Essere soli, sentirsi soli o scegliere di stare da soli. Tre facce di una stessa forma poliedrica, quella della solitudine, considerata uno dei mali più pericolosi per l’uomo moderno, che in quanto vero e proprio animale sociale, sfugge da questa condizione, ricercando un continuo contatto con il mondo che lo circonda. La solitudine è da sempre parte integrante della vita umana. Una questione di scelte (proprie o degli altri) o un meccanismo che si aziona automaticamente. C’è infatti una grande differenza fra l’essere soli e il sentirsi soli. Nel primo caso si può parlare di una semplice condizione umana, una conseguenza di determinate scelte o esperienze, che portano l’individuo a isolarsi o a essere isolato dagli altri. Nel secondo caso si parla invece di una vera e propria psicopatologia da trattare con molta cura e con l’aiuto di professionisti. Due casi percepiti come condizioni negative, distruttive per un individuo che sembra non poter più sopravvivere senza l’appoggio delle persone che ha intorno e il consenso collettivo. Ma se da un lato la solitudine può essere considerata come un vero e proprio male da scacciare, dall’altra vi è un lato che vive in sordina, nell’oscurità di un’epoca che non permette la sua risalita. La solitudine può fare bene all’anima. All’anima di un uomo che sta perdendo lentamente la sua essenza, che si sta allontanando dalla propria interiorità, esponendosi sempre più vertiginosamente verso il mondo esterno, senza protezioni e senza barriere, non conoscendo più se stesso. La solitudine può essere quindi una condizione da ricercare, per conoscersi e ritrovarsi. Ma siamo ancora capaci di stare da soli o la solitudine potrebbe dimostrarsi come una condizione distruttiva?

Un male per la salute

La solitudine è spesso anche una questione di scelte. C’è chi, arrivato a un certo punto del proprio percorso vitale, decide di scendere dalla nave e nuotare da solo in mezzo al mare, contando solo sulle proprie forze. Una decisione che trova giustificazione nella mancanza di fiducia in una società malata di egoismo, incertezza e umiliazione. Un percorso di vita solitario, partendo, nuotando e arrancando su un’isola deserta (che altro non è che il proprio essere) sembrerebbe essere l’unica salvezza. Eppure chi parte solo e arriva solo, ha comunque già perso in partenza. La solitudine, nel corso della vita, può infatti essere causa di molti disturbi non solo a livello psicologico, ma anche a livello fisico, dimostrandosi come due volte più letale dell’obesità. Tagliarsi quindi fuori o permettere che gli altri lo facciano può aumentare di molto la pressione sanguigna e provocare infarti o ictus. Può indebolire il sistema immunitario e aumentare quindi il rischio di depressione. Una reazione a catena da evitare, rimanendo socialmente attivi con il passare degli anni. La solitudine disturba inoltre anche il sonno. Quando si è soli ci si sveglia di più, essendo molto più attenti a eventuali minacce. Eppure la causa della solitudine non è data solo dall’isolamento fisico, poiché ci si può sentire soli anche in compagnia della propria famiglia o degli amici, incapaci di reagire concretamente a questo nemico che sopravvive dentro di noi e che diventa a lungo andare una condizione patologica da curare.

Per l’uomo moderno, che si muove freneticamente tra il mondo digitale e quello reale alla continua ricerca di contatti e relazioni con il mondo che lo circonda, la solitudine non può essere che un male da evitare. Si può quindi parlare in questo caso di una vera e propria paura sociale, una gabbia a cui non avvicinarsi, ossia quello della solitudine digitale. Secondo le statistiche circa il 62% di tutti i possessori di smartphone soffre di nomofobia, ossia panico o paura di restare disconnessi e senza il proprio gadget, anche solo per un breve periodo di tempo. Paura di rimanere esclusi da una realtà che ha preso il sopravvento, correndo di pari passo con quella reale.

Un mezzo per ritrovare se stessi?

Ma è la stessa solitudine che potrebbe dimostrarsi anche come la cura per fuggire per un po’ da una società che soli non ci vuole, ma che ci inonda di insicurezza e timore. Non si tratta quindi di una condizione necessariamente deleteria, in quanto prendersi del tempo per se stessi è un’abitudine che tutti dovrebbero sviluppare. Una condizione da ritrovare, in una società frenetica e dedita al consumismo che sembra riempire la nostra vita, ma che in realtà la priva dei contenuti fondamentali, dei contatti necessari con se stessi e con il mondo circostante. Quei contatti genuini che passano ad oggi solo attraverso i mezzi freddi che utilizziamo per comunicare. La nostra capacità di guardare negli occhi gli altri e trasmettere emozioni, paure e desideri sta venendo sempre meno, perché l’uomo moderno sta perdendo sempre di più la propria essenza. Stare da soli ogni tanto, spegnendo gli apparecchi con cui conviviamo quotidianamente, potrebbe essere un modo piacevole per ragionare, dirigendosi verso una maggiore riflessione e introspezione.“Bisogna essere molto forti per amare la solitudine” affermava Pier Paolo Pasolini e diventare forti da soli è l’unica condizione per poter rimanere sulla nave, insieme agli altri remando verso un’unica isola. La solitudine non è infatti un destino immutabile, qualsiasi sia la sua origine, qualsiasi piega prenda la vita. La possibilità di domarla o di usarla in maniera costruttiva, per risalire e trovare se stessi è la dimostrazione che nella vita si può sempre scegliere.