C’è un vecchio detto, che vecchio sul serio non diventerà mai, che dice che gli attaccanti vincono le partite, le difese vincono i campionati. Sempre attuale, mai di moda. Nel calcio, però, funziona così. In Italia poi, la patria della tattica e del catenaccio, il concetto è esasperato soprattutto dai club medio-piccoli. L’importante è prendere un gol in meno degli avversari, per ribaltare una massima zemaniana che ormai sembra lontana anni luce. Oggi la Serie A si presenta ai nastri di partenza dopo un’Estate sconvolta dal solito tormentone scommesse, che però questa volta non ha toccato il “calcio dei grandi”, si è fermato un po’ più giù dove il calcio nemmeno assomiglia al calcio.

Sarà la Serie A degli attaccanti, dopo anni nei quali ci eravamo quasi disabituati, e disinnamorati, dei centravanti puri. I mostri da area di rigore. Si apre già con uno scontro tra titani: la perla del mercato della Roma, Edin Dzeko, contro Luca Toni, una leggenda moderna del calcio italiano. Perché se vi dicono che le leggende non esistono più, non credeteci. L’Italia diventa, in un’estate caldissima, terra di approdo per attaccanti in cerca di rilancio, e non solo. Oltre al bosniaco, capace di vincere tanto in Inghilterra con il Manchester City e candidato al ruolo di miglior attaccante del nostro campionato oltre che sogno proibito del 90 % dei fantacalcisti, è arrivato anche Mario Mandzukic. Non sarà per la Juventus il rimpiazzo di Tevez, partente di lusso verso la patria perduta oltre 15 anni fa, ma è un centravanti di quelli che alla Juventus mancavano dai tempi di Trezeguet. Il numero di maglia è lo stesso, quel 17 che altrove porta sfortuna ma in area di rigore è un pericolo più che segnalato. Il gol all’esordio c’è stato: adesso sta al croato provare a vincere con la Juventus quanto ha vinto con il Bayern Monaco. Ricordando quel gol realizzato in finale di Champions, che non fa mai male.

Terra di attaccanti, di bomber, di calciatori da area di rigore. Sarebbe un torto alla storia recente del calcio italiano dimenticare Icardi, bimbo prodigio dell’Inter ormai chiamato alla consacrazione definitiva, il già ricordato Toni e Totò Di Natale. Gli anni passano ma il fiuto del gol è lo stesso: quella dote innata di muoversi in un campo di calcio sapendo sempre dove si trova la porta e quale sia la cosa più facile per realizzare un gol. La più facile, non la più spettacolare. Per questo ci stiamo ancora attrezzando, ma forse bisognerebbe prima recuperare una dimensione internazionale che possa ricordare anche ad altre latitudini che questo sia il campionato più bello del mondo. Finché gli altri non se lo ricorderanno noi ci godiamo i grandi centravanti, tra i nuovi e i vecchi, i giovani e i meno giovani, le bandiere e quelli che vogliono diventarlo, quelli con l’accento napoletano e quegli altri con la parlata slava. L’importante è far gol, nella terra nella quale il calcio è bloccato da tatticismi eccessivi e concetti ultra-difensivi ci divertiamo così. Con quelli capaci di fare gol, che vuol dire un urlo di un tifoso. E il campionato riparte da lì. Buona Serie A.