Veloci, non c’è tempo da perdere, il mondo lì fuori sembra non poterci aspettare.

Al motto di siamo multitasking abbiamo maturato grandi abilità negli ultimi anni, quelle che ci vedono impegnati a fare più cose contemporaneamente. E così, un occhio alle email, un altro al messaggio che stiamo mandando, facendo di tutto per non far cadere la cornetta del telefono che si regge tra la spalla e l’orecchio. Leggiamo, scriviamo, parliamo, mossi dalla convinzione che si può essere super efficienti, risparmiando quel tempo che sarà solo nostro.

In un doppio colpo faremo bella figura sul lavoro, ma anche nella vita, guadagneremo minuti preziosi e perché no, ci diranno con nostro orgoglio che siamo multitasking.

Ma siamo davvero certi che questa efficienza sia positiva?

Sono gli esperti a lanciare il grido d’allarme e a mettere in discussione uno dei principi dell’epoca 3.0: il multitasking contribuisce ad accrescere le nostre performance ma può diminuire la capacità di concentrarsi.
Un iperattivismo che nuocerebbe anche alla salute, con dei danni per il cervello. A dirlo è Sandra Bond Chapman, direttrice del Center for Brain Health dell’Università di Dallas che ha evidenziato come un vita all’insegna del multitasking aumenterebbe il livello di cortisolo, l’ormone dello stress.
Questo perché il nostro cervello è fatto per curare una cosa per volta, dall’inizio alla fine, un po’ come facevamo nell’era pre-smartphone. Lo stress è quindi facilmente spiegabile: condurre due o più attività insieme affida ai nostri neuroni un lavoro extra per il quale non sono deputati.

Salviamoci dal multitasking

Oltre allo stress il multitasking può indurci a compiere una serie di errori, distrazioni di non poco conto. A rivelarlo è una ricerca condotta su un campione di studenti dell’Università del Michigan, apparsa nel Journal of Experimental Psychology. Erik M. Altmann, J. Gregory Trafton e David Z. Hambrick, ovvero gli autori dello studio, hanno testato l’effetto di un semplice pop up che interrompe un lavoro al pc. Quella finestra che spesso ci richiede di inserire un codice per poi tornare a quello che stavamo facendo.
Ecco il risultato: quell’interruzione anche se dura solo pochi secondi raddoppia la possibilità di errore nello svolgimento del compito assegnato. Se si tratta di una distrazione di quattro secondi la probabilità è quadruplicata.

Gli italiani, tra smartphone, tablet e dintorni sono più che coinvolti in questo discorso: nel 2014 oltre il 60% dei nostri connazionali è stato definito multitasking. Percentuale che sale al 66% se si considerano i giovani. Non siamo disposti a rallentare, immersi in un flusso rapido di pensieri e parole, che vanno afferrati.

I fan della lentezza non si fanno attendere. Impegno e concentrazione sono nemiche della velocità cui siamo sottoposti, dicono. E il partito degli amanti dello slow sta aumentando, raccogliendo esperienze che mettono in luce come portare a termine un’attività senza interruzioni è una fonte inesauribile di efficienza. Prende piede la mindfulness, filosofia della piena presenza, fatta propria anche dall’Alta scuola di salute dell’Università di Ginevra che promuove training di concentrazione per professionisti e manager.

Troppo antipopolare affermare a gran voce che il multitasking fa male?
Forse sì. Significherebbe mettere il cellulare in borsa mentre si cammina per strada e guardare quello che succede attorno a noi. Significherebbe far aspettare nella risposta di un’email, per dedicare qualche minuto in più al nostro destinatario. Significherebbe dare importanza alle cose e alle persone, ma soprattutto a noi stessi. Forse così ci ricorderemmo che la tecnologia è solo uno strumento,e che il tempo va gustato, in ogni lunghissimo secondo.

[Fonte Photo Cover: huffingtonpost.it]