Da lunedì 13 ottobre ritorna alle 20.00 su La7d con Cuochi e Fiamme. Stiamo parlando di Simone Rugiati, amatissimo volto ai fornelli della tv, che con la sua creatività e simpatia ha conquistato il pubblico, non solo femminile. Impegnato tra tv, radio, libri, eventi, ristoranti, Simone è inarrestabile e con i suoi 33 anni segna un goal dietro l’altro, senza rinunciare a godersi la vita. In cucina è umile e altruista: non si mette a confronto con gli chef stellati, anche se potrebbe, e vuole regalare al suo pubblico un programma alla portata di tutti. “Perché la cucina in tv non deve mettere ansia“, dichiara. Ecco cos’altro ci ha detto nell’intervista esclusiva rilasciata a Il Giornale Digitale.
Com’è nata la tua esperienza in cucina e cos’ha determinato in seguito il tuo passaggio in TV?
Simone: Da quando ero piccolo volevo fare il cuoco. Facevo le torte con la sabbia. Avevo una tata che aveva trovato il modo per tenermi buono, l’unico: farmi cucinare con lei, altrimenti buttavo giù la casa. Alle medie poi andavo a scuola con la maionese e i cracker e facevo le tartine. Ho sempre avuto voglia di dare agli altri qualcosa fatto con le mie mani. Ho fatto l’alberghiero contro il volere di tutti e durante le mie esperienze tra un ristorante e un altro, ho scritto a una casa editrice di Parma che faceva libri di cucina, sono andato a lavorare come assistente e mi sono trovato a lavorare con tanti chef stellati che orbitavano attorno a questa redazione per i loro servizi. Ho cercato di apprendere da tutti. Un giorno il mio editore mi ha chiesto di fare una lista di chef per un programma a Mediaset; nella lista ci son finito anche io e Mediaset – che aveva bisogno di un cuoco giovane – ha scelto me.
Cuochi e fiamme: c’è qualcosa che cambieresti del tuo programma? e cosa pensi – invece – lo renda speciale rispetto agli altri cooking show?
Simone: Non cambierei nemmeno una virgola, anche se quest’anno abbiamo introdotto una cosa che mancava, ovvero che lo chef cucinasse qualcosa. Quest’anno cucino anche io alla fine ed è un momento molto carino. Faccio mille lavori e li adoro tutti – radio, libri, eventi, foto – ma il programma mi fa andare a lavorare contento perché mi diverto in studio. Il segreto del successo di Cuochi e Fiamme, che nasce su una rete piccolina e si rivolge a un pubblico fidelizzato, è il fatto che è un programma che ti fa venir voglia di cucinare, senza metterti ansia. E’ un programma rilassato. Anche chi non ama cucinare lo guarda per fare due risate. Ti trovi in un salotto. Non vogliamo tirar fuori chef da questo programma, ma dare spunti nuovi per il menù di tutti i giorni, per chi ha poco tempo per fare la spesa.
Se in MasterChef uno dei giudici fossi tu, che giudice saresti?
Simone: Non sarei mai un giudice di MasterChef perché non ho l’età e l’esperienza per farlo, ma se dovessi farlo, considera che il mio scopo è far cucinare la gente a casa, fargli scoprire quanto è bello prepararsi un piatto, abbandonando surgelati e take-away. Sono uno che istiga a provare. Sarei una persona dalla parte dei concorrenti.
Food Maniac è la tua web serie che sta spopolando in rete. Hai mai pensato a un ruolo di attore in tv o al cinema?
Simone: No (ride). Ci sto già abbastanza in video e davanti alle telecamere. A parte gli scherzi, se me lo dovessero chiedere lo farei. Nella vita ho fatto sempre le cose per caso. Mi sono trovato in televisione per caso, in radio per caso; ho condotto serate di moda per caso. Quando faccio cose che non sono prettamente legate a quello per cui ho studiato mi diverte e mi vengono anche bene. Lo farei volentieri, ma penso nessuno me lo chiederà mai.
Nel caso te lo proponessero, c’è un ruolo che vedresti adatto a te?
Simone: Mia mamma dice che ho due grandi passioni a cui mi dedico al 100%: le ragazze e la cucina. Con le ragazze in passato mi sono divertito un po’ (ride), la cucina la vivo tutti i giorni; se dovessi scegliere mi piacerebbe l’azione, un thriller con inseguimenti. Mi piacerebbe fare il cattivo.
Hai in progetto di aprire un tuo ristorante e se sì dove?
Simone: In realtà ne sto aprendo, ma non metto il mio nome. Altrimenti le persone verrebbero cercandomi e non mi troverebbero mai. Firmo, faccio consulenze, creo i menù. Ho dei progetti negli Stati Uniti. Ho fatto delle aperture in Sud America. Se dovessi aprire il mio ristorante, con il mio nome, lo farò fra un bel po’ e forse non in Italia.
Qual è l’ingrediente di cui non potresti mai fare a meno e quale quello per te tabù?
Simone: L’olio extravergine. Me lo porto dietro pure quando vado in vacanza. Poi adoro lime, menta ed erbe aromatiche e agrumi. Come ingrediente tabù decisamente il coriandolo fresco.

C’è una ricetta che proprio non ti riesce?
Simone: Non faccio mai il pane. Non perché non mi riesca, ma non lo faccio mai quindi penso che non mi riuscirebbe mai bene.
C’è uno chef che sfideresti in cucina e uno invece che non sfideresti mai e perché, eventualmente?
Simone: Odio le sfide e penso che gli chef non andrebbero mai messi a fianco perché verrebbe fuori qualcosa ancora di più figo invece che una sfida. Come fa la giuria a giudicare se un piatto è più buono di un altro? dipende dai gusti di chi giudica. Non vorrei mai far giudicare una cosa che magari a mio padre piace da impazzire perché adora la semplicità, invece per un altro è banale perché preferisce le ostriche in polvere. Non credo sia fattibile la sfida tra chef. Sicuramente non mi metterei mai a confronto con Heston Blumenthal, perché lo stimo troppo. Magari non spiccica una parola, ma è bravissimo.
Cosa pensi di Carlo Cracco e del suo stile da “sì, Chef” alla Hell’s Kitchen?
Simona: Carlo è un mio caro amico. Circa il reality, c’è una moda: si fa vedere quello che prima si sconosceva, cioè la vita reale nelle cucine. Quelle urla, quelle grida, quella tensione non sono reali in cucina. Il “sì chef” esiste in cucina, ma è lontano da me. Io, per come sono fatto, preferisco essere rispettato per il mio background, per quello che ho fatto. Non credo che sia il terrore quello che fa lavorare meglio le persone. Secondo me per far lavorare bene una squadra di cucina che già lavora 16 ore con il caldo e lo stress delle comande, se ogni tanto ci sta la pacca sulla spalla, sarebbe pure un bene.

C’è una food blogger mania. Ma poi questi blogger messi ai fornelli sanno cucinare?
Simone: Ce ne sono troppe. Non sopporto questa cosa. Non è che le denigro: promuovono la cucina e in questo sono d’accordo, però che non diventino critiche gastronomiche. Per me i critici dovrebbero essere chef. Perché anche un giornalista gastronomico e bravissimo a scrivere, se non ha avuto delle basi di cucina, può dire tante cose ma non sa come viene fatto un piatto.
Pausa. Simone pranza e ordina un pollo alla griglia e cicoria. Pranzo light prima delle riprese in studio. Ma ci tiene a precisare Simone: “Stasera recupero con una gran cena“. Riprendiamo
Del veganesimo cosa pensi? E’ più una moda o c’è dell’altro?
Simone: Ti rispondo facendo un giro largo. Faccio anche catering e vado in giro. Ho anche il mio set di padelle per celiaci. Un po’ di moda c’è. Adesso a Milano son tutti celiaci per esempio. Poi scopri che questi hanno fatto solo il test per la celiachia sulla pelle, quando il test per sapere davvero se si ha la celiachia o meno è quello dove si esamina in laboratorio un pezzo di intestino. Solo il 2% però lo fa. Con i vegani è lo stesso. Rispetto i vegani. Se non si sa far bene la spesa e si mangia un po’ di tutto, ci si trova a mangiare carni di cui non sai la provenienza. Però io ho tatuato nel collo “Made in Italy”. Io mangio tutto. Ognuno fa la sua scelta di vita. Se si sa scegliere bene la materia prima, io sono per il gusto.
Che progetti hai per il futuro?
Simone: Intanto continuare così, perché tenere questo ritmo è dura. Dall’ultimo anno ho iniziato a non fare più lavori spot, ma mettere delle basi per progetti a lungo termine. Ora dormo ogni notte in un posto diverso. Fra 10 anni vorrei andare a pescare con la mia barchettina in mare e seguire il mio business che ho messo in piedi adesso. Anziché fare consulenze per un ristorante, come adesso, prendere delle quote.
Nella vita di tutti i giorni – a parte lavoro, lavoro, lavoro – chi sei?
Simone: Quello che vedi. Sono scemo in video e sono scemo nella vita di tutti i giorni (ride). Mi diverto, sono contento di come vanno le cose. Spesso sono anche io incazzoso, perché lo stress c’è. Ho imparato a ritagliarmi dieci giorni di vacanza dopo periodi lunghi di lavoro stressante. Giro un po’ il mondo, anche perché quando vado in giro mi vengono nuove idee.