Ha da poco superato il traguardo dei 100 giorni e dopo l’ora dei primi bilanci, è tempo di riscuotere successi anche là dove prima arrivavano solo sterili e ripetuti no, con annessi e connessi. Matteo Renzi gode ora di un successo aspettato non da pochi. L’alternativa, inutile continuare a chiamarlo rottamatore, che serviva e non solo al Pd. Il premier fa muovere le acque torbide di una politica che si era assuefatta. Neo vincitore alle Europee, legittimato dal voto popolare (dicono), ora le cose cambiano. Sembra, a sorpresa, che alcuni esponenti dell’opposizione siano pronti a dialogare con il premier.
Un altro Matteo, sul fronte opposto, si fa stranamente amichevole e sembra paventare una specie di compromesso o, quantomeno, un’apertura in tema di riforme. Il segretario della Lega Nord Salvini, ha rilasciato un’intervista al Corriere della sera respingendo le voci che lo vorrebbero vicino a un accordo con il premier, ma comunque non escludendo di poter raggiungere un compromesso. La sua è una strategia di vecchia data, dichiara, quella dei radicali: “riduzione del danno“. Ribadisce di appartenere all’opposizione certo, aggiungendo che però non si tratta di rispondere alle proposte con dei secchi “no”. Il tutto suona come una specie di giustificazione: insomma, mi oppongo ma lo faccio con stile e se riesco a portare a casa qualcosa, tanto meglio.
Eppure su due punti le aperture verso Renzi ci sono e alla fine lo stesso Salvini lo ammette: il primo riguarda la forma del Senato, il secondo la riforma del Titolo V della Costituzione. La Lega è chiaramente contro l’accentramento romano e la svalutazione dei poteri alle Regioni ma secondo quanto lo stesso Salvini ha dichiarato, mentre la prima proposta era improponibile, nella seconda ci sarebbe spazio per un accordo. A Salvini preme far rientrare nella Costituzione due provvedimenti: il recupero dei costi standard della spesa pubblica e il premio o le sanzioni, alle regioni più o meno virtuose.
E la tanto agognata Legge elettorale? Per carità, manco a discuterne. Secondo il segretario della Lega i problemi del Paese sono altri e a lui interessa lavorare per i cittadini. Forse gli sfugge che i cittadini vanno anche a votare. Definisce la proposta di Renzi invotabile. Ma qualora si raggiungesse un accordo momentaneo, un do ut des, in tutto questo la posizione di Berlusconi quale sarebbe? Già, Berlusconi. Qualche tempo fa, un tempo non così remoto, in occasione delle proposte leghiste di referendum c’era stato un riavvicinamento fra Lega Nord e Forza Italia e a voler essere ottimisti, le premesse per una nuova fratellanza c’erano tutte. Ma ora Salvini si fa cauto, dice che non c’è nessuna alleanza con il Cavaliere.
Un altro leghista doc, Calderoli, plaude il Democratellum, la recente proposta del Movimento 5 stelle: la loro personalissima visione della legge elettorale indirizzata al premier e che richiama il sistema proporzionale spagnolo. E lo stesso Salvini non ha mai chiuso i battenti a Grillo: per lui un’alleanza si può fare “per portare a casa qualcosa” una sorta di “mal comune, mezzo gaudio“. Ma forse sarebbe chiedere un po’ troppo a Grillo e Casaleggio. Già perché di questi tempi i cambiamenti e le rivoluzioni in casa 5 stelle ci sono stati, ravvicinati e percepiti come delle vere bombe.
È successo così, per caso, un giorno Grillo bussa alla porta di Renzi. Il cambio di strategia comunicativa, il restyling del movimento e ora pure il cambio di strategia d’attacco? Distruggiamo tutto, forse poi come lo slogan #vinciamopoi? Presto per dirlo. Quello che invece sembra certo è che questo spiraglio di apertura, che per il M5s è piuttosto grande, non è causato solo dalla legge elettorale. Lo si capisce dal modo, ironico si ma non sprezzante, con cui Grillo si è proposto: su Twitter, per altro senza taggare Renzi e senza apostrofarlo con l’appellativo che tanto gli piace “Renzie“. Ma lo si capisce soprattutto dalla disponibilità nell’incontrare anche solo una delegazione del governo, non c’è stato un aut aut: è stato chiesto un incontro con o senza Renzi, non fa differenza.
Non fa differenza? La farebbe in tutti e due i casi. Occasione ghiotta per Renzi che già ha avuto un incontro con Grillo dal quale di fatto non era scaturito nulla se non l’hashtag #escidaquestoblog. Grillo non ci voleva andare alle consultazioni, ma la rete sovrana lo aveva costretto: costretto all’incontro ma non al dialogo che di fatto non avvenne. Qualcuno ha giustamente fatto notare che solo qualche mese fa chi si era azzardato a paventare un si al dialogo con il Pd, non ha fatto una fine gloriosa e ora quegli stessi espulsi si offrono interlocutori. Ma per carità, non chiamiamoli inciuci. Tutto sommato anche per i due leader M5s potrebbe essere un nuovo punto di partenza dopo i cambi ai vertici del settore comunicazione: una sorta di drive test. Cambio di rotta, dunque.
E visto che l’occasione fa l’uomo ladro (nel senso meno letterale del termine), stavolta a chiedere la diretta streaming è il vicesegretario democratico Lorenzo Guerini d’accordo ovviamente con Renzi. Come mai il M5s non si è fatto portabandiera dell’iniziativa tanto rivoluzionaria messa in atto alle consultazioni di febbraio? Era scoppiato un piccolo giallo, poi risolto da Luigi Di Maio che ha cinguettato rassicurando tutti con un “Lo streaming ci sarà“. Le attese sono molte, forse di più delle aspettative reali. L’incontro è una cosa, il dialogo e il confronto per arrivare a una soluzione sulla carta, un’altra.
Chi vivrà vedrà o per dirla alla Renzi #lavoltabuona?
[Fonte cover: www.pdcaposele.it]