Ci avviciniamo ai finali di stagioni e per i maniaci seriali di questi tempi non c’è demone peggiore dello spoiler. Roba da chiudersi in casa per giorni, spegnere i telefoni, tenersi a distanza di sicurezza da internet, saltare la rassegna stampa quotidiana, e tutto per evitare di sapere come finirà la serie che per mesi li ha tenuti incollati allo schermo. Lo Spoiler (dall’inglese to spoil, “rovinare”) è un termine gergale che inquadra un rischio con cui purtroppo convivono tutti i patiti della serialità: quello che qualcuno, anche involontariamente, riveli climax e cliffhanger che mai e poi mai avrebbero voluto conoscere in anticipo. Ricordate il panico da spoiler che si diffuse il giorno dopo il gran finale di «Lost»? Poche ore dopo la messa in onda sulla ABC, l’Italia già sapeva che ne sarebbe stato dei superstiti del volo Oceanic 815. E no, in quel caso non fu il post di qualche sadico buontempone a svelare, dopo sei stagioni, il mistero dell’isola ma addirittura l’Ansa.

Credit Photo: Abc
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Quello di «Lost» è il caso più emblematico di un fenomeno che pur da sempre esistito, è esploso all’inverosimile solo negli ultimi anni. La prima apparizione del termine risale al 1971, quando sulla rivista «National Lampoon» un articolo di Doug Kenney riportava una lista di finali di film famosi. Con internet lo spoileraggio si è diffuso a macchia d’olio come un virus: l’ubiquità della rete, la velocità e la mole di informazioni che viaggiano su essa, lo rende quasi impossibile da evitare. Il paradosso però, è che ormai tutto rischia di diventare uno spoiler, anche la più banale delle rivelazioni. Anche quel semplice “il medico Jack Shephard riesce a salvare l’isola”, che in fondo dice tutto e non dice niente, diventa il modo più veloce per farsi degli acerrimi nemici. Perché per i serial addicted guardare intere stagioni di uno show è un investimento di tempo ma soprattutto di emozioni. Ci si affeziona ai personaggi, ci si preoccupa di ciò che accade loro.

Credit Photo:  Denis Raev/123RF
Credit Photo: Denis Raev/123RF

Lo spoiler se conosciuto manda in pezzi questa relazione affettiva. Come il tradimento di un partner ci rende fragili e insicuri, la mancata curiosità dell’incertezza che può provocare una rivelazione indesiderata, smorza l’entusiasmo del fan seriale fino all’estrema conseguenza di abbandonare lo show, per sempre. Non per tutti è così, ovviamente (e per fortuna). Se da un lato c’è chi lo disprezza e fa di tutto per evitarlo, dall’altra c’è chi invece lo ama a tal punto da andarselo a cercare. C’è anche chi usa lo spoiler in modo creativo come quel professore di Parigi che ha minacciato di rivelare il finale di «Game of Thrones» a una classe di studenti indisciplinati; a volte, poi, sono gli stessi showrunner a cavalcare il fenomeno per aumentare l’hype di una serie, seminando deliberatamente indizi rivelatori.

Credit Photo: Getty Images / Swerve
Credit Photo: Getty Images / Swerve

“Non dirmi come va a finire, non l’ho ancora visto”. In un ecosistema web praticamente perfetto ogni post o tweet potenzialmente rivelatore sarebbe etichettato con il buon vecchio *Spoiler Alert*, ma questo non sempre avviene. Non esistono nemmeno regole efficaci in grado di limitarne gli effetti. Siti specifici come IMDb e Rotten Tomatoes hanno severe policy per proteggere gli utenti. Lo stesso i forum. Ma questi accorgimenti non sempre bastano. L’appassionato di serie tv lo sa bene. L’unica basilare norma di sopravvivenza è: mai, per nessun motivo, restare indietro di qualche puntata. Non è un lusso che ci si può permettere, perché non c’è rispetto per chi resta indietro.

Credit Photo: Qwertee
Credit Photo: Qwertee

Lo streaming web (illegale o no) ha mescolato ulteriormente le carte in tavola. La fruizione di prodotti televisivi e cinematografici oggi è più semplice. La dilatazione della messa in onda tra un paese e l’altro è praticamente inesistente. Tutti possono vedere tutto subito e “spoilerarlo” immediatamente dopo. Inutile però incolpare i live watcher e il loro bisogno irrefrenabile di discutere con la collettività dell’esperienza di visione appena vissuta. Del resto la tv è sempre stata una forma di intrattenimento sociale. Ai tempi di «Beverly Hills» e «Dawson’s Creek» i nostri commenti a caldo erano relegati alle telefonate agli amici prima di fare i compiti. Nell’era del “secondo schermo” la discussione sui programmi tv è online, globale, in tempo reale e grazie a social come Twitter raggiunge livelli di coinvolgimento mai registrati prima. Il desiderio di guardarsi il nuovo episodio di «Homeland» settimane dopo la messa in onda quindi non può avere la precedenza assoluta sul bisogno di comunicare del resto del mondo che lo ha già visto. In fondo la cadenza settimanale delle serie tv serve proprio a questo, a elaborare ipotesi, fare congetture, mantenere vivo l’interesse attraverso la discussione. Consapevoli di questo, evitare o no lo spoiler è solo una nostra responsabilità.

lo spoiler che ti rovina il finale o forse no

Ma in fondo sapere già come andrà a finire, rovina davvero il piacere della scoperta? Una ricerca dell’Università di San Diego sostiene per esempio che conoscere il finale di un libro addirittura motiva il lettore a leggerlo fino alla fine. Se no, come si spiegherebbe il gusto di rileggere un romanzo più volte? Per le serie tv, Colombo docet. Gli appassionati del poliziesco con Peter Falk ricorderanno che l’identità dell’assassino veniva svelata all’inizio, eppure rimanevano incollati fino alla fine, perché il divertimento era proprio vedere come il tenente riusciva a smascherare il colpevole. Sapere che X morirà, è diverso da sapere che X morirà per questo o quest’altro motivo. Sopravvalutiamo la suspense di un finale scioccante, dimenticandoci di quanto una trama ben scritta e avvincente possa ugualmente sorprenderci lungo il suo cammino.

E se non siete ancora convinti, allora basta chiudere Facebook e Twitter, qualche ora, al massimo un giorno. Non sarà certo la fine del mondo.

[Credit Photo Cover: Ollyy/Shutterstock]