, considerando sia le difficoltà in campionato sia la portata dell’avversario. “Andare al Bernabeu che e sfidare il Real qua il 17 febbraio sarà entusiasmante. Mi auguro che lo stadio sia pieno in occasione del match. Noi giochiamo la Champions League per sfidare le grandi squadre e vedere all’Olimpico i migliori giocatori del mondo è una bella cosa per noi e per tutta la città”, aveva dichiarato Garcia a «Roma Radio». Ora che c’è Spalletti la sfida è raddoppiata.
Di tutto questo ne abbiamo parlato con Sandro Piccinini, voce ‘ccezionale di Mediaset Premium e storico telecronista sportivo.
Juve e Roma, fin dove possono arrivare i due club?
I bianconeri possono superare il Bayern Monaco e arrivare fino in fondo alla competizione. Adesso la squadra è al top e l’impresa con i tedeschi non è impossibile, anche se difficile. Deve andarti tutto bene, bisogna avere fortuna. Così come in tutte le partite: possono capitare episodi a sfavore, tali da decidere le sorti di una sfida e di un’intera competizione. Ma se la Juve riuscirà a superare questo scoglio, e non incontrerà nel suo cammino il Barcellona, potrà giocarsela fino alla fine. La Roma invece no, il Real è un avversario troppo forte. E quasi sicuramente gli ottavi saranno le uniche partite che i giallorossi riusciranno a giocare. Purtroppo i sorteggi non hanno portato fortuna e le differenze tra i due club sono davvero evidenti.
Il cambio di allenatore, la partenza di Gervinho e l’arrivo di El Shaarawy quanto possono influire sul gioco della Roma?
Quando vedo una squadra trasformarsi in pochissimo tempo – giorni o settimane – dopo un cambio di allenatore non è mai un buon segno. È una cosa che mi fa paura. Ci vuole sempre del tempo per assimilare le trasformazioni così drastiche. La Roma non aveva davvero un problema con Garcia; la difficoltà era a livello tattico e a livello fisico. Spalletti potrà sicuramente incidere, ma non adesso: forse tra un mese, ma la rivoluzione non sarà immediata. La Roma potrà solo sfruttare positivamente il mercato, cambiare qualcosa a livello tecnico-tattico per migliorare del tutto. El Shaarawy è una scommessa per i giallorossi: al Monaco non ha inciso molto. Penso che anche uno come Perotti, se dovesse arrivare, potrà fare bene alla Roma che, comunque, deve cambiare qualcosina anche e soprattutto in difesa.

Come spieghi la trasformazione della Juventus dall’inizio del campionato ad oggi?
Sicuramente per due motivi. Gli infortuni di Marchisio e Khedira, che hanno sempre dato qualità a centrocampo, hanno influito molto. Così come la testa: dopo una grande stagione, al top, dopo aver perso tre grandi leader, la Juventus non poteva non avere un momento di stallo. Ha avuto ovvie difficoltà nella ripartenza. Ma, fortunatamente, ha alle spalle una società molto forte, che ha impedito la querelle e le situazioni difficili all’interno della squadra. Aver recuperato i giocatori e aver cambiato qualcosa a livello mentale sono stati elementi necessari e sufficienti all’exploit bianconero. È scattata la molla, quella necessaria al cambio di passo. Lo stimolo perfetto per ripartire.
Qual è il punto di forza di questa squadra?
Sicuramente i vecchi senatori: Buffon, Bonucci, Chiellini, Barzagli e Marchisio. Sono loro la vera ossatura della squadra e sono un esempio per chi arriva, per i giovani. Come al Milan di Baresi e Tassotti. Quella professionalità che ti contagia e ti trascina al top, al successo. Per esempio, Buffon nel dopo Sassuolo ha portato sulle spalle la squadra verso il cambiamento.

Tornando alla Champions League, qual è la squadra favorita al titolo e perché?
Senza dubbio il Barcellona. Se non vince è perché succede un cataclisma. Nessuna scusa.
L’impegno delle italiane in Champions può incidere in campionato?
Sicuramente. Lo stress, il lavoro fisico, i viaggi… tutti elementi da tenere in considerazione. Però comunque c’è da dire che squadre come la Juve sono attrezzate a tutto questo. La Roma forse un po’ meno. Devi saper gestire tutto: avere in squadra giocatori come Zaza, che magari vengono sacrificati in Champions, sono fondamentali come forze fresche in Serie A dopo una sfida difficile e faticosa.
Quanto manca, se manca, un Triplete al calcio italiano per rilanciarlo a livello internazionale?
In realtà non ci manca. La Juve è arrivata in finale rimanendo sempre a livelli altissimi. Le squadre che arrivano fino alla partita finale non arrivano per caso. Vincere o non vincere, alla fine, non cambia. Esserci, invece, conta di più. Conta tutto il percorso, la società, i giocatori. Possono esseri episodi contro a rovinarti una partita, che alla fine perdi immeritatamente. Ma se completi una stagione a quei livelli c’è sempre una motivazione. L’Inter del Triplete era un’Inter bellissima. La finale ti consacra, e ci arrivi solo se hai le carte in regola.