Quando si parla di Scuola tutti rizzano improvvisamente le orecchie. Dai bambini allarmati agli adulti malinconici o felici di esserne usciti (salvo poi rientravi per colpa dei figli), la Scuola è uno di quei temi che unisce diverse generazioni. Ma quando è la politica a parlare di Scuola allora la polemica è assicurata e i ricordi e le esperienze lasciano il posto al dibattito più acceso. E ciò succede anche in periodi non sospetti come d’estate. Pochi giorni fa l’Unione degli Studenti, riunitasi in Salento in occasione del campeggio nazionale studentesco della Rete della Conoscenza, ha annunciato il primo sciopero dell’anno scolastico 2014\2015 per il 10 ottobre. Al portale Skuola.net l’Uds fa sapere che sarà solo l’inizio di un autunno caldo e che sarà messo a punto in questa anomala estate, il 4 agosto in occasione dell’incontro fra gli studenti delle scuole superiori e gli universitari nell’assemblea nazionale congressuale della Rete della Conoscenza.
Gli studenti hanno delle richieste ben precise da proporre al Governo Renzi: una legge sul diritto allo studio accessibile a tutti, uno statuto per gli studenti in stage e nuove forme di partecipazione nella scuola. I problemi denunciati dai rappresentanti degli studenti sono piuttosto evidenti anche a chi fisicamente nelle scuole non ci entra ma accompagna i figli e li lascia davanti ai cancelli: alto tasso di dispersione scolastica, aumenti, prezzi alle stelle per trasporti e materiale scolastico (settembre non è poi così lontano) e poi precarietà, bassi stipendi. Accanto alle richieste degli studenti, anche quelle degli insegnanti. Susanna Camusso da Torino fa sentire la voce del sindacato Cgil: «Bisogna smetterla di pasticciare sulla scuola, ripristinare i finanziamenti tagliati in questi anni. Senza soldi non ce la facciamo». Già, le risorse. Le stesse che chiedono gli studenti, in fondo. Il segretario della Cgil, che ha lanciato a Roma la campagna “Riformo io” con la quale intende promuovere la riforma della Pubblica amministrazione, affronta il problema Scuola chiedendo per gli insegnanti un nuovo contratto ma non solo.
«Siamo l’unico Paese in Europa che durante la crisi ha tagliato l’istruzione. L’istruzione rappresenta le radici di un Paese». -Susanna Camusso-
In “Salari e diritti della Scuola italiana“, il cantiere scuola presentato il 21 luglio dopo un’attenta riflessione fra docenti, dirigenti, collaboratori e precari, denuncia che l’Italia nel 2011 risultava 23esima in Europa nell’investimento sull’Istruzione (prima la Danimarca) mentre secondo i dati Ocse si posiziona al 31esimo posto nel periodo studiato fra il 2000 e il 2010. Secondo Camusso bisogna ripartire dagli errori e correggerli: «Il Paese è in difficoltà perché ha fatto poca ricerca, ha speso poco per l’innovazione e non è competitivo con il resto del mondo». Le proposte sono tante: più laboratori, una scuola aperta tutto il giorno come la vorrebbe il Governo, migliorare l’ambiente nel quale si studia, rendere più fruibile la Scuola insomma. Ma sappiamo bene che per fare questo servono soldi e tanti. E vogliamo parlare poi delle condizioni di certi edifici scolastici? A questo proposito grazie a un emendamento del Movimento 5 stelle inserito nella legge di Stabilità, condiviso dal PD (già promotore negli anni passati) e dal ministro Carrozza, potrebbe essere possibile devolvere l’otto per mille dell’Irpef allo Stato, alla voce “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’istruzione scolastica”. Sempre che venga approvato.
Nel frattempo però il Governo Renzi ha pensato alla Scuola escogitando un piano, composto da tre principali filoni, che coinvolgerà complessivamente 20.845 edifici scolastici per investimenti pari a 1.094.000.000 di euro. Quattro milioni di studenti e una scuola italiana su due saranno protagonisti di questo primo progetto, che porterà nell’arco del biennio 2014-2015 ad avere scuole “più belle, più sicure e più nuove”. Pronti gli hashtag: #scuolenuove, #scuolebelle, #scuolesicure.
«Alla scuola chiederei innanzitutto di insegnare che cosa è bello, di divulgare l’armonia, di spiegare il senso dei valori». -Roberto Vecchioni-
E gli insegnanti? Da poco si sono svolti gli esami per il Tfa ovvero Tirocinio formativo attivo, a crocette, delizia per molti, quelli per gli aspiranti insegnanti. Le polemiche ci sono state: errori grammaticali, giustificabili da sviste di battitura (ma ne siamo così sicuri?), domande troppo particolari. Ma come sempre le voci sono discrepanti, Chiara per esempio si esprime così: «Le domande della preselezione mi sono parse eque, non impossibili studiando, e quasi nessuna sterile: quasi tutti argomenti che se insegni devi conoscere» e Susanna aggiunge: «Nel corridoio dove ho svolto la prova, ho saputo che c’è stato qualcuno che ha usato il cellulare…non trovo giusta questa cosa. Per il resto, ritardo di un’ora a parte, ho trovato la prova fattibile».
Parlando con chi aspira a diventare un insegnate le riflessioni sul mondo Scuola di sprecano. Alessandra per esempio mi dice: «Quello che proprio non mi va giù è la scarsissima considerazione riservata al mondo dell’insegnamento e, soprattutto, al ruolo degli insegnanti. Forse non stiamo capendo che la cultura e l’istruzione sono fondamentali per diventare liberi e critici in una società che vorrebbe omologarci». E se poi vai a chiedere del percorso formativo che uno studente deve intraprendere per arrivare alla meta, le parole di Azzurra mostrano quanto sia manchevole il sistema: «Sono d’accordo che servano studi di psicologia e pedagogia per insegnare, ma li vorrei vedere calati nella concretezza dell’ambiente classe, delle fasce d’età con cui avremo a che fare, e non pure teorie o “storia della psicologia” o simili. E vogliamo parlare dell’inutilità e la ridondanza di molti esami universitari? Secondo me, le cose dovrebbero cambiare sin da lì, e non solo nei corsi successivi. Serve un esame di didattica, dove si insegni a insegnare materie quali italiano agli stranieri per esempio».
Chiara mi dice di riportare che «Insegnare è il lavoro più bello del mondo e che se mi chiedessero di imparare a camminare a testa in giù per farlo, io imparerei!». Ecco, è su questa passione che delle volte chi legifera dovrebbe soffermarsi attentamente. Insegnare è una vocazione, un talento, una passione coltivata con lo studio intenso eppure quasi sempre mortificata da chi invece dovrebbe promuoverla. Susanna mi fa notare che «solo se si è motivati, si ha la forza di intraprendere questa strada piena di buche e difficoltà». Solo se si è motivati.
[Fonte cover: www.fsl.dk]