Matteo Renzi manda via dalla Commissione Affari Costituzionali 10 cosiddetti “dissidenti” appartenenti alla minoranza Pd, tutti critici, ormai da mesi, sulla strada intrapresa dal Governo sulle riforme ed in particolare sulla nuova legge elettorale. La notizia, ratificata dall’ufficio di Presidenza del gruppo Pd, era di fatto annunciata da giorni e sembra confermare la decisione del Presidente del Consiglio di non concedere sulle riforme più nulla alla minoranza del Partito. Veemente la reazione delle opposizioni, dalla prevista polemica del Movimento di Grillo, alla più inaspettata dei moderati di Scelta Civica, che accusano l’esecutivo di eccessivo autoritarismo e sarebbero pronti ad attuale l'”Aventino” in Commissione, rischiando di peggiorare di più se possibile la crisi interna al Partito Democratico che avrebbe appoggio parlamentare per contrapporsi alle scelte renziane.

Credits Photo: [linkiesta.it]
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Intanto proprio l’area renziana tiene a sottolineare che la sostituzione dei 10 non sarebbe una forzatura e non è stata votata dall’ufficio di Presidenza, e che questo invece s’ è limitato ad attuare quanto deciso dall’assemblea dei Deputati di mercoledì scorso, quando il cosiddetto “lodo Cuperlo”, che prevedeva la sostituzione dei parlamentari non in linea col gruppo sulla legge elettorale e che potevano rappresentare problemi non indifferenti dimostrandosi determinanti nelle votazioni degli emendamenti. Il lodo, definito di “buon senso” da Renzi, probabilmente era secondo molti cronisti politici una sorta di “esca” a cui il Presidente del Consiglio ha abboccato. La sostituzione di Bersani, Bindi, Cuperlo, Lattuca, D’Attorre, Giorgis, Pollastrini, Agostini, Meloni e Fabbri è infatti destinata ad invelenire ulteriormente il clima sulle riforme con la minoranza Pd che, a partire dallo stesso Cuperlo definisce la scelta “un fatto molto serio” e avverte che se Renzi optasse per la fiducia darebbe luogo ad uno strappo che “metterebbe a rischio la legislatura”.

Credits Photo: [ilfattoquotidiano.it]
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E intanto le opposizioni si compattano mentre nei sondaggi per la prima volta Renzi sembra in leggeri calo; la possibile decisione dei grillini di di abbandonare la commissione trovando, inaspettatamente, anche Scelta Civica al loro fianco determinerebbe uno stallo difficilmente oltrepassabile. E se Sel, Fi, e Lega per ora non annunciano alcun “Aventino”, trovano però forza nel rafforzamento dei toni e approfittano della crisi nel Pd per cercare di trovare una strada in comune perlomeno sulle scelte parlamentari.” E non è impossibile che si possano creare alleanze trasversali tra la minoranza Pd e gli altri Partiti ostili all’Esecutivo, già a partire dalla possibile scossa che potrebbe scaturire dalla sostituzione del capogruppo parlamentare Speranza. Insomma Matteo Renzi in seguito allo scandalo Lupi, ai problemi “Anas”, adesso dovrà affrontare quello che davvero si profila come il momento più difficile per il suo Governo e dovrà cercare di trovare quell’equilibrio e quell’arte della diplomazia parlamentare e del dialogo che spesso sembrano mancargli quando per impeto e desiderio di “rottamare” prende decisioni che spesso gli si rivoltano contro. Se il Governo per intenti e programma ha deciso di legare il suo percorso alle riforme, un giudizio sul merito del lavoro di Renzi potrà essere preso soltanto se le stesse saranno portate avanti e se non dovesse riuscirci non è detto che la scelta migliore per Renzi non sia quella di andare ad Elezioni anticipate che quantomeno garantirebbero al Segretario Pd di ricompattare attorno alla sua leadership i fedelissimi e scegliere le strategie più idonee per contrastare la crisi del Partito. E il paradosso di Renzi sta nel tentare di oltrepassare i rischi di crisi parlamentari con delle riforme che il Parlamento non vuole più.

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