Report ha innescato la miccia della “rivolta” con una notizia diventata in poche ore un vero e proprio caso mediatico, che ha messo momentaneamente la Moncler con le spalle al muro, grazie anche all’aiuto del web, attento a veicolare le polemiche in maniera non poco aggressiva e totalizzante. La settimana sui social network si è aperta proprio con una campagna d’accusa e un’Italia intera scaraventata (a suon di parole più che di fatti) contro il celebre marchio italiano di piumini. Ma cosa è successo più nel dettaglio? Report, il noto programma di inchiesta condotto da Milena Gabanelli ha documentato, grazie al lavoro svolto dalla giornalista Sabrina Giannini, le varie fasi della produzione dei piumini Moncler.

Nel reportage viene spiegato che per ottenere la materia prima, ossia la piuma d’oca che costituisce l’imbottitura del piumino, non si ricorre soltanto alle oche, ma anche ad altre specie di uccelli, come le anatre. Una qualità sicuramente inferiore, ma che porta un guadagno non indifferente al brand. Infatti, mescolando le piume d’oca pregiate con piume di scarsissimo valore commerciale, il risparmio è notevole in quanto un piumino costerebbe alla produzione poche decine di euro, per poi essere rivenduto a trenta volte tanto. I terzisti ricevono per ogni capo finito un compenso che si aggira tra i 30 e i 45 euro, mentre sul cartellino, in negozio, il prezzo sale fino a raggiungere e talvolta superare i 1.200 euro. Una grande fregatura per i clienti, ma in fondo si tratta di semplice strategia, direbbero alcuni. Sì, parte della strategia è stata anche quella di sospendere tutti i contratti con i laboratori tessili italiani per andare all’estero (in Romania, Ungheria e Moldavia), lì dove i costi si riducono notevolmente. L’indagine però non si è fermata qui, mostrando un passaggio ancora più spregevole del processo produttivo del capo d’abbigliamento.

All’interno degli allevamenti di oche dell’Europa dell’Est, è stata scoperta l’illegale pratica della “spiumatura”: alle oche vengono strappate le piume, il più veloce possibile, per l’equivalente di 30 centesimi ad animale, lasciandole sanguinanti e con la pelle lacerata. Molte di loro moriranno di infezioni, dopo una lunga agonia, altre saranno costrette a subire l’ennesima violenza dopo pochi mesi, nonostante le normative europee vietino simili atrocità sugli animale e l’UE consenta solo la vendita di piumini d’oca ricavati dalla pettinatura. Un processo troppo lento per un brand che sembra puntare tutto su un consumo minimo, un massimo guadagno e una certa velocità nel processo produttivo. Basti pensare che all’interno di questi allevamenti per spiumare centomila oche bastano solamente quattro giorni.

Fonte: pinterest.com
Fonte: pinterest.com

L’azienda si è ovviamente difesa, rinnegando alla radice le accuse ricevute dal programma. Il noto brand ha pubblicato sul sito dell’azienda il proprio comunicato in merito a quanto avvenuto. “Moncler utilizza solo piuma di alta qualità, acquistata da fornitori obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali, come riportato dal nostro Codice Etico, al punto 6.4. L’associazione del nome Moncler a pratiche illegali e vietate dal nostro codice etico, è impropria. I nostri fornitori di piuma sono tutti basati in Italia, Francia e Nord America.”

La polemica accesa attorno alle varie fasi di produzione della Moncler è diventata però oggetto di discussione collettivo in pochissimo tempo, danneggiando nel profondo la reputazione dell’azienda. Ancora più eclatante però è stata la reazione del popolo del web: trasandata, a tratti scontata e indignata da una situazione che caratterizza numerose aziende di cui siamo da anni fedeli consumatori. Tutti sono a conoscenza dello sfruttamento minorile da parte dei più noti marchi di abbigliamento o degli allevamenti intensivi che forniscono i prodotti alle catene di fast food. Eppure la notizia delle oche ci sorprende più di tutte. Il meccanismo sembra essere sempre lo stesso: si butta una notizia in grado di creare scompiglio nella mischia e si liberano i cani. Il caos generale, una bagno di opinioni, pezzi di notizie. Ognuno qui morde ciò che vuole, ciò che più coincide con i propri interessi personali o professionali.

E poi? Poi arriva la quiete dopo la tempesta in attesa di un’altra pasticca che possa placare la fame di scompiglio. È questo il panorama che si intravede sui social network ogni volta che si riceve una secchiata d’acqua fredda. O fatta raffreddare, a seconda dei casi. Lo scompiglio è generale, come anche la promessa di non comprare mai più un loro piumino. Un colpo basso per l’azienda, che nonostante tutto riuscirà a riemergere forse anche più forte. E questo avverrà perché i social network non perdonano, ma sicuramente dimenticano. Nessuno salverà dunque le povere oche dell’est, nessuno riavrà il posto di lavoro e quasi tutti nei prossimi mesi spenderanno migliaia di euro per coprirsi bene dalla prossima doccia fredda con un piumino Moncler.

Credits Cover: moncler.it