È ancora fresca la notizia della ragazzina di 15 anni, stuprata a Roma da un militare che l’aveva convinta a seguirlo mostrando il distintivo. Casi come questi, purtroppo, in Italia sono frequenti, e in alcune parti del mondo quasi all’ordine del giorno.
Secondo i dati Istat, 6 milioni 788 mila donne hanno subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni: il 20,2% ha subito violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4% forme più gravi di violenza sessuale come stupri e tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno subito stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri.
Le donne straniere hanno subito violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita (31,3% e 31,5%). La violenza fisica è più frequente fra le straniere (25,7% contro 19,6%), mentre quella sessuale più tra le italiane (21,5% contro 16,2%). Le straniere sono molto più soggette a stupri e tentati stupri (7,7% contro 5,1%). Le donne moldave (37,3%), rumene (33,9%) e ucraine (33,2%) subiscono più violenze.
La violenza ha varie forme, può essere fisica, psicologica, sessuale. E tutte hanno una cosa in comune: una vittima. Una donna violata. Violata nei suoi diritti, nel suo intimo, nella sua libertà. Ogni donna, di qualsiasi etnia, razza, età, ha il diritto di sentirsi al sicuro, di non essere costretta a fare qualcosa che non vuole, di non essere stuprata perché così passa in quel momento nella testa al carnefice, perché altre giustificazioni non ci sono e non devono esserci.

Dai dati Istat, riferiti al 2014, emergono informazioni agghiaccianti. Il 24,7% delle intervistate, dai 16 ai 70 anni, hanno subito violenza sessuale da uno sconosciuto. Un uomo qualsiasi che in un momento qualsiasi ha deciso di avere il potere di distruggere una vita che non fosse la sua.

Un altro dato impressionante è l’apertura delle vittime dopo aver subito una violenza. Nella maggior parte dei casi, infatti le donne violentate preferiscono parlare con un amico della violenza subita, piuttosto che con operatori specializzati.

La violenza della ragazzina 15 enne a Roma, tuttavia ha riposto l’attenzione sulla radicata abitudine di trovare la responsabilità anche dove non c’è. Si sente parlare di colpe della vittima, di una ragazzina che a 15 anni era ancora in giro a mezzanotte, di come si vestono, di come si atteggiano. Dunque diventa facile passare da vittima a colpevole e da carnefice a vittima, vittima del fascino, dell’istinto, di cosa?
Le stesse giustificazioni sono di gran lunga più frequenti quando a subire una violenza sessuale è una prostituta. E qui il paradosso è ancora più accentuato, perché colpire una donna che proprio del sesso fa il suo mestiere la dice lunga.
Ci stiamo facendo prendere la mano e stiamo perdendo il senno se pensiamo, anche solo lontanamente, che ci sia anche solo una piccola e inutile giustificazione di una tale atrocità. Perché anche le “t***e” hanno il diritto di non essere stuprate. Tutte le donne hanno il diritto di andare in giro vestite come vogliono, che sia provocante o meno, a qualsiasi ora del giorno e della notte, senza aver paura per la propria incolumità. Perché una minigonna non giustifica una violenza. Nulla giustifica una violenza, di nessun tipo.
Nello stesso istante in cui si prova a giustificare uno stupro, si diventa complici dello stupratore.
Viviamo in una società che insegna alle donne a non provocare un uomo, a difendersi da questo, anziché educarlo al rispetto. Una società incollata agli smartphone, che si nutre di internet e si proclama progressista perché al polso ha un apple watch. Una società che misura la civiltà in base ai mi piace su Facebook e non si accorge di quanto degrado c’è dietro una violenza, dietro uno stupro. Di quanto possa cambiare la vita di una ragazza che a 15 anni si è vista strappare tutto, con inaudita ferocia, senza poter scegliere la persona con cui far l’amore, con cui aprirsi completamente e sentirsi protetta.
La vittima di uno stupro non si riprenderà mai dal trauma subito. E le ripercussioni psicologiche l’accompagneranno per tutta la vita, come un tatuaggio indelebile che le ricorderà quel terribile momento.
La maggior parte delle donne violentate manifesta sintomi di ansia acuta nelle settimane successive all’aggressione e un terzo delle donne che subiscono violenza sviluppa il disturbo post-traumatico da stress.
Altre reazioni ad uno stupro possono comprendere depressione, rabbia, senso di vergogna, senso di colpa, problemi a livello sociale e relazionale, problemi sessuali, disturbi dell’alimentazione, autolesionismo.
Chi ha subito uno stupro può mettere in atto strategie difensive per affrontare il dolore che alla lunga possono rivelarsi inefficaci e generatrici di ulteriori gravi problemi. Ad esempio una donna violentata può assumere alcol o psicofarmaci che possono creare una dipendenza e che non la aiutano ad affrontare il problema se non è supportata adeguatamente da un punto di vista psicologico.
Non ci sono e non devono esserci giustificazioni per un atto di questo genere. Mai. Ognuno è autore della propria vita e deve essere libero di scegliere per sè, senza che lo faccia qualcun altro.
[Fonte Cover: www.ilmessaggero.it]