Ogni anno muoiono migliaia di animali perchè vengono sottoposti a test finalizzati alla sperimentazione di nuovi ingredienti indirizzati al mercato cosmetico e farmaceutico. Molti altri scampano alla morte, ma vengono letteralmente torturati perchè è necessario testare un rossetto, un profumo o un medicinale di ultima generazione.

Questi animali da laboratorio sono obbligati a prestarsi come cavia per garantire all’uomo una certa sicurezza dei prodotti. La cosa incredibile è che moltissimi prodotti testati su animali sono utili solo per questioni estetiche e non per la nostra sopravvivenza. Quindi la domanda nasce spontanea:

È questo il prezzo che vogliamo pagare per la nostra vanità?

La LAV, impegnata quotidianamente nella difesa degli animali, è riuscita, grazie ad una campagna internazionale, ad ottenere una Direttiva europea che vietava in modo assoluto la vendita di qualsiasi prodotto cosmetico sperimentato sugli animali. Il divieto doveva partire dal 1998, ma è stato posticipato per varie ragioni.

La guida LAV elenca tutte le aziende cosmetiche che non effettuano esperimenti sugli animali, cruelty free. La lista contiene tutti quei marchi che hanno aderito allo standard internazionale “stop ai test sugli animali“, riconoscibile dal simbolo del coniglietto che salta, ormai noto a livello internazionale. Queste ditte non testano il prodotto finito, non commissionano test su prodotto finito e ingredienti, e non usano ingredienti testati dai produttori dopo l’anno di adesione a questa policy, non incrementando la sperimentazione su animali.

Esistono metodologie sostitutive? Se sì, perché si continua ad utilizzare gli animali?

Secondo l’articolo 16 delle “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee Legge comunitaria 2011”, il Governo è tenuto a “garantire l’implementazione di metodi alternativi all’uso di animali a fini scientifici”, a “vietare l’utilizzo di scimmie antropomorfe, cani, gatti e specie in via d’estinzione”, restringendo l’ambito di operatività delle autorizzazioni in deroga rispetto al predetto Decreto legislativo, che nelle disposizioni derogatorie fa un riferimento più generico a “verifiche medico-biologiche essenziali”. Ma anche a vietare l’allevamento di primati, cani e gatti destinati alla sperimentazione su tutto il territorio nazionale, ovvero il coronamento delle battaglie contro “Green Hill”, i “Morini”, gli “Harlan” e gli altri allevamenti.

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I metodi in vitro o comunque sostitutivi sono comunemente usati nella ricerca di base con risultati soddisfacenti per lo studio di meccanismi di natura diversa. Le nuove metodologie in via di sviluppo presuppongono un radicale cambio di paradigma nella ricerca scientifica, in particolare negli esperimenti di laboratorio. Dice Hartung: “È il passaggio da una verifica empirica sugli animali, che si è dimostrata né accurata né predittiva per l’uomo, a una ricerca che vuole andare a fondo e capire come agiscono i composti chimici nell’organismo umano”.

Metodi nuovi per garantire l’evoluzione della scienza e della ricerca senza per questo uccidere innocenti animali esistono. Peccato che in questo senso l’Italia sconti un grave ritardo. Ad esempio, nell’ambito del cervello nessun tipo di farmaco sviluppato su animali si è rivelato poi efficace sull’uomo. Ciò dovrebbe far riflettere tutti coloro che, nel tentativo di voler difendere a tutti i costi la sperimentazione animale, affermano che i modelli animali verrebbero utilizzati perché sarebbero quanto di meglio abbiamo per mimare l’organismo umano.

La conseguenza è che spesso per cercare di validare le nuove metodologie, si utilizza il gold standard animale: si cerca di valutare la rilevanza del nuovo test confrontandolo con il test in vivo che deve essere sostituito, a sua volta di dubbia rilevanza per l’uomo. Credo sia superfluo spiegare quali possano essere le conseguenze di un simile approccio.

Gli animali vengono utilizzati perché la legge obbliga a farlo, perché esiste molta resistenza al cambiamento e perché le procedure di validazione ufficiali sono lente e laboriose. Per molti la strada della vivisezione e della sperimentazione scientifica sugli animali sembra l’unica strada per testare nuovi farmaci o verificare intuizioni che potrebbero diventare scoperte rivoluzionarie.

La sperimentazione sugli animali“, ha sottolineato Leist, “veniva utilizzata in passato, ma ora esistono metodi più efficaci, come quelli che utilizzano tessuti prodotti in vitro“. Una nuova frontiera in cui si distinguono, in particolare, Germania e Olanda, ma anche negli Stati uniti si stanno investendo notevoli risorse.

In Italia non ci sono investimenti economici nel settore e abbiamo un grave gap culturale rispetto ad altri paesi“, spiega Michela Kuan della LAV, “spesso gli animali vengono usati in modo indiscriminato non solo per lo sviluppo di nuovi farmaci salvavita, ma anche per formazione universitaria, rendendo difficoltosa l’obiezione di coscienza, esperimenti bellici e test cosmetici“.

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Prendiamo coscienza della situazione, valutando la sofferenza che talune scelte e abitudini infliggono agli altri animali, inferiori secondo il nostro pensiero. È davvero questo il prezzo che vogliamo pagare?