Fare l’allenatore della nazionale deve essere un mestiere difficile, me ne rendo conto. Sopratutto se alle spalle non hai una Federazione solida, con un programma chiaro tra le mani. Leggere alla voce Germania per maggiori informazioni. Ma la storia dice altro e spesso le nostre vittorie sono state più il frutto dell’orgoglio che ci rappresenta, vedi 2006, che di un progetto partito da lontano. Ci ha provato Cesare Prandelli, ha messo le basi del gruppo in un buon Europeo, ma poi il castello è saltato per aria, anche per colpa sua, a parer mio.

Ultimamente sento e leggo le sue interviste, e mi sembra di ascoltare un uomo che ha da togliersi molti sassolini dalle scarpe. Non a torto probabilmente, ma questo la dice lunga sulla qualità delle sue relazioni con il gruppo. Chiariamo subito: avere buon rapporti con Balotelli non deve essere semplice, non ci è riuscito nemmeno Mourinho, e così via con altri caratteri come quello di Cassano. Già fu un miracolo nel 2012 tirare fuori il meglio da questi due e farli rendere con non mai. Ri-leggere alla voce Germania.

Eppure dovevamo capirlo che il Mondiale non era iniziato sotto buoni auspici: le frecciatine su Twitter di Pepito Rossi, le frasi non proprio dolci di Criscito, i malumori di Balotelli. Come è stato gestito da Prandelli tutto questo? Non mi piace molto il tono delle interviste nei confronti dell’ex CT. Si parla di lato umano, di come lui si sente quando si guarda allo specchio. No, non sono d’accordo. Non andrebbe nemmeno posta la domanda. Sulle qualità umane Prandelli ha dimostrato di essere una persona di grande valore ben al di là delle questioni calcistiche, e questo lo sanno tutti.

Parliamo di altro allora: di un codice etico sbandierato e che non ha mai funzionato, altrimenti qualche giocatore non sarebbe nemmeno partito per il Mondiale, di un rapporto idilliaco con la stampa che all’improvviso è diventato problematico, di una squadra tecnicamente in difficoltà e che ad un certo punto ha iniziato una guerra tra giovani e senatori. Quando il mix non è quello giusto succede questo. Scegliere i senatori è una questione molto delicata: devi capire chi sono quelli che si metteranno a disposizione e non di traverso. E Prandelli, a parer mio, questo non l’ha capito.

Bearzot nel Mondiale del 1982 chiamò Franco Selvaggi come quarta punta e avrebbe portato anche Bettega che disse “no grazie“. Si affidò ai suoi uomini, quelli come Zoff che ad un certo punto gli dissero “Fa giocare il ragazzo (Bergomi), è in stato di grazia. Fagli marcare il più forte“. Ma quello che mi ha sorpreso di più è stata la gestione della comunicazione. Non parlo di errori, ma di punti sui quali migliorare. Non è più accettabile, nel 2014, che i tesserati, prima e dopo un mondiale, dicano tutto ciò che gli passa per la testa su Twitter e sui Social. Questo non è da codice etico, la Federazione ha il dovere di controllare che i propri tesserati rispettino una policy, se c’è.

Al tempo stesso non trovo accettabile che un allenatore dimissionario sparli dei propri giocatori, riversando su di loro la colpa di un fallimento dopo essersi accasato in una nuova società. Non trovo nemmeno etico che chiami a sé una una responsabile comunicazione appena tesserata con un’altra squadra (Silvia Berti con il Bari) per portarla con sé sul Bosforo. La nuova Federazione, che mi auguro fortemente sia rappresentata da Demetrio Albertini, impari questa lezione. Conte è già segnalato sulla strada del PSG, c’è da scegliere un allenatore (tra i migliori) che rilanci l’immagine dell’Italia, che abbia idee chiare e riesca a portarle avanti. Non è l’eliminazione il vero problema, nel calcio ci sta. È quello che c’è stato dopo: il codice etico che diventa codice patetico. Rialziamoci subito.

Credits Cover: www.gazzetta.it