Tutte le mattine ci si alza, distratti, si sceglie se andare in bagno o correre dal caffè, si va al lavoro, a scuola, all’università, poi a fare la spesa, al cinema o al pub. E ovunque tu sia, con chiunque tu sia, una persona ti accompagnerà sempre: te stesso.
Si chiama self talk, questo linguaggio interno, questo eterno dialogo con se stessi che scatta inconsciamente durante le occupazioni quotidiane. Ed è proprio questo automatismo a diversificarlo dal pensiero: il primo è involontario, il secondo è volontario e guidato dal soggetto.
Secondo ricercatori e psicologi, ogni individuo conduce un dialogo continuo con se stesso che può oscillare dalle 150 alle 300 parole al minuto, fino a circa 51.000 parole al giorno. Veri e proprio discorsoni, che spesso ignoriamo, ma che influiscono in maniera considerevole sui piccoli obiettivi quotidiani.
Questo linguaggio interno è, difatti, in grado di influire sulla psiche a seconda che sia positivo o negativo, in un rapporto ideale di cinque a uno. Rapporto che spesso è ribaltato da un eccesso di negatività, con conseguenze disastrose per il soggetto, che diviene depresso e critico nei confronti della vita.
E sicuramente l’idea di parlare da soli, magari davanti a uno specchio, imbarazza e non poco. Ma basta pensare che si tratta solo di dar voce a quello che già si ha dentro. Si tratta di fermarsi un secondo e ascoltare sinceramente, onestamente e consapevolmente il proprio io.
Ma come si ottiene un self talk utile e motivante e come si limita o elimina la negatività? “Sostituendo un linguaggio perdente e riduttivo con frasi chiave positive che agiscono come una cura” – spiega a La Repubblica, la psicoterapeuta Angela Bianchi. Ognuno di noi, infatti, conosce quali sono le corde da toccare per smuovere sentimenti positivi dentro di sé e proprio quelle corde devono diventare la nostra fonte di felicità.
Bisogna parlare a se stessi come si farebbe con la persona di cui ci si fida di più al mondo. Bisogna porsi lì, davanti ad uno specchio e tirare fuori quello che non abbiamo il coraggio neanche di “pensare”, ma che ci comunichiamo con la tristezza, la nostalgia, i gesti. Bisogna spogliarsi dalle difese ed essere sinceri con se stessi, anche se fa male, anche se cambierà tutto. Che tanto alla fine si possono cambiare mille posti e altrettante persone, ma la nostra coscienza ci farà compagnia per tutta la vita. E come si può convivere con lei tra mille bugie?
E non è facile, essere onesti davanti a se stessi costa molto. Costa coraggio, consapevolezza, spesso dolore. Ma crescere significa pagare quel prezzo. Vivere significa pagare quel prezzo. Perché la vita è quella che si desidera, non quella in cui ci si rifugia. Mentirsi è la peggiore punizione che ci si possa infliggere. E per cosa poi dovremmo punirci? Per le scelte? Per gli sbagli? Per i sentimenti? Questa è solo la vita, e li comprende tutti.
Quando parleremo così a noi stessi, inizieremo a vivere. E possiamo farlo tra un minuto, un’ora, un anno. Possiamo deciderlo noi, tenendo conto che non saremo mai pronti o che forse lo siamo già da tempo.
Siamo la nostra speranza. E siamo in grado di trasformarla in realtà. Diciamocelo. Facciamolo.