E’ iniziato da pochi giorni il semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea: un periodo che rappresenta senza dubbio una grossa opportuità per il nostro Paese per intervenire con importanti cambiamenti nella situazione continentale. Cerchiamo di capire quali prospettive possono realisticamente esserci affinchè ciò avvenga.
Il sistema delle regole di bilancio dell’Unione Europea “è diventato eccessivamente complicato con obiettivi e traguardi multipli”, affermavano poche settimane fa gli esperti del Fondo Monetario Internazionale, specializzati in economia nelle migliori università del pianeta. Se sembra complesso a loro,immaginiamo come può sembrare ai comuni cittadini.
Quando,infatti, si parla di rendere più flessibili quelle regole, anche molti tra gli uomini politici danno l’impressione di muoversi nel buio. Al recente vertice europeo il governo italiano aveva chiesto chiarezza ma non ha ottenuto nulla. L’attuale confronto tra Roma e Berlino riguarda che cosa precisamente significhi il compromesso faticosamente raggiunto.
I dubbi sulle regole
Le regole rigide concordate nel periodo peggiore della crisi della moneta unica (prima il Six Pack,,il pacchetto di riforme che prevede multe per chi non si adegua all’austerità, poi il Fiscal Compact , ossia trattato sulla stabilità di bilancio) sono soggette ad un codice di applicazione che contempla sì margini di flessibilità ma li prevede in modo ambiguo.
Si rende così necessaria,infatti, un’interpretazione dell’interpretazione, che nei fatti può cambiare secondo il giudizio della Commissione europea in carica, o secondo i compromessi raggiunti di volta in volta dai vari governi. Renzi ha appoggiato la nomina a presidente di Juncker sperando in una sua interpretazione benevola ma decisivo sarà il Commissario agli Affari monetari.
Inoltre i parametri si reggono su calcoli economici che differiscono da Paese a Paese, con ipotesi spesso discusse tra gli stessi esperti.
I margini di manovra
La discrezionalità presente è purtroppo incomprensibile e le regole vere e proprie sono tre:
1) la prima afferma che il deficit pubblico di ciascuno Stato non può superare il 3% del PIL
2) la seconda indica l’obiettivo di medio termine di avvicinamento al pareggio di bilancio strutturale
3)l’ultima è relativa al calo del debito.
I paletti
La prima delle tre regole è quella difesa in modo più strenuo. Ai Paesi con alto debito,come purtroppo il nostro, non è concesso di violarla e nemmeno il nostro Premier Renzi ha intenzione di farlo. Per l’Italia, appunto, significa che il deficit 2014 non potrà superare i 47-48 miliardi di euro. Francia e Spagna possono non rispettarla avendo un debito pubblico totale più basso.
La seconda regola è ancora più urgente della prima e per questo l’abbiamo addirittura inserita nella nostra Costituzione pur risultando assai controversa e poco chiara. L’Italia è sotto osservazione perchè nel 2014 non la sta rispettando ma i parametri potrebbero ancora variare.
La terza e ultima regola è stata scritta in particolare per il nostro Paese e oggi con l’inflazione bassa,diventa la più pesante delle tre.Il suo calcolo è assai complesso e la procedura di sanzione lunga. Un aiuto per riuscire a rispettarla potrebbe venire dalle privatizzazioni, ma il verdetto resta ancora lontano.
Prima di trovare nuovi margini, è importante non subire sanzioni sulla seconda regola. Inoltre, non tutte le spese sono uguali; il documento approvato dal vertice europeo,infatti, ammette che sono necessari grandi investimenti ed è per realizzarli che si può più facilmente avere il via libera.
Purtroppo,però, non serve persuadere solo i falchi del Nord Europa del fatto che sarebbe opportuno essere “più flessibili nell’applicare la flessibilità esistente”. A metter ostacoli sul percorso dell’Italia verso spazi per contenere il prezzo delle riforme,come della Francia, ci sono anche Paesi più piccoli e che per tradizione dovrebbero essere meno inclini al rigore. Portogallo,Grecia, Spagna e Irlanda comprendono le esigenze del Premier Renzi ma ciononostante fanno fatica a scendere a patti con un Paese che ricerca uno sconto sulle regole mentre loro hanno fatto i compiti a casa ad un costo non indifferente e inziano finalmente a vederne i risultati.
Un’ulteriore complicazione potrebbe derivare dal fatto che sono quattro governi a guida popolare (Portogallo,Irlanda,Spagna,Grecia) che sono costretti a discutere le richieste di due leader della famiglia socialista (Renzi per l’Italia e Hollande per la Francia).
Inoltre un rischio che il governo italiano corre è di fare la battaglia giusta nel momento sbagliato e per questo il premier Matteo Renzi non deve farsi prendere dalla fretta. La battaglia sarebbe giusta in quanto il debilitarsi della ripresa economica un po’ ovunque,anche in Germania, è il segnale che non è ancora tracciata la strada per uscire dalla crisi economica mentre la ricetta dell’austerità mostra quindi tutte le sue debolezze.
E’ necessario iniziare una battaglia di ampio respiro: sembra infatti inutile e pure dannoso andare ora allo scontro con una commissione europea uscente e perciò non molto influente. Il nostro premier Renzi sa peraltro molto bene che i rapporti fra governi in Europa procedono diversamente rispetto alle relazioni fra i partiti in Italia. Carisma e aggressività non sono sufficienti. Un governo non può fare la promessa ad altri governi di realizzare grandi cose insieme se prima non ha cominciato a farle nel suo Paese.
Per contare sul dialogo con la cancelliera Merkel bisogna,poi, adeguarsi ai tempi da lei stabiliti che non sono quelli del nostro Premier ma sono lunghi e cauti;già altri che hanno provato a ottenere il risultato troppo presto si sono trovati senza nulla in mano.Non c’è dubbio che Renzi ha generato anche in altri Paesi grandi speranze; ora gli serve un’opera paziente per confermarle.
Il nodo degli investimenti
La procedura da seguire in questo senso non è semplice: sicuramente servirà impegno per dare la dimostrazione di buona volontà, bisognerà fare investimenti accompagnandoli con tagli della spesa pubblica. Se, al contrario, si implorerà a posteriori la clausola per gli investimenti a giustificazione dell’incapacità di diminuire le spese,la porta rimarrà sbarrata.
Alla fine la scelta sarà soprattutto politica. Se il governo guidato da Renzi darà l’impressione di esser alla ricerca di spazi solo per la manovra dell’anno prossimo, i falchi tedeschi avranno la meglio mentre se le riforme arriveranno e se saranno efficaci, in un verso o nell’altro la flessibilità tanto agognata arriverà.
Concludendo, il semestre di presidenza italiana dell’Unione risulterà complesso sia perchè arriva nel periodo iniziale di una nuova legislatura europea e sia perchè si scontra con l’accrescere delle incertezze di Londra sull’utilità di stare nell’Unione Europea. Decisamente opportuno non rovinarlo con errori dettati dalla fretta,secondo Hemingway “quella eccitantissima perversione di vita: la necessità di compiere qualcosa in un tempo minore di quanto in realtà ne occorrerebbe”.