E’ ancora presto per fare proclami, ma è evidente che l’Italia targata Antonio Conte si sta lasciando alle spalle le disavventure di Brasile 2014. La vittoria di Bari con l’Olanda e quella di qualificazione a Euro 2016 contro la Norvegia a Oslo (non vincevamo lì dal 1937), fa ben sperare per il futuro. Il tecnico leccese senza ricorrere a codici etici di prandelliana memoria, ha fatto capire fin da subito i requisiti necessari per far parte della selezione Azzurra: avere fame di vittoria e giocare per la squadra.

L’utilizzo di Giaccherini, Florenzi e Zaza va visto in questa ottica. L’Italia ha bisogno di calciatori giovani e vogliosi di emergere, che si mettono completamente al servizio della squadra e macinano chilometri senza risparmiarsi. L’ex allenatore della Juventus ha rinunciato a Balotelli perché del talento che non sa conciliarsi con il gioco dei compagni non sa che farsene. Là davanti predilige giocatori che fanno la fase difensiva e non danno punti di riferimento agli avversari, attaccanti dediti al sacrificio che seguono i dettami del ct.

Al contrario di Prandelli, che addirittura nel corso del Mondiale ha cambiato l’assetto tattico passando dalla difesa a quattro a quella a tre nel match decisivo perso contro l’Uruguay, Conte si è presentato a Coverciano con in testa un modulo ben preciso, quel 3-5-2 che gli ha garantito gioco e risultati in Serie A. L’Italia è cambiata soprattutto nella linea mediana, dove al fianco del regista sono state collocate mezzali dal grande dinamismo e con spiccate capacità di inserimento. Aggressività, pressing e verticalizzazioni stanno sostituendo il fraseggio a cui Prandelli ci aveva abituati sfruttando le qualità tecniche di centrocampisti come Pirlo, Montolivo, De Rossi, Verratti e Thiago Motta.

Se le cause principali del fallimento Mondiale sono stati i dissapori interni allo spogliatoio, la scarsa carica agonistica e il flop di Mario Balotelli, l’Italia di Conte si sta muovendo nella direzione giusta per evitare che problematiche di questo tipo si ripresentino tra gli Azzurri. Il ct non sembra volersi affidare all’estro e alle giocate estemporanee di presunti campioni, ma ricerca uomini e giocatori funzionali al suo modo di intendere il calcio. ‘Tutti sono utili ma nessuno è indispensabile’ è il messaggio che riassume a meraviglia il Conte-pensiero.

L’unico interrogativo da porsi riguarda la tenuta atletica. Nelle competizioni internazionali che si svolgono a giugno, riusciranno i giocatori italiani a mantenere elevato il ritmo e l’intensità di gioco dopo una stagione intera nelle gambe? Come potremmo sopperire a ciò? Il limite della Juventus è stato proprio questo, cioè la mancanza di un’alternativa di gioco fisicamente meno dispendiosa.
Ma scommettiamo che Conte stia già lavorando per trovare una soluzione anche a questo problema.