Non è facile descrivere in poche parole un fuoriclasse dello sport e della vita quale è stato Socrates Brasileiro Sampaio De Souza Viera De Oliveira, meglio noto come Socrates. Già solo il suo nome infatti, rievoca uno dei più grandi personaggi dell’antichità, noto per la sua saggezza e capacità di apparire come una guida per tanta gente. Nessun altro nome avrebbe potuto cogliere in maniera ottimale la personalità del calciatore brasiliano: un campione non solo sul campo ma anche in molti altri ambiti: una dote neanche minimamente immaginabile per tantissimi calciatori dei giorni nostri.

Esattamente tre anni fa (precisamente l’anniversario ricorre il quattro dicembre), Socrates è morto a soli 58 anni a causa di un’infezione intestinale dopo aver avuto diversi problemi. È spirato di domenica, mentre il suo Corinthians (squadra in cui ha militato dal 1978 al 1984) si laureava campione di Brasile. Proprio durante un’intervista rilasciata nel 1983, l’asso brasiliano aveva dichiarato: “Vorrei morire di domenica, nel giorno in cui il Corinthians vince il titolo”

La laurea in medicina, conseguita mentre faceva i suoi esordi nel calcio dei professionisti, gli dà il titolo di “Doutor” ma è con la “Democracia Corinthiana” che Socrates conquista tutto il mondo per il proprio impegno sociale. L’autogestione dei calciatori del Corinthians durò per tre anni: ogni decisione riguardante la squadra (orari e metodi di allenamento, campagna acquisti) veniva effettuata in modo democratico, con una semplice votazione ad alzata di mano che comprendeva anche lo staff tecnico. Tutto ciò sembrerebbe anche comprensibile ma occorre contestualizzare questa presa di posizione in un determinato momento storico: Socrates, che si dichiarava “uomo di sinistra e anticapitalista”, attuò una forma di democrazia mentre in Brasile governava un repressivo regime dittatoriale.

Sul rettangolo verde, Socrates incarnava la leggerezza, rappresentava poesia. Acume tattico impressionante, visione di gioco fuori dal comune, passaggi millimetrici, fiuto del gol ma soprattutto colpi di tacco: una peculiarità che si è poi trasformata in un marchio di fabbrica. Un gesto tecnico così intelligente quanto raffinato che basterebbe a spiegare l’uomo che Socrates è stato. Tre anni dopo l’addio, cosa ha lasciato in eredità il Doutor? Una nuova profezia riguardante il fallimento del Brasile, dal punto di vista sociale e sportivo, dopo il Mondiale giocato in casa.

Ha lasciato il suo ricordo nel cuore di tutti gli sportivi e non solo. Son rimasti i suoi colpi di tacco, intesi come filosofia di vita. La vita infatti non è altro che un viaggio verso l’ignoto, non sai mai dove puoi arrivare. Così come un colpo di tacco: è difficile dosarlo alla perfezione e non saprai mai se sarà preciso finché non ti sarai voltato. Solo un uomo poteva saperlo: il magnifico Socrates, “il tacco di Dio”

“Hanno detto tante cose ma la verità è solo una: io colpivo la palla di tacco per farvi innamorare” (Socrates)