Hai voglia a dire che questa serie A non è tecnicamente alla pari di altri campionati europei. Non ci vuole un esperto di calcio a dirlo. Eppure lo spettacolo non mancherebbe, se solo ce lo sapessimo godere. Juventus – Roma è stata una sfida ad altissimo livello di spettacolo, così come Juventus – Inter. E che dire del derby di Roma, da 2 a 0 a 2 a 2, selfie compreso. Personalmente ho trovato molto divertente anche la sfida del San Paolo di domenica sera, tra Napoli e Juventus. E se mi chiedete perché non faccio menzione ad alcun episodio arbitrale, la risposta è nell’articolo stesso. Andate direttamente al punto La cultura della sconfitta, se vi interessa.
Il campionato italiano non è in crisi tecnica: ci sono ancora giocatori molto validi, altre star stanno nascendo. Due su tutte: Pogba è già oggi uno dei tre centrocampisti più forti del mondo. Kovavic, che ha rinnovato con l’Inter, probabilmente lo diventerà. A Roma c’è Radja Nainggolan che tutta l’Europa ci invidia, meno evidentemente il CT del Belgio. Tre rondini non fanno primavera, ma la verità è che spesso si addossano ai protagonisti colpe non loro. Le partite della serie A sono mediamente spettacolari, con 1,59 gol a partita, e giocate tecniche importanti (quella di Vidal contro l’Inter dice niente?).
Anche gli arbitri sono bravi, lo dimostra il fatto che Rizzoli riceve il premio come miglior arbitro del mondo, e Orsato lo segue a ruota, dopo un derby disputato ai suoi livelli. Forse per la prima volta, al netto di futili polemiche su fuorigioco millimetrici o gol non gol che solo la tencologia potrebbe risolvere, i calciatori sanno di essere diretti da atleti alla loro altezza. Quantomeno alla loro altezza. Cosa non va allora in questo campionato? Cosa lo rende un prodotto ancora invendibile in termini di marketing?
Gli stadi
Sicuramente ci troviamo di fronte ad un problema serissimo e di difficile risoluzione. Gli stadi sono fermi ai Mondiali ’90, senza contare che alcuni di questi furono costruiti in preda alla megalomania. I 60.000 spettatori di Bari, il Sant’Elia rifatto 4 volte, il Del Conero mai finito, sono degli esempi da non ripetere. Inutile parlare di centri commerciali all’interno delle strutture. La priorità è farli diventare stadi di calcio. Immaginate cosa sarebbe stato il selfie di Totti in uno stadio vero. In un paese civile. Un selfie di gruppo, dove non c’è bisogno di tenere il pubblico a distanza di sicurezza. Ecco cosa ci separa dagli altri grandi campionati europei: la necessità di una distanza di sicurezza da rispettare.
La cultura della sconfitta
Brandon Rodgers, allenatore del Liverpool, dopo aver perso contro il Manchester per 3 a 0, anche in seguito a qualche errore arbitrale, non ha fatto minima menzione all’operato della terna. Si è assunto la responsabilità ed ha fatto i complimenti al portiere avversario. Qui in Italia duemila polemiche, regolamenti messi in discussione, sparate su Twitter di un cinepresidente, hashtag di Benitez, un avvocato che minaccia di citare in causa Tagliavento (e siamo a due, con Taormina) e l’ultima frontiera del web: la schermata Facebook faziosa. Solo da noi la stessa schermata, postata da tifosi diversi, riesce a diventare gol per alcuni e fuori per altri. Fuorigioco sulle bacheche dei tifosi del Napoli, regolare su quella dei tifosi della Juventus. Ed ecco spuntare la domanda: ma con questi presupposti siamo sicuri che la moviola in campo sia la soluzione? #CiPuoStare? Io dico di no.
Le grandi piazze
Aurelio De Laurentiis, criticato aspramente al punto due di cui sopra, qualche anno fa propose una Lega bloccata in stile NBA. Non so quanto questa proposta sia fattibile, di certo è intelligente. Alla Serie A mancano piazze come Bologna, Bari, Catania, Trieste, Pisa. Non ce ne voglia nessuno ma queste squadre darebbero una grande mano a tutto il movimento. Per entusiasmo, bacino di utenza, tifosi. Resta il fatto che gli investimenti migliori in questo momento vengono fatti in provincia. Il Sassuolo è la più bella realtà della Serie A. Gioca con una squadra quasi tutta italiana, investe sui giovani comprandoli (vedi Consigli) e non facendoseli prestare. In B avanza il Carpi che a breve raggiungerà i cugini. Tutto bellissimo, ma gli stadi sono ancora vuoti. Queste belle favole andrebbero accompagnate dalla nascita di nuovi tifosi. E purtroppo non c’è riuscito il Chievo, in 15 anni a conquistare una fetta sufficiente di tifosi a Verona. Dubito possano riuscirci Carpi e Sassuolo. La strada è lunga e il tempo è poco.
I giovani italiani
Le società che lavorano meglio sui giovani sono la Fiorentina, l’Udinese e l’Empoli. Ma solo nel terzo caso si tratta per lo più di giovani italiani. Il Sassuolo preferisce giocatori già fatti e formati, l’Inter ha fatto diventare anziano (calcisticamente parlando) Andreolli, capitano domenica senza aver praticamente mai giocato. Il Milan ci prova, ma senza convinzione, ma la vera regina è il Genoa che ha lanciato, in questi anni, sette undicesimi della squadra campione d’Italia primavera. Con ottimi risultati. Pogba e Kovacic ci fanno ben sperare, in prospettiva, solo se il movimento inizia a lanciare giovani in prospettiva nazionale.
La nazionale appunto: non è semplice fare quello che ha fatto la Germania. Credere cioè in un gruppo di Under 21 e fargli disputare tre mondiali di fila. Ma ad averne guadagnato non è stata solo la nazionale campione del mondo, ma lo stesso campionato tedesco. Che però lavora da anni sui punti di cui sopra. Responsabilizzando i calciatori per l’unica cosa che devono fare: giocare. Noi tifosi e addetti ai lavori possiamo iniziare a fare il nostro. Mettere da parte le polemiche e concentrarci sullo spettacolo del campionato. Che puo serenamente tornare ad essere il più bello del mondo.
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